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"L’Eco della Versilia", n° 7-8-9 Anno XIX 31 Dicembre 1990

 

Ieri mafia, oggi «gladio», mafia, camorra
Tanti padri(ni), una sola madre: la malavita!

Nascita e vita del potere democristiano

 

Beppe Niccolai

 

La mafia, la camorra: solo problemi di ordine pubblico? O il segno che l'Italia dei Comuni, l'Italia delle Repubbliche, l'Italia del Regno feudale del Sud, vivono ancora fra noi, in quanto la «questione nazionale» non è stata risolta, ma è ancora lì a generare questi fatti drammatici, sanguinosi?

Le 100 questure, i reparti speciali di Dalla Chiesa, la Banca d'Italia, il parlamento di Strasburgo, non possono risolvere e vincere questi nodi, perché sono nodi nazionali non risolti.

La più sanguinosa delle guerre del Risorgimento è quella contro il cosiddetto brigantaggio meridionale. Una guerra feroce, spietata, dinanzi alla quale impallidisce la stessa guerra civile 1943-45.

Cause passate che tornano ad essere operanti nel 1982. Perché? Perché la questione nazionale è un nodo non sciolto.

Come capire Napoli senza ricordare (la memoria ...) che essa è stata la capitale di un Regno e vive ancora una situazione di città burocratica e del potere, in cui si concentrano la miseria e la clientela?

Come capire la mafia siciliana fuori della lunga eredità feudale della Sicilia e della Calabria, una eredità che si è organizzata in contrappunto allo Stato delle leggi e delle sentenze?

La «questione meridionale» non si risolve a colpi di leggi speciali. Non è solo il problema economico. L'Italia, proiezione dell'Europa continentale nel Mediterraneo, vive estranea ad esso. Non ha politica estera, perché è subalterna. È un Paese senza messaggio. Il suo odierno messaggio: nel mare meridionale della NATO, nel clientelismo, nell'affarismo, nella malavita senza respiro mediterraneo. Si fa annullare nel grembo della Potenza-Madre.

Bisogna sottolineare agli Italiani qual è il costo che pagano affidandosi alla pragmatica DC; ad un partito senza messaggio che, nel momento in cui ti affoga il benessere, ti uccide le speranze, butta il Paese nel regno del nulla, rendendo feroci, mostri i nostri ragazzi meridionali.

 

Beppe Niccolai, Napoli, 21.2.1982
XIII Congresso Nazionale MSI

 

* * *

Rapporto redatto il 21 novembre 1944 dal Console generale americano a Palermo, Alfred T. Nester, indirizzato al Segretario di Stato americano. Oggetto del rapporto: «Incontro dei capi della Mafia col generale Castellano e costituzione di un gruppo favorevole all'autonomia»:

«Eccellenza,

ho l'onore di riferire che il 18 novembre 1944 il Generale Giuseppe Castellano, insieme a capi della Mafia tra cui Calogero Vizzini, ha avuto un colloquio con Virgilio Nasi, capo della notissima famiglia Nasi di Trapani, e gli ha chiesto di assumere la direzione di un movimento per l'autonomia siciliana sostenuta dalla Mafia. [...] Come da me riferito nel dispaccio del 18 novembre 1944, i maggiori esponenti della Mafia si sono incontrati a Palermo [...]».

Altra lettera dello stesso Console al Segretario di Stato americano in data 27 novembre 1944:

«Eccellenza,

ho l'onore di far riferimento al mio dispaccio n° 382 in data 21 novembre 1944, avente per oggetto l'incontro dei capi della Mafia col Generale Castellano e costituzione di un gruppo favorevole all'autonomia. [...] Durante gli incontri segreti tra il Generale Castellano e i capi della Mafia, il Cav. Calogero Vizzini aveva con sé, come consigliere, il Dr. Calogero Niccolò Volpe, medico. [...] Vizzini è il padrone della Mafia in Sicilia. [...]».

Terza lettera, sempre «segreta» e ancora Indirizzata dal Nester al Segretario di Stato a Washington, in data 10 aprile 1945:

«Eccellenza,

ho l'onore di riferire che da fonti degne di fede, in massima parte agenti OSS, si è appreso che durante l'ultimo mese si sono svolti numerosi colloqui tra emissari della Mafia guidati da Calogero Vizzini e dirigenti separatisti. Come in precedenza riferito, la Mafia ha rapidamente acquistato forza e prestigio nel corso degli ultimi mesi. [...] Recentemente è stato a Palermo Sua Eccellenza Vittorio Emanuele Orlando, che, già da Roma, si era tenuto costantemente al corrente degli avvenimenti. Si sa che la Mafia vorrebbe che Orlando diventasse il capo di questo Movimento Repubblicano Italiano in Sicilia. [...] Secondo altri rapporti, un noto avvocato di Palermo, Ignazio Grimaudo, sarebbe stato l'intermediario di Orlando per i contatti con Vizzini ed altri alti dirigenti della Mafia. [...]

