"Secolo d'Italia", 26 agosto 1977
Il "caso Kappler" non ha fatto
eccezione: da dietro le quinte, nel momento più delicato è apparso il
«cacciaballe» di turno
Mitomani al servizio del regime
per smantellare lo Stato
Beppe Niccolai
La Repubblica italiana, come organizzazione statuale, è ridotta «al lumicino».
Non meraviglia che una donna, la signora Annalise Kappler e tre uomini,
l'abbiamo messa in crisi, in una vicenda in cui, ai cupi ricordi del passato, si
associano aspetti che sanno di ridicolo. Nulla, come il caso Kappler, ha
dimostrato la fragilità di questa Repubblica. E non tanto per la fuga riuscita,
quanto per quello che ne è seguito, quando ministri, generali, stampa e
televisione sono entrati, come si dice in Toscana, «nel pallone» e tutta la
pubblica opinione italiana ha capito che non sapevano quali pesci pigliare e si
è resa conto del perché uno Stato simile possa essere messo in crisi, non tanto
da agguerrite congiure, da «strategie della tensione che vengono di lontano»,
quanto da quattro persone dotate di fantasia, di volontà, e di sangue freddo.
Se si ha la bontà di riflettere e di rapportare a quanto è accaduto in questi
giorni anche i casi Curcio, si troverà la chiave della risposta che, da tempo,
assilla e tormenta tanti italiani: come è possibile che accadano queste cose?
Siamo uno Stato sfatto, sbriciolato, messo all'incanto. A tale punto che perfino
persone, che dovrebbero trovarsi in manicomio, lo fanno andare in ansia, in
trepidazione per poi precipitare nel ridicolo. La credibilità internazionale del
nostro Paese, già scarsa, va del tutto a fondo quando persino mitomani e
cacciaballe che, fateci caso, non mancano mai in queste occasioni, fanno la loro
apparizione, e tutto l'apparato dell'informazione italiana, dalla televisione
alle prime pagine dei quotidiani, dà loro ascolto, proiettandoli nelle case
degli italiani come oracoli della verità.
Abbiamo scritto: mitomani e cacciaballe. Eppure fanno storia in questa
Repubblica. E spuntano sempre a lato di vicende dolorose, come se la loro
entrata in scena avesse un programmatore.
Piazza Fontana e Piazza della Loggia di Brescia hanno il loro mitomane: si
chiama Enzo Salcioli. La congiura della "Rosa dei venti" che ha tenuto in
trepidazione l'Italia, che ha colpito il prestigio delle Forze Armate, che ha
distrutto del tutto i servizi segreti, ha il suo mitomane: si chiama Giampaolo
Porta Casucci. Il caso Kappler (poteva mancare?) ha il suo cacciaballe: si
chiama Dionisio Biondi.
Vogliamo provare a tracciare i loro profili? Che cosa ci ripromettiamo? Di fare
ridere? Di gettare il tutto nel ridicolo?
No. Il nostro intento è ben altro. Ci rivolgiamo ai cittadini che ancora non si
sono resi conto di quello che accade e che, angosciati, non si sanno dare pace
dei «misteri» di cui questa Repubblica fa collezione senza mai risolverne uno.
Da questo punto di vista siamo tornati ai tempi rinascimentali, ai tempi del
pugnale e del veleno, ai tempi delle «bande» accampate sul corpo della nazione e
intente a sbranarsi l'una con l'altra. Pugnale, veleno e saltimbanchi. La nostra
cronaca che, purtroppo, è storia, ha di questi ingredienti. Vediamoli da vicino.
Per capire.
«Milano e Brescia»: Enzo Salcioli
Anche Enzo Salcioli, come Dionisio Biondi, il mitomane dei «caso Kappler», è di
Pontedera. Per lui il "Corriere della Sera", il corrierone, ha impegnato, più
volte, le sue pagine. Settimanali come "l'Espresso", "l'Europeo", "Panorama" si
sono scomodati per andarlo ad intervistare all'estero. Di lui la TV ha parlato
nei suoi notiziari. Gli italiani. investiti da tanta informazione, sono stati
tenuti in trepidazione per le dichiarazioni che il Salcioli rilasciava.
