"Secolo d'Italia", 28 giugno 1987
Intervento di Beppe
Niccolai in Comitato Centrale
Dopo il 14 giugno è
giunto il momento di cominciare a curare il male che è in noi; tra cui quello dì
non dare al dibattito il respiro e lo spazio che sarebbero necessari.
Non abbiamo discusso mai il nostro programma elettorale. Ora Io stiamo
cominciando a fare.
Tra le carenze va segnalata anche la mancanza di strumenti di dibattito e di
chiarificazione che possono essere rappresentati dalla stampa di partito. Più
che il silenzio del regime nei nostri confronti, è preoccupante l'indifferenza
che spesso suscitiamo nelle altre forze politiche. Da parte del gruppo
dirigente, ci saremmo aspettati gesti di solidarietà diversi e più concreti nei
confronti del Segretario nazionale che, subito dopo le elezioni, si era assunto
la piena responsabilità dell'insuccesso elettorale.
Sono da respingere i dati emozionali, che comportano la non scelta. In questa
fase precongressuale è nostro dovere coinvolgere nella discussione tutto il
partito, favorendo la totale libertà di confronto e di scelta della nuova classe
dirigente. Perché tutto questo avvenga con profitto, è necessario ristabilire ì
criteri di maggioranza e di opposizione, che valgono non per dividere, ma per
decidere; per essere convincenti all'esterno perché maturati dal dibattito
all'interno del partito.
Al congresso si dovrà andare con formula dialettica, proprio per ritrovare una
più salda unità interna. Oggi, ad esempio, sembra impossibile conciliare in
un'unica mozione, posizioni distanti e diverse in materia di politica estera.
La responsabilità dell'insuccesso elettorale non può che essere collettiva. E
tutti dobbiamo contribuire a rendere scorrevole il passaggio da una classe
dirigente all'altra. Ci attende un compito culturale e storico non indifferente:
sfatare l'assunto secondo il quale la Destra non sa vivere che della capacità
dei suoi capi storici. Il congresso dovrà dimostrare la capacità di poter
esprimere una nuova classe dirigente.
Il Segretario nazionale attesta che stiamo vivendo una fase di passaggio, da un
unico centro-motore al gioco di squadra di un partito che operi collettivamente.
Il centro-motore unico non è più valido nella fase in cui cadono gli steccati.
La nostra comunità ha smesso di dare risposte e di elaborare politica. Ha
perduto la propria capacità di giudicare la classe dirigente del partito.
Per questo la crisi del MSI-DN si può definire partitocratica. Ed ecco perché,
anche in presenza di condizioni esterne che favorirebbero la nostra
affermazione, occorre uno sforzo corale e di grosso spessore. Si tratta di
scegliere quale disegno politico dovrà accompagnarci nella fase che si è aperta
il 14 giugno. Si può discutere anche della strategia dello «sfondamento a
sinistra», ma soltanto se l'obiettivo primario è quello di battere la DC.
|