 

 

 

 

Il democristiano nonché sindaco di Villalba,
Calogero Vizzini

 

(dalla relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia In Sicilia, VI legislatura, Doc. XXIII, n° 2, 1976)

 

[...] man mano che le forze alleate occupavano l'Isola, procedendo da sud-ovest verso l'interno, e poi verso oriente, i prefetti e i podestà, che non avevano abbandonato l'Isola, furono destituiti dalla carica e sostituiti con nuovi amministratori graditi agli alleati. In molti dei 357 comuni siciliani furono insediati come sindaci, a partire dai comuni occidentali, uomini separatisti, e tra loro anche autentici mafiosi, come avvenne tra gli altri per Calogero Vizzini, nominato sindaco di Villalba. Anche a Palermo, il 27 settembre 1943, venne solennemente insediata la nuova Giunta comunale, presieduta da Lucio Tasca, che successivamente il generale Branca non avrebbe esitato a qualificare nel suo rapporto come un vero e proprio capo-mafia. In questo modo, i mafiosi tornavano alla ribalta.

In questo modo, i mafiosi tornavano alla ribalta, assumendo posizioni di potere o direttamente o per interposta persona [...] o meglio con gli emigrati di origine siciliana che le forze di occupazione avevano portato con sé e che spesso erano diventati consulenti delle autorità militari, misero i mafiosi in condizione di ottenere vantaggi cospicui di ogni genere e favorirono inoltre (sul presupposto che si trattasse di perseguitati politici) la riabilitazione di molte persone che erano state condannate o confinate per reati comuni. [...] A Villalba Calogero Vizzini era il gestore del feudo Miccichè [...] già ora si può dire che le tragiche vicende che portarono alla morte di Giuliano confermano in pieno l'orgogliosa affermazione di Calogero Vizzini che contro i banditi nulla avrebbero mai potuto la Polizia senza l'appoggio della mafia [...] la certezza ben presto acquisita dalle popolazioni locaIi che era stata la mafia a liberare l'Isola dal terribile flagello del banditismo a costituire l'ultimo, ma non certo il meno importante, dei fattori che contribuirono nel dopoguerra a ristabilire l'oppressione del potere mafioso sulle contrade della Sicilia.

[ ... ] nel maggio successivo (1929, N.d.R.), ad Atlantic City, Frank Costello e Joe Adonis con Al Capone e Moran stabilirono una stretta ripartizione di competenze: Jonny Torrio ne divenne il nuovo capo. Si pensò anche alla mafia siciliana, che si ritenne di affidare alla guida di Calogero Vizzini, di Palermo, essendo Vito Cascio Ferro l'impedito nei suoi poteri» perché in carcere. [...] E nel 1940, pur, essendo in carcere, Lucky Luciano, in una riunione del «sindacato» e cioè del cosiddetto gran consiglio della Mano Nera, venne indicato come l'unico capace di riannodare i rapporti con la malavita siciliana.

 

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Dagli allegati alla relazione:

 

[...] Già verso la fine del 1944 Calogero Vizzini orientò decisamente le sue preferenze politiche verso la DC. Questo partito, nelle sue sfere provinciali e regionali, ben comprese il grande apporto che alle fortune politiche dei dirigenti e del partito stesso poteva arrecare l'orientamento di Calogero Vizzini e perciò della mafia in generale, e non esitò ad accogliere i mafiosi nelle sue fila. È in questo quadro che vanno visti l'articolo pubblicato dall'on. Mattarella il 24 settembre 1944 in cui si prendono le difese dei mafiosi aggressori di Villalba e il discorso pronunciato a Villalba nel 1947 dall'on. Alessi in cui l'oratore affermava che «dietro l'illustre e onesto casato della famiglia Vizzini vi era tutta la Democrazia cristiana.

Dopo l’aperta presa di posizione politica di Calogero Vizzini per la DC, tutti gli altri esponenti della mafia si affrettarono ad entrare in quel partito raggiungendo rapidamente posti di direzione in sede locale e provinciale.

A Villalba, praticamente, l'intera mafia entrò nella DC. A Vallelunga Lillo Malta passa alla DC con tutto il suo seguito: i Madonia, i Sinatra, ecc.; anche il gruppo Cammarata passò alla DC. A Mussomeli Genco Russo e tutto il suo seguito si iscrissero alla DC assumendo la direzione della sezione.

