"Secolo d'Italia", 23 giugno 1985
Intervento di Beppe
Niccolai in Comitato Centrale
Un partito che vuole
vivere in una società complessa come l'attuale deve discutere, approfondire i
problemi, confrontarsi. Dissentire è quindi giusto ed opportuno.
Nella relazione del Segretario Almirante si mette in guardia dal «cadere in
tentazione» per quanto riguarda la nostra azione negli enti locali. Siamo
perfettamente d'accordo, ma il problema nasce dal non avere a sufficienza
sottolineato il nostro ruolo di partito antagonista al potere, dal considerarci
spesso nello stesso spazio politico anticomunista della DC.
Occorre poi sottolineare con maggiore attenzione quello che sta accadendo in
termini politici per l'elezione presidenziale. L'apertura di Craxi al nostro
partito è infatti un fatto straordinario che va ponderato ed esaminato. Nel
costruire una politica non si può dimenticare che è proprio il presidente del
Consiglio in carica a rompere il gioco democristiano (De Mita e la direzione DC
avevano previsto soltanto consultazioni con il PCI) ricevendo la delegazione
guidata da Almirante. Lo stesso Craxi peraltro tentò in occasione del referendum
di mettere fuori dal quadro costituzionale -e non soltanto politico- il PCI
quando invitò a scegliere la strada dell'astensione.
È la nostra incapacità a distinguere tra dialogo ed opposizione che non ci fa
fare passi sulla strada della ghettizzazione. Il dialogo -e non certo gli
intrallazzi- deve essere fatto con coloro che pur gravitando nelle aree di altre
formazioni politiche sono vicini come formazione ed esigenze culturali.
Occorre operare una politica della cultura per la sghettizzazione. Ciò vale
anche per l'ambito politico. Occorre dialogare con chi si occupa delle nostre
stesse tematiche: il problema della nazione, della riforma istituzionale della
necessaria ricucitura della storia italiana.
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