da internet
La
speranza è rinata
Claudio Boninu
Durante tutta l'afosa giornata di domenica 13
luglio, a Roma, è accaduto ciò che per lungo tempo era stato da noi
vanamente sperato e che negli ultimi tempi era ormai diventato un
disegno imbrattato e cancellato da mani istericamente agitate da
raptus di megalomania, oppure, se volete pensar male (ma quasi
sempre si indovina!) da mani prezzolate, o interessate - e comunque
mani di gente tanto ambiziosa quanto infida.
La nostra vana speranza di vedere, o rivedere tanti camerati,
rifugiati da decenni in formazioni politiche consistenti come
l'antico Movimento Sociale Italiano o in minuscole formazioni nate
da iniziative personali più o meno valide, più o meno sensate, più o
meno utili, vedere, dicevo, tutti o almeno tanti di questi camerati
ritrovarsi insieme, stabilire una meta, uno scopo, un bersaglio
politico da centrare, semplice, netto ma essenziale, inderogabile,
premessa indispensabile perfino ad ogni formulazione di idee,di
programmi, di costruzione del futuro, domenica 13 luglio 2003 non è
stata più vana: è ritornata una speranza viva e operante. La
speranza è rinata.
È presto per fare la cronaca dettagliata di questo "cartello
politico" prima che "elettorale", anche se nasce, faticosamente ma
con sorprendente rapidità, proprio come un "cartello elettorale" in
vista delle elezioni per il parlamento europeo del 2004. È tuttavia
importante, e confortante riportare fino da ora la meta, lo scopo,
il bersaglio politico che indicato in incontri preliminari con
gruppi nazional-popolari europei -primo e più attivo il Front
National francese- e configurato con crescente precisione
nell'incontro di Varese dove si materializzò il Comitato Promotore.
Libertà, indipendenza, autodeterminazione e sovranità politica,
economica, culturale e militare per l'Italia, l'Europa e il resto
dei paesi del mondo.
Questa è la lotta che le nazioni europee hanno il dovere storico di
intraprendere e di indicare, come sempre è avvenuto (pensiamo a
Maratona, alle Termopili, a Platea) ai rispettivi popoli del Vecchio
Continente che noi possiamo permetterci di chiamare orgogliosamente
"vecchio" perché ha oltre tremila anni di civiltà sulle spalle.
Stiano attenti, i cowboy che chiamano vecchie le nostre nazioni
ritenendole. vicine alla scomparsa per sommersione di coca cola,
macdonald e altra mercanzia: le nostre genti, da Cabo Roca agli
Urali, dal Mediterraneo al Mare del Nord, hanno visto di peggio
-comparando le epoche- e lo hanno superato. Sono ancora qui, nella
storia del genere umano, genti vive e non dome, non "vecchie" ma
"antiche".
Chi sa se i cowboy afferrano la differenza di significato fra questi
due aggettivi.
Una ulteriore considerazione, prima di chiudere questo nostro
commento agli accordi intervenuti a Roma il 13 luglio. Prima di
questa iniziativa, la situazione della cosiddetta "area"
nazional-popolare, o postfascista, o antimondialista, insomma
chiamatela come volete in attesa di vedere come si compatterà sul
terreno della lotta per la libertà, l'indipendenza,
l'autodeterminazione e sovranità politica,economica culturale e
militare per l'Italia, l'Europa e il resto dei paesi del mondo non
era una situazione certamente positiva.
I camerati di quasi tutti i gruppi e gruppetti, riconoscendo la
priorità ed anzi l'urgenza di questo impegno di lotta, si sono
riuniti senza far discussioni o distinguo, senza pretendere
precisazioni ideologiche et similia, e come limatura di ferro verso
un magnete, si sono ritrovate come forze patriottiche, nazionali,
europee.
Il paragone della limatura
di ferro non è nostro: è una citazione dal libro "L'uovo di Colombo"
scritto da Maurice Bardeche nel 1948. Sottotitolo "Lettera aperta a
un senatore americano". Il libro è oggi introvabile, chi scrive ne
ha una copia avuta da Beppe Niccolai negli anni cinquanta,
copia tutta annotata di pugno dall'indimenticabile amico e camerata.
Pensiamo in qualche
prossimo numero di trascriverne qualche brano, attualissimo anche
dopo mezzo secolo. La verità politica, come quella storica, sono
sempre attuali. Non solo, sono anche rivoluzionarie.
Concludiamo: la sorte e l'iniziativa di tanti camerati ci hanno
fatto trovare non il modo migliore di suicidarsi, ma il modo
migliore di far rinascere in noi la speranza. L'eco dell'appello di
"Fiamma tricolore" - gli innumerevoli contatti che si susseguono da
giorni e continuano a crescere, i tanti camerati che sono accorsi e
continuano ad accorrere, le approvazioni anche da parti e gruppi
politici diversi (anche non poco) da noi, ci fanno dire che
veramente la speranza è rinata.
Claudio Boninu
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