Cominciamo da quelle che si leggono su "l'Europeo" del 25 luglio 74. Il
settimanale dell'editore Rizzoli dedica a Enzo Salcioli tutta la copertina, con
titoli a caratteri di scatola: «Parla l'agente segreto Enzo Salcioli. Chi ha
messo le bombe a Piazza Fontana». Salcioli sa tutto. Le bombe di Milano? Le ha
messe un certo Raffaele Bertoli, pubblicista di Marina di Pietrasanta,
personaggio legato a Randolfo Pacciardi. I suoi complici? State a sentire: «Il
cugino di un generale dell'aviazione italiana e il nipote di un ammiraglio». Il
Salcioli fornisce anche il numero dell'auto con la quale, quel giorno di
dicembre del 1969, il Bertoli si recò in Piazza Fontana a Milano. Fra i
cospiratori: Gino Bibbi di Carrara, anarchico, in anni passati arrestato «per
avere attentato alla vita di Benito Mussolini».
Il Salcioli, nell'intervista, ricorda di aver già detto queste cose fin dal
1971. È vero. Infatti "l'Espresso" del 26 dicembre 1971, allora diretto da
Scalari, con titoli a sensazione, riporta le stesse cose che, nel luglio 1974
(si faccia caso alle date. È in corso l'offensiva Andreotti che riscopre il
golpe Borghese) "l'Europeo" raccoglie. E Andreotti è grato al settimanale di
questo servizio. Infatti la settimana dopo l'attuale presidente del Consiglio
concede un'intervista a "l'Europeo".
Non basta. Il 14 giugno 1974 il "Corriere della Sera", a firma di Giorgio Zicari
(lo spione del SID), sotto un titolo a cinque colonne, si occupa di Enzo
Salcioli. Questa volta il Salcioli sa tutto sulla strage di Brescia, sulla morte
del petroliere Enrico Mattei, sull'appoggio dato dall'Italia alla sanguinosa
insurrezione dello Yemen, grazie all'opera di Carlo Fumagalli capo del MAR.
Il "Corriere della Sera" è ricco di particolari, si parla di una intensa
corrispondenza fra il capo del SID ammiraglio Henke ed il Salcioli, dei
memoriali dello stesso (scritti in tedesco) e fatti pervenire al giudice
Tamburino, delle località in cui il Salcioli sarebbe solito muoversi: Bruxelles,
Francoforte, Praga, Madrid, Barcellona.
Non basta ancora. Il 18 gennaio 1975 il "Corriere della Sera" riporta la
dichiarazione del Salcioli relativa ad un suo incontro, nell'agosto del 1969,
con Amintore Fanfani, avvenuto a Pieve di Santo Stefano e nel corso del quale
offerse (il Salcioli!) al senatore la Presidenza della Repubblica!
Ma chi è questo Salcioli?
Ce lo dice "l'Europeo". Il Salcioli è nato a Pontedera il 23 ottobre del 1930.
La sua nonna materna Albina Gronchi era sorella del padre del sen. Giovanni
Gronchi, per cui la madre del Salcioli è cugina dell'ex Presidente della
Repubblica… Il Salcioli entra nel SID nel 1953 con il grado di sottotenente di
aviazione. Nel 1954 lo fanno girare all'estero. Il SID, dice il Salcioli, svolge
abituali lavori per conto di governi stranieri. Dal 1955 al '62 sono i suoi anni
migliori. Infatti è il settennato della presidenza Gronchi, al quale fa la
guardia del corpo e accompagna nel suo viaggio in URSS. Nel 1961 viene promosso
capitano. Si occupa del progetto San Marco ed ha contatti con il prof. Broglio.
