Il nostro Congresso
si svolge in una fase politica che ci chiama più all'azione che alla
riflessione, più ad intervenire per guidare e dominare gli eventi che a
raccoglierci per chiarire a noi stessi le nostre ragioni ed i nostri propositi.
Mentre ci prepariamo a scegliere la via da seguire, il ruolo da assumere, i
nuovi organi dirigenti, fuori di noi la situazione si aggrava e si trasforma.
Forse non è ancora la crisi delle istituzioni, ma è certamente la crisi
dell'assetto politico che finora ha colmato il vuoto delle istituzioni e ne ha
ritardato il crollo. Dinanzi a noi, il fronte multiforme ma sostanzialmente
unitario al quale ci siamo opposti -rispetto al quale siamo stati opposizione-
non sussiste più. Oggi non ci opponiamo più al suo peso soverchiante, ma alle
conseguenze del suo sfacelo.
È, o dovrebbe essere, il nostro momento, quello che abbiamo atteso da sempre,
nella lotta sostenuta contro il «sistema» quando non mostrava ancora i segni
della sua decadenza e la sua potenza sembrava non offrirci sbocchi. Dovremmo
dunque scuoterci, per avanzare sulla scena politica con una determinazione, una
mobilità dinamica, una capacità inventiva che siano pari per intensità e vigore
alla tenacia intransigente con la quale abbiamo sostenuto cosi a lungo la nostra
professione di fede. Se dovessimo sfuggire a questo impegno per timore,
impreparazione o pigrizia, verremmo meno alla prova storica della nostra
identità e presenza, e nemmeno la nostra lunga testimonianza ideale si
giustificherebbe più.
Ma in ogni caso, anche se volessimo ancora attardarci in una posizione di
attesa, non ci sottrarremmo ugualmente alle responsabilità che la nuova
situazione ci impone. La frantumazione dello schieramento avversario non ci
consente di batterlo frontalmente, e qualunque posizione assumiamo sui problemi
e sulle scelte politiche concrete, anche se apparentemente «equidistante» o
agnostica, finisce per favorire l'uno o l'altro dei contendenti, e per condurci
quindi, di fatto, ad una scelta. Peggio: a subire una scelta.
Momento decisivo, dunque, che tuttavia ci coglie a nostra volta in un passaggio
difficile: non in crisi, forse, ma certamente in una fase di transizione e di
perplessità. L'intreccio fra la situazione esterna e quella interna ci pone in
una condizione delicata e pericolosa. Ne abbiamo avuto una prova nella recente
campagna elettorale e con i suoi risultati, il cui dato saliente non è tanto
nella flessione dei nostri consensi, quanto nella grossa occasione perduta,
nella nostra incapacità di sorprendere gli avversari in crisi, di cogliere i
frutti della loro dispersione e del loro smarrimento. Ora nella nuova
legislatura, la crisi politica e istituzionale riprende e si aggrava, ma
nuovamente si manifestano i segni della nostra incertezza. La nostra presenza
che ha sempre e comunque un peso -e talvolta un peso determinante- giova così
ora all'uno ora all'altro dei nostri avversari, mai a noi. Il corso delle cose
sfugge al nostro controllo, si dirige verso altri sbocchi, rischia di generare
una nuova realtà a noi ancora più avversa di quella che, dopo cosi lunga attesa,
abbiamo visto giungere alla resa dei conti.
Paghiamo cosi le conseguenze del lungo periodo in cui il Movimento si è
attardato a contemplare i suoi problemi esterni e interni, invece di affrontarli
e risolverli. Il Congresso ci conduce quindi dinnanzi a nodi ideali, politici e
funzionali che dovremmo avere già sciolti per far fronte alle necessità
dell'ora. Non possiamo, è chiaro, recuperare la tempestività perduta. Ma
possiamo far sì che questa fase critica non duri a lungo, e non vada anch'essa
sprecata.
* * *
Dal Congresso deve uscire non solo un partito rinnovato nelle strutture e nei
metodi, non solo un partito con le idee chiare su se stesso, sul proprio ruolo,
sul modo di affrontare e volgere a proprio vantaggio la realtà esterna, ma anche
e soprattutto un partito in grado di rinnovare ogni giorno la propria chiarezza
di idee di fronte ai problemi che sorgono. E quindi un partito che ritrovi nei
propri organi statutari -sfrondati nella attuale pletora e ricondotti ad una
reale collegialità- la fonte delle decisioni politiche e la continuità della
guida operativa: un partito in grado di rivendicare la successione al regime,
perché realmente immune dalle sue tare.