 

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Dalla relazione di minoranza di Beppe Niccolai, allegata alla relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta:

 

Il Nester racconta ai suoi superiori come il problema del separatismo fosse stato discusso a tavolino tra alti ufficiali americani e personalità dell'isola che venivano così elencate: Calogero Vizzini, Virgilio Nasi, Calogero Volpe, Vito Fodera e Vito Guarrasi. [...] il rapporto citato continua: «Mentre Galvano Lanza e Vito Guarrasi partecipavano alle trattative di armistizio, don Calogero Vizzini da Villalba, amministratore del feudo Polizzello di proprietà dei Laiza (...) svolgeva a livello tattico attività di preparazione dello sbarco degli alleati in Sicilia».

Nessun moto popolare dal basso, ma una gestione sapiente del separatismo, della ribellione prima e dell'autonomia poi, per salvare e triplicare in un secondo tempo i consistenti patrimoni che stavano dietro coloro che ad Algeri e Cassibile trattano la resa con gli americani, americani che, per facilitare il colloquio, si portano con sé il fior fiore del gangsterismo nord-americano, di origine mafiosa.

Lo scrivente vuole ribadire un convincimento che è certezza, e cioè che la battaglia contro la mafia si combatte sul fronte dei partiti, debellando prima l'omertà, o meglio, l'equilibrio dei ricatti che si è stabilito fra i partiti, per poi passare, con mezzi rigorosi, e alla piena luce del sole, alla pulizia interna, senza la quale, per dirla con Leonardo Sciascia, grazie al canale putrescente delle correnti partitocratiche, «si darà sempre il caso che l'uomo politico di statura europea, moderno, di idee avanzate, ritenuto, in Italia e fuori, capace di guidare le sorti del governo e dello Stato, in Sicilia risulti di fatto il più efficiente protettore degli uomini politici indiziati di mafia, o addirittura, della mafia».

Il relatore ha voluto, con le sue modeste note, sottolineare come la «pubblicizzazione» delle attività economiche in Sicilia, portata avanti in nome dell'autonomia e del progresso, sia stata, in realtà un'abile e programmata operazione gattopardesca, grazie alla quale si sono regalati (complici: partiti, sindacati, baronie agrarie) alla «società» rami secchi e ingenti debiti, facendo fare al contempo, ai latifondisti e ai vecchi proprietari delle miniere, in nome dell'8 settembre, affari di miliardi, alle spalle dell'umile e povero popolo di Sicilia.

 

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Il cartello funebre affisso sulla porte della chiesa di Villalba l'11 luglio 1954 per la morte di don Calò Vizzini, mafioso e democristiano:

 

«Calogero Vizzini, con l'abilità di un genio, innalzò le sorti del distinto casato. Sagace e dinamico, mai stanco, diede benessere agli operai della terra e delle zolfare operando sempre per il bene, e si fece un nome assai apprezzato in Italia e fuori. Grande nelle persecuzioni, assai più grande nelle disfatte, rimase sempre sorridente ed oggi con la pace di Cristo ricomposto nella maestà della morte da tutti gli amici, dagli stessi avversari riceve l'attestato più bello. Fu un galantuomo».

 

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Altro cartello funebre:

 

«In lui gli uomini ritrovarono una scintilla dell'eterno rubata ai cieli. Realizzandosi in tutta la gamma delle possibilità umane, fece vedere al mondo quanto potesse un vero uomo. In lui virtù e intelligenza, senno e forza d'animo si sposarono felicemente per il bene dell’umile, per la sconfitta del superbo. Operò sulla terra imponendo ai suoi simili il rispetto dei valori eterni, della personalità umana. Nemico di tutte le ingiustizie, dimostrò con le parole e con le opere che la mafia sua non fu delinquenza, ma rispetto alla legge dell'onore, difesa di ogni diritto, grandezza d'animo. Fu amore».

 

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Il commento degli umili e onesti siciliani che non hanno protezione politica o mafiosa:

 

'Un semu sulu mafia ...
vulissumu mètiri
furmentu biunnu comu l'oru
e vignannari nna nostra terra ...
Mafia, la tua non è la sula facci
di sta terra ncantata ...
Statti ammucciata pi la gran vriogna
di non putiri taliari nta l'occhi
l'autri siciliani!
Su' puru frati toi, ma 'n-pettu a iddi
la to' forza nsidiusa si sprufunna
come l'acqua 'nfangata di 'na fogna
‘nta li strati celesti di lu mari ..