Frequenta la Scuola di guerra alle Cascine a Firenze e nel '94 esce con il grado
di maggiore… Accompagna il Papa nel viaggio in Terrasanta... Nel '69 è promosso
tenente colonnello. Il SID gli passa un milione e 400 mila lire al mese. Nel
dicembre '69. per quello che sa sulle bombe di Milano, viene dimesso. Nel 1970
ripara in Germania e va a lavorare, come ingegnere elettronico, alla Standard
Elektrik di Stoccarda. Percepisce uno stipendio di 1.510 marchi al mese.
Ed ecco il gran finale: «Un mese fa -dichiara il Salcioli- sono entrato a far
parte del governo nero in esilio. Volevano affidarmi la carica di ministro della
Difesa, ma io conosco i miei limiti ed ho preferito essere capo di stato
maggiore».
Fin qui il "Corriere della Sera", "l'Espresso", "l'Europeo" e tutto il codazzo
della stampa italiana che fa eco a quelle notizie.
Non un interrogativo, non il minimo dubbio. Tutto è dato in pasto alla pubblica
opinione italiana con la massima serietà e compostezza. Agli intervistatori non
viene in mente di chiedere al Salcioli di provare, in qualche modo, quello che
afferma. Con drammatica serietà... professionale la stampa italiana offre ai
suoi lettori questo personaggio e dà alle sue affermazioni dignità di notizie
certe.
È cosi?
Enzo Salcioli è un autentico magliaro della truffa. Le sue dichiarazioni sono
balle. La stampa italiana, che le ha raccolte ed avallate, non ha arrossito di
vergogna. Se «infortuni» simili fossero capitati a giornali stranieri, quelle
opinioni pubbliche ne avrebbero decretata la fine. Quando organi di informazione
danno dignità di notizie a «stronzate» simili significa che hanno finito di
essere organi di informazioni. Si diventa latrina.
Chi è, in realtà Enzo Salcioli?
Un colonnello di aviazione? Enzo Salcioli non ha fatto nemmeno un giorno di
soldato. Risulta riformato per inettitudine al servizio militare.
È ingegnere elettronico?
Enzo Salcioli ha lavorato come operaio, presso le officine Piaggio di Pontedera.
Per precisione presso la 10ª officina. Come lattoniere.
È un... gentiluomo?
Con qualche... difettuccio. Infatti è uno specialista nel mettere di mezzo i
propri simili, falsificando, per esempio, le polizze del Monte dei Pegni. Il
Salcioli riesce a trasformare polizze di 2.000 (duemila lire), grazie alla
scolorina, in altrettante con qualche zero in più. Da qui, ahimè, condanne per
truffa e falso,
Il Salcioli è un gentiluomo che ha abbandonato la propria moglie e i quattro
figli. Eppure la classe politica di vertice della Repubblica italiana è
riuscita, grazie a lui, con le tecniche tipiche del Grande Fratello del romanzo
di Orwell "1984", a montare fatti falsi che gli facevano comodo e a distruggere
fatti veri che comodo non gli facevano!
Diteci un po' cari amici lettori: può dirsi «serio» un Paese che, dai suoi alti
vertici, e su vicende che sanno di sangue, informa in tal modo la pubblica
opinione?
Ci si può meravigliare che tutto vada in malora?
E che una donna riesca a mettere nel sacco l'intero apparato protettivo dello
Stato?
Colpa dei due carabinieri? O di una classe politica che, per i suoi giochi di
potere, ha distrutto lo Stato?
E veniamo al secondo mitomane o cacciaballe. Si chiama Giampaolo Porta Casucci.
«Rosa dei venti»: Porta Casucci
In un suo libro dal titolo "Il ragazzo del bastone" racconta delle suo origini
teutoniche. In realtà nasce a Pistoia il 1° novembre 1927. Dei cacciaballe è il
più fantasioso. Si deve a lui l'esplodere della vicenda che poi sarà denominata
«la Rosa dei venti». È la storia dei golpe che si intrecciano in un viluppo di
rivelazioni di personaggi ambigui, sfaccendati, alcuni autentici magliari a
servizio del regime. Pensate: il golpe Borghese avrebbe dovuto rovesciare le
Istituzioni grazie ad una ottantina di civili e duecento guardie forestali, per
fermare le quali, se l'intenzione fosse stata quella, sarebbero bastati i
pompieri di Roma!