Mentre oggi si pone, con forza, la questione morale nei confronti della classe
politica di regime, è assolutamente necessario far risaltare in modo evidente la
«diversità» del dirigente e del militante del Movimento Sociale Italiano, non
rassegnato e non partecipe al male oscuro della partitocrazia. In un partito che
rivendica l'affermazione dei «valori» in una visione spiritualistica della vita,
il primo fondamento dell'«alternativa» è di ordine etico ed esistenziale. Non
sono sufficienti pertanto, le dichiarazioni astratte, ma è necessaria una reale
e chiara coerenza di comportamento che costituisca una sicura garanzia di
credibilità anche, ad esempio, nel rigoroso rispetto delle norme statutarie
sulle incompatibilità tra le cariche elettive, per le importantissime valenze
politiche, organizzative e morali che vi si ricollegano.
Va quindi recuperata, in ciascuno di noi e nel clima generale del Movimento,
quella tensione ideale che, attraverso prove e sacrifici durissimi, abbiamo
saputo mostrare in tempi e circostanze diverse nella nostra storia
quarantennale, e che negli ultimi tempi ha certamente registrato una netta
caduta: mentre, nello stesso tempo, il tono della nostra presenza pubblica e
della nostra vita interna si è affievolito, l'impegno culturale si è attenuato,
e la stessa efficienza organizzativa si è incrinata. In questi campi è
necessario e urgente un cambiamento con la consapevolezza che si tratta anche ed
essenzialmente di un fatto politico. È questa ripresa di «stile», questo
rinnovato spirito della classe dirigente, che deve fare del Movimento un
adeguato strumento di lotta politica. Un Movimento che viva nei suoi organi e
nelle sue strutture, agili, duttili, articolate nella società di oggi, luogo di
leale discussione fra tutti e centro di decisione impegnativa per tutti, di
propulsione e di conquista politica.
Per giungere a questi risultati occorre un Congresso libero, aperto, consapevole
della sua insostituibilità. Un Congresso che non sprofondi nella morta gora del
già fatto, del già deciso, del tutto va bene; ma che non si esaurisca, per
converso, nello scontro fra i candidati alla segreteria, e non si bruci nella
guerra per bande. Un Congresso di idee, in cui si discuta, se necessario si
lotti, ma alla fine si decida. E dopo il quale ci si trovi tutti nelle decisioni
prese, come base e sostegno della nostra vita e della nostra unità.
* * *
Ma un Congresso a questi livelli non si improvvisa. Anche se il tempo stringe
occorre uno sforzo di cernita fra i pensieri, i progetti, gli impulsi ideali, le
possibili direttrici di azione. Occorre giungere a un primo, essenziale
chiarimento, prima di ritrovarci nell'aula del Congresso, dove metteremo in
gioco tanta parte del nostro destino. Crediamo che queste considerazioni, che
non contengono ancora una soluzione ma solo le premesse essenziali per giungervi
possono essere condivise in vasti settori del partito, superando gli schemi
tradizionali delle componenti e dei gruppi. Rivolgiamo quindi un appello ad una
comune riflessione, ad un confronto di tesi, ad uno sforzo di elaborazione e di
creatività: nella convinzione che ci si possa e ci si debba incontrare, tra gli
uomini che avvertono la coscienza dei pericoli che possono investirci, ma anche
degli inattesi vasti orizzonti di azione e di vittoria che si possono aprire al
nostro Movimento.
E confidiamo che un tale appello, indirizzato a tutti i militanti per un comune
impegno di rinnovamento, possa sortire effetti benefici per una serena
dialettica congressuale.
Ricupero dello «stile» nel necessario rigore morale dell'impegno politico,
rifiuto di vecchi e nuovi «gattopardismi», reali volontà di cambiamenti per un
partito moderno aperto verso la società civile, costituiscono elementi per una
comune piattaforma nella quale è possibile individuare, al di là e ben oltre
antiche incomprensioni, la confortante garanzia di rinnovate affermazioni e d
autentica unità per il Movimento.
Domenico
Mennitti
Giulio Maceratini
Tomaso Staiti
Giuseppe Niccolai
Altero Matteoli
Pino Specchia
Paolo Andriani
Cario Casalensi
Enzo Erra
Adolfo Urso
Mauro Mazza
Umberto Croppi
Giuseppe Certo
Gaetano Pellegrini Giampietro