da "Occidente", n. 84 - novembre 2009
Un uomo che val la pena di
"ascoltare" anche da morto. Un inquieto, un’anima nobile, una
persona che soffriva il suo tempo e lo osservava con spirito critico
e curioso. Una raccolta dei suoi scritti è stata curata da Vito
Orlando |
Beppe Niccolai
un fascista tutt'altro che
immaginario
di Guido Virzi
Il libro, pubblicato dalla Società editrice Barbarossa di Milano, in occasione
del ventennale della scomparsa, è una raccolta degli interventi più
significativi di un "fascista eretico" come Niccolai, un politico missino
coerente che guardava a una destra di rottura, pronto a denunciare, già negli
anni '70 e '80, gli apparati istituzionali deviati e gli intrecci tra politica e
mafia.
È oggettivo che tra la fine degli anni '50 ed i primi dei '60, esaurita la fase
entusiastica della fondazione e del primo slancio vitalistico, il Movimento
Sociale Italiano conobbe una fase di "frenata", di ripiegamento anche culturale
in parallelo col fallimento della linea "centrista" che si concluse con gli
incidenti di Genova e le dimissioni del Governo Tambroni che aveva "l'appoggio
esterno" del MSI.
«C'era però tra noi qualche eretico come Beppe Niccolai che immaginava di
aprirsi al dialogo e sanare da destra l'equivalente di quella che era stata la
scissione a sinistra del 1914 tra l'anima nazionalista e riformista del
socialismo e quella massimalista. Ma con lui erano in pochi. Noi in genere ci
consolavamo dicendo: siamo un mondo chiuso, siamo i soli a poter camminare a
testa alta in un mondo corrotto, il corpo elettorale ci darà ragione. Per la
svolta era presto ...».
Giuseppe Niccolai, di cui da poco sono ricorsi i venti anni dalla morte, era
nato a Pisa il 26 novembre del 1920 e, come molti ragazzi della sua generazione,
visse con entusiasmo e partecipazione la modernizzazione della società italiana
degli anni Trenta.
Dalla biblioteca di suo padre, preside di liceo e provveditore agli studi, Beppe
apprese subito una dimestichezza e una passione per i libri, le carte e la
cultura che lo condurranno a elaborare la sua visione della politica. Laureato
in giurisprudenza, ventenne fu volontario di guerra in Africa settentrionale. Al
momento della disfatta della prima armata italiana, viene catturato dagli
inglesi e insieme a tantissimi italiani finisce nel celebre "Fascist Criminal
Camp" di Hereford, nel Texas. Un'esperienza umana e di formazione che lo vide
negli anni di prigionia accomunato e accanto a figure come Giuseppe Berto, che
proprio lì scrisse il suo splendido "Il cielo è rosso", a Gaetano Tumiati,
futuro vicedirettore di "Panorama" e poi capo del settore periodici della
Rizzoli che poi ne raccontò nel romanzo "Prigionieri nel Texas", al pittore
Alberto Burri che proprio lì iniziò a realizzare i suoi "sacchi", a Roberto
Mieville, futuro leader dei giovani missini e a Gianni Roberti, poi grande
giuslavorista e dirigente della CISNaL. Niccolai divenne, poi, "deputato tosto"
del MSI, partito per il quale svolse anche una magnifica relazione di minoranza
sul problema della Mafia che individuò come fenomeno collegato alla
modernizzazione ed alla "ritirata dello Stato".
Guido Virzi
Beppe Mio
Ho avuto il privilegio di conoscere personalmente Beppe Niccolai che
mi onorava della sua amicizia, delle sue chiacchierate, delle sue
lettere ed anche di telefonate numerose e fitte, dense. Si voleva
cambiare il MSI. Venne anche a Palermo a parlarci di Mafia. "Altri"
NON volevano invitarlo e non gradivano l’argomento. Lo invitò
l’Associazione "Occidente" e non solo riempimmo un albergo, ma
pubblicammo anche il testo della sua conferenza da noi
opportunamente registrata.
Il nostro, il mio omaggio personale a quel Fascista lucidissimo e
dal grande rigore etico sarà la ripubblicazione di quel testo ancor
oggi attualissimo su un tema che è ancora all’ordine del giorno. Con
una postilla, che oggi Beppe NON sarebbe contento delle abiure e dei
contorsionismi e delle "aperture" di Gianfranco Fini. Ed Userebbe,
credo, parole, perlomeno, "di fuoco".
(G.V.) |
|