Comunque è Giampaolo Porta Casucci che, in un... impeto di folgorazione
democratica, pentito, va dalla Polizia e racconta della congiura. Ne seguono
perquisizioni, mandati di cattura, arresti, confino. E, sera per sera, gli
Italiani, attraverso la televisione, vengono informati della congiura. E a Porta
Casucci Giampaolo va, attraverso la stampa quotidiana e i rotocalchi, la
gratitudine della Nazione per avere, con la sua clamorosa denuncia, sventato la
congiura.
Chi è Giampaolo Porta Casucci arrivato agli onori della cronaca che si fa
storia?
Porta Casucci Giampaolo, come abbiamo scritto, ha raccontato della sua vita in
un libro ricco di episodi guerreschi della seconda guerra mondiale. Le sue gesta
sono incredibili. Opera, in contemporanea, in terra e in mare. A terra, da solo,
sul fronte di Cassino, mette fuori combattimento ben 43 carri americani. Né uno
di più né uno di meno. In mare, sempre da solo, inabissa ben tre navi da guerra
inglesi. Poi c'è la scena della decorazione. È il Fùhrer in persona che lo
decora.
Tornato in abiti civili, mal resistendo al richiamo degli attestati e delle
medaglie, si mette a distribuire certificati e patacche varie ai vari creduloni.
Li scrive da sé in caratteri gotici e, per garantirne l'autenticità, li fa
spedire dalla Svizzera con il mittente indicato nella Croce Rossa
Internazionale. Uno di questi attestati dice cosi: «1945. Ordine Militare dei
Soldati dell'Onore. Il combattente ha diritto di fregiarsi della Croce argentea.
Registro n. ... Roma, 29-3-1972. XXVII del martirio». Seguono timbri e firme
(varie e sempre illeggibili).
Ma chi è in realtà Giampaolo Porta Casucci?
È stato un po' tutto. Quando era comunista, e iscritto presso la Sezione del PCI
di Agliana (PT) faceva, fra l'altro, anche l'informatore della polizia. Poi
divenne anarchico. Poi fascista. A Marina di Carrara lo ricordano in divisa
(nelle ricorrenze) carico di patacche, tanto da andare ricurvo. Ha degli
incidenti. Amoreggia con la nipote del prete. Ne riceve qualche graffio. Inventa
di essere stato aggredito. Va in casa del sindaco di Ortonovo, di cui è amico, e
con una carabina ad aria compressa impallina il sedere della sindachessa che, in
giardino, chinata, raccoglieva dei
fiori.
Ma, in realtà, il Giampaolo Porta Casucci è stato quel soldato valoroso di cui
lui stesso racconta le gesta? Nemmeno per sogno. Il distruttore di carri armati,
l'affondatore di navi, non ha fatto un giorno di soldato. È stato riformato. Per
debolezza costituzionale. Insomma: un cacciaballe della più bell'acqua. A costui
il Procuratore Generale della Corte d'Appello di Padova, dott. Fais, dopo
l'interrogatorio, dice con tono solenne: «Porta Casucci lei avrà la gratitudine
dell'intera Nazione». E il Porta Casucci di rimando: «Lei signor procuratore, è
un gentiluomo di antico stampo, un vero amico».
E così l'Italia è stata salvata. Dai golpe. Ma è pur vero che, per stare dietro
ai Porta Casucci e ai Salcioli, l'Italia si è trovata con le carceri in rivolta,
con le Brigate rosse e i NAP che si muovono a loro piacimento, con carabinieri
assassinati, con la mafia che la fa da padrona, con procuratori assassinati, e
senza che uno dei tanti «misteri», che vanno da Piazza Fontana a Brescia,
all'Italicus, a Trento, a Palermo e altrove, sia stato risolto.
