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Toscano libero di mente
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La destra che non c'è
Marco
Vannucci (18
Aprile 2014)
Quando ricordo Beppe Niccolai, provo un brivido
di nostalgia. Ero un liceale sbarbato ma già con la passione dello scrivere
quando Beppe, che mi conosceva bene per l'amicizia con i miei genitori, mi
propose di scrivere un articolo per il Machiavelli, settimanale della destra
pisana del quale, Niccolai, era il direttore responsabile. Correva l'anno 1972,
avevo sedici anni.
La federazione del MSI stava in via San Martino in un locale angusto, posto al
primo piano di un vecchio casamento al quale si accedeva tramite una scala
ripida e stretta, senza via si fuga alcuna. Niccolai la definiva una trappola
per topi, per la Pisa messa a ferro e fuoco dai barbari rossi mai definizione fu
più congeniale. Era il tempo in cui uccidere un fascista non era un reato, noi
missini eravamo considerati fascisti, dovevamo stare attenti pure per prendere
un caffè. Fascisti nati dopo la caduta del fascismo ma poco importava, per loro
eravamo gentaglia da ricacciare nelle fogne.
Raccolsi l'invito di scrivere con la sfrontatezza tipica dei miei anni di
allora, ci detti dentro di buona lena, il giorno dopo il pezzo era pronto.
Scritto con la mia Olivetti 23 lo consegnai a Bernardini, il segretario della
federazione, affinché lo trasmettesse a Beppe Niccolai a breve mani. Internet
era lungi dal venire.
Abitavo in Sant'Ermete, periferia di Pisa, in una casa popolare di quelle tirate
su in fretta e furia nell'immediato dopoguerra. L'attinenza comunista, borghesia
fascista, per la mia famiglia era decisamente sbagliata. Mio padre era un uomo
di cultura ma il trovarsi dalla parte perdente, dopo l'otto settembre, gli
troncò la carriera estraniandolo da qualsiasi professione degna del suo titolo
di studio.
Quella sera, l'onorevole Beppe Niccolai, suonò il campanello di casa mia.
Rinchiuso in salotto con mio padre, la stanza buona -così definita da mia madre-
dove era vietato l'ingresso per noi ragazzi, stavo fuori dalla porta cercando di
origliare le loro parole fin quando mi sentii chiamare. Non posso pubblicare il
tuo articolo, esordì Beppe, però ti esorto nel continuare su questa strada. Un
giorno lo potrai tirare fuori dal cassetto con orgoglio, aggiunse, perchè hai
ragione. Ricordo gli occhi lucidi di mio padre, lui nato nel '22 aveva vissuto
il ventennio, emozionato come non mai.
Scrissi altri articoli per il Machiavelli ma quel pezzo sta ancora qui, nel
cassetto, il titolo? La vera sinistra siamo noi.
...
Sono passati tanti anni il MSI non esiste più, bevuto da personaggi non
pertinenti alla sua vera ideologia, frazionato in partiti che hanno fatto da
imbuto ai non appartenenti: dai monarchici ai liberali di destra, ai
democristiani.
Il MSI nato dalle ceneri di Salò, dalla Repubblica Socialista di Salò così come
avrebbe voluto definirla Benito Mussolini, doveva rinverdire l'appartenenza
giacobina che il Manifesto di Giovanni Gentile, il più grande filosofo italiano
del 900, aveva tracciato.
Costretti a destra dalla sinistra comunista abbiamo vissuto l'ingresso dei
violenti, degli esaltati, dei politici di carriera. Forse sta qui la ragione che
Destra Sociale, costretto a malincuore a scrivere destra ma oramai lo siamo,
possiede troppe anime diverse per essere unita. La vera Destra Sociale, quella
giacobina, rimane il mio sogno nel cassetto.
Negli anni 80 il dirigente missino Pinuccio Tatarella si definì di centrodestra,
riallacciandosi ai comuni del sud amministrati in coalizione con i monarchici, i
liberali ed i democristiani. Indotto a dire la sua, Beppe Niccolai, affermò:
«Sono un missino di sinistra», la sinistra che affonda le sue radici nel
Mussolini giacobino, nel socialismo risorgimentale di Pisacane, nel sindacalismo
rivoluzionario di Sorel e Corridoni, nelle avanguardie artistiche d'inizio
Novecento, nel fascismo sansepolcrista del 1919, nell'interpretazione gentiliana
del marxismo...
Voci attendibili riportano che Il 7 gennaio del 1978, Beppe Niccolai, ebbe un
alterco con Giorgio Almirante per la mancata presa di posizione sull'eccidio di
Acca Larentia.
Il missino di sinistra, Beppe Niccolai, fu espulso dal partito per volontà di
Almirante e del suo delfino Gianfranco Fini.
Quel giorno, il MSI, inizio a sciogliersi sotto i colpi di chi, negli anni a
venire, rinnegò perfino Benito Mussolini in cambio della poltrona di presidente
della Camera.
Oggi è arrivato il momento di riunire in un'anima sola la Destra Sociale, chi
può abbia il coraggio di far sognare il Popolo del Movimento Sociale Italiano.
Marco
Vannucci
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