FRAMMENTI
dal
"Corriere della Sera", giovedì 26 giugno 2003 (pag. 15 - Politica)
FACCIA A FACCIA: D'Alema si
racconta a Donna Assunta Almirante. «Con i fascisti a mani nude, mi chiamavano spezzaferro»
L'incontro alla presentazione del libro di Pennacchi. Il presidente dei DS rimpiange «due grandi personaggi del MSI, Tatarella e il Niccolai di Pisa». Le critiche agli intellettuali di sinistra «snob con la erre moscia»
ROMA — «Coltelli? Ma no, non ne ho portati mai. Mi bastano le mani, che sono pesanti. Mi chiamavano spezzaferro ...». Il Massimo D'Alema in abito scuro, capelli grigi e occhiali da presbite civetta col suo doppio adolescente che alla fine degli anni Sessanta, da attivista, del PCI, picchettava col movimento studentesco a Pisa un liceo classico: «Ricordo bene la prima volta che feci a botte coi fascisti...». Assunta Almirante, seduta alla sua destra e illuminata dal rosa antico della toilette estiva, non resiste: «E come andò?». D'Alema: «Mah, si davano e si prendevano... Le prendemmo anche». Quel giorno «balenarono anche i coltelli. Ma ci fermammo e ci dicemmo: questo non conviene né a voi né a noi. Li rimettemmo in tasca». L'amarcord Almirante-D'Alema regala sottili piaceri a chi apprezza la politica-spettacolo nel senso meno ignobile del termine. Il tutto avviene parlando del libro "II fasciocomunista. Vita scriteriata di Accio Renassi", autobiografia più o meno romanzata di Antonio Pennacchi da Latina, già operaio in una fabbrica di cavi, politicamente nato all'ombra del MSI da ragazzo, una convulsa crescita (dopo l'espulsione dal partito di Giorgio Almirante) in "Servire il popolo" e quindi nel PSI, nella CGIL, nella UIL, nel PCI e ancora nella CGIL Tutta materia che si ritrova nel libro, l'inedita presentazione bipartisan ne è la riprova, II moderatore Lucio Caracciolo, direttore di "Limes", ricorda che in Italia il rapporto fascisti-comunisti è storia di inimicizia e di odio ma è comunque «storia comune». È solo l'incipit di un continuo riconoscimento postumo MSI-PCI, anzi «missì», come pronuncia Donna Assunta, appellativo nobiliare che il D'Alema in scuro compitamente le rivolge. Piatto forte sono «quegli anni» roventi, fine Sessanta o giù di li Ammette Donna Assunta, leggendo un testo un po' professorale: «I giovani della destra avevano rispetto per gli avversari del PCI e disprezzo per il mondo della DC... in comune avevano una fede nel cambiamento nel mondo. Erano tutti pronti a sacrificarsi per le proprie idee perché ci credevano. Ecco il rispetto per l'avversario. Ne parlavano pure i pochi Ballila arruolatisi a Salò che ebbero la fortuna di tornare». Finalmente appare alla ribalta l'Almirante Giorgio. «Proprio quel rispetto, oggi finalmente ricambiato, era alla base della proposta di riconciliazione nazionale di mio marito». Donna Assunta si avventura fino a Valle Giulia: «In quei giorni del '68 destra e sinistra si incrociarono e nel desiderio di rivolta ci fu chi tentò di coniugare Hitler con Mao...». In quanto al libro di Pennacchi, un solo errore: «A salvare Almirante nel famoso comizio di Genova fu Ugo Venturini che lo protesse col suo corpo. Giorgio ospitò a casa nostra la moglie e il figlio Walter. E a Walter intestò un appartamento comprandolo con l'anticipo della propria liquidazione». Donna Assunta non si smentisce: «Perché non lo intesti alla moglie? gli chiesi: E lui: perché è giovane, si può sempre risposare...». La nostalgia di D'Alema è più della «punta» confessata: «Sì, per l'esperienza un po' ruvida della passione politica, della militanza». Eravamo, dice quasi, nella stessa barca: «Abbiamo attaccato i manifesti con la stessa colla, vissuto la stessa passione politica, non siamo pentiti, oggi ne girano parecchi pentiti... nessuno qui sente il bisogno di rinnegare il proprio vissuto». Rimpiange con affetto «due grandi personaggi» del MSI, cioè Pinuccio Tatarella e il Niccolai di Pisa («che menava»). E parla di «rispetto per le convinzioni forti, un rispetto che non è dovuto a chi invece vede la politica solo come calcolo delle convenienze... una politica fatta di passioni è una risorsa per un Paese». Se la prende con gli intellettuali «snob con la erre moscia» che stanno sempre «più a sinistra» di chi sta «normalmente a sinistra». Ripensa a certi tragici destini di morte e dice che chi ha vissuto quegli anni «in fondo vi è sfuggito per caso...». L'elogio finisce qui? Macché: «È bene recuperare il senso della memoria storica, questa seconda Repubblica non avrà fondamenta solide finché partirà da una frattura e non riannoderà i fili delle esperienze anche umane. La rimozione è rischiosissima, genera nevrosi, non stabilità». Infatti cita un bel ricordo: «L'Almirante esile, solo, che attraversa una folla di militanti comunisti per rendere omaggio a Berlinguer morto. Agli avversari, persino ai nemici, qualche volta bisogna rendere omaggio». È questione, quasi sussurra nel microfono, di carisma. Altro che rimozione. Paolo Conti |