DICONO
da e http://giovannifonghiniunavocefuoridalcoro.blogspot.it/2015/10/se-non-avessi-letto-quel-libro.html
Cultura “Noi rivoluzionari” e la profezia di Niccolai sullo strapotere della finanza
Caro direttore,
nel 1986
acquistai in un circolo culturale di alcuni amici un libro, fondamentale nella
mia formazione politica da lì in poi. Il libro era “Noi rivoluzionari” scritto
da Adalberto Baldoni. Nella prefazione Niccolai non si tira indietro quando si tratta di analizzare i passi falsi della classe dirigente missina. Le tematiche affrontate verranno sviluppate negli anni seguenti. Diventerà una delle principali voci critiche e più lucide della comunità missina e non gli mancheranno gli apprezzamenti da parte di alcuni avversari politici. Niccolai non esita ad affondare il coltello nella piaga, ma lo fa non con l’acrimonia ma con l’amore e la passione di chi ha militato in quel partito sin dai primi anni. Vuole quel partito –anzi “movimento”– diverso da come è diventato, vuole che non smarrisca la sua identità senza chiudersi in se stesso. Incoraggia il dialogo con altre parti politiche non con l’obiettivo di spartirsi poltrone, ma nell’esclusivo interesse di servire sempre meglio la propria nazione, che deve riappropriarsi della propria sovranità. Nella prefazione, pubblicata per intero anche in questo sito, Niccolai scrive a Baldoni sulle proteste dei giovani nel 1968:
«…Una
sconfitta con effetti devastanti; e tu, caro Adalberto, con l’esposizione dei
fatti, ce la dipani sotto i nostri occhi. Perché, non solo quella “scelta”
sciagurata di difendere, contro i giovani, Governo e Sistema, riportava la
partitocrazia là dove era stata cacciata, ma riattizzando i vecchi rancori della
guerra civile, le vecchie contrapposizioni fascismo-antifascismo, dava avvio,
nelle fila della destra giovane, a quella diaspora che doveva portare tanti suoi
giovani, o al disimpegno politico, o, ahimè, alla scelta disperata della lotta
armata. Dolore, sangue. Fatto singolare, caro Baldoni: una vicenda che ha
marcato, come il tuo libro testimonia, la vita del MSI, non è oggetto di analisi
da parte della classe politica di vertice del MSI…».
«…C’erano
libri e l’indottrinamento di Evola, ma anche quelli di Giovanni Gentile. C’era
sullo sfondo il contrastante lascito poetico di D’Annunzio e di Marinetti, la
pittura di Soffici e Sironi; il teatro di Pirandello, la musica di Mascagni; i
lauri accademici di Guglielmo Marconi; l’impronta delle grandi riviste
fiorentine del primo ‘900 con il vivace ingegno di Papini, la seminagione di
Pareto, di Sorel, di Rensi, di Spengler; poi la riscoperta dei francesi da
Peguy, a Barrés, a Maurras, a Drieu La Rochelle. C’erano, vivi accanto a noi,
Carlo Costamagna, Gioacchino Volpe, un linguista come Antonio Pagliaro; c’erano
Leo Longanesi, Giuseppe Prezzolini… Potrei continuare a snocciolare nomi che
valgono quanto e più di Plebe; eppure quell’affermazione del filosofo marxista,
che sostiene di aver portato a destra la cultura, non è solo frutto della sua
vanità. E’ doveroso ammetterlo, in un altrettanto generoso esame di coscienza
collettivo: siamo stati tutti responsabili di aver fatto credere ad Armando
Plebe che solo lui, stregone bianco, era stato capace di portare la cultura
nella nostra tribù. Perché?…».
«…La
sofferta denuncia di Ezra Pound sull’usura diventa attuale. Intere nazioni sono
nelle mani di poche banche private, il Fondo monetario internazionale fissa le
regole alle quali debbono conformarsi i paesi che vogliono ancora usufruire dei
crediti internazionali: il potere passa dagli Stati ai consigli
d’amministrazione, dalla politica alla finanza…».
per approfondimenti:
Giovanni Fonghini (18 ottobre 2015) |