Ma poteva nel «caso Kappler» mancare il mitomane di turno? Non sia mai detto. Ed
ecco che compare Dionisio Biondi.
«Caso Kappler» Dionisio Biondi
Il pomeriggio del 15 agosto è sulla Piazza del Celio. Sono le 14. La Televisione
riprende. La stampa è tutta presente e i taccuini dei giornalisti sono colmi di
notizie. Il Biondi è entrato nell'Ospedale. Aveva le credenziali giuste: ha
detto di essere partigiano e dirigente comunista. Porte aperte, addirittura
spalancate. Ma ne era uscito. Per protesta. Perché, mentre a lui consentivano di
entrare, altrettanto non consentivano a Pannella. Quindi per solidarietà con il
deputato radicale usciva, pieno di sdegno. Aveva notizie sensazionali da
riferire. Addirittura poche ore prima si trovava nell'anticamera del Sindaco di
Portoferraio, ed era lì che aveva avuto la notizia della fuga di Kappler. Non
aveva perduto tempo. Saltato su un elicottero dei carabinieri era corso a Roma.
Ed ora era lì a riferire. I giornalisti presenti, estasiati, bevevano le sue
parole. La televisione, tutta per lui. Invero le cose che riferiva erano fuori
del comune. Kappler non era fuggito il giorno 15, bensì il 14, durante i
funerali del generale Anzà. Il capitano dei carabinieri responsabile della
guardia di Kappler era stato sostituito un giorno prima con un ufficiale del
SID, e che tra le piantine di carceri trovate in casa dei presunti complici del
neofascista Delle Chiaie c'era anche la piantina del Celio con la misura della
fossa biologica che attraversa la strada di fronte.
È tale lo sdegno con cui parla che, alla fine, viene applaudito. Giornalisti e
televisione bevono tutto. E come possono fare diversamente davanti ad un
personaggio che si dichiara «partigiano» e dirigente del PCI?
A "Radio Città futura" aggiunge altri particolari. Di essere stato agente
sovietico infiltrato nei gruppi di sabotaggio e controspionaggio delle SS; di
essere stato processato nel 1946 sotto l'accusa di intelligenza con il nemico,
ma di essere stato assolto; di avere conosciuto molte spie italiane che
lavoravano per i tedeschi e che ora fanno parte di una internazionale nera alla
quale si deve far risalire la fuga di Kappler. Insomma nelle dichiarazioni del
Biondi c'è tutto il repertorio che stampa e servizi radiotelevisivi diffondono
da anni, spesso attingendo le notizie dai vari Salcioli Porta Casucci e Biondi.
Ma, in effètti, chi è questo Biondi?
1944: si presenta, in divisa di tenente della X Mas, nei locali del quotidiano
fiorentino "la Nazione" dichiarando di essere il nuovo direttore del giornale.
Poco dopo si fa passare per tenente di vascello imbarcato sull'incrociatore
Bolzano.
1961: viene arrestato a Firenze in quanto si spaccia per alto funzionario detta
polizia sotto le false generalità di «dottor Conte».
Fra il 1933 e il 1961 riporta varie condanne: raggiro, calunnia, sostituzione di
persona, reati contro il patrimonio, estorsione. truffa, corruzione di
minorenne, atti osceni, millantato credito.
L'unica cosa certa è che Dionisio Biondi risulta iscritto alla Sezione del PCI
del Celio. Forse in... omaggio al «nuovo modo di governare» scaturito dopo il
voto del 20 giugno!
La televisione, da giorni, insiste: il caso Kappler deve essere l'occasione per
dare rassicurazioni e certezze agli Italiani. Poi un annuncio da Palermo: il
colonnello Giuseppe Russo, già comandante del nucleo investigativo dei
Carabinieri, è stato massacrato a colpi di mitra.
Basta sfogliare gli atti dell'antimafia per sapere chi era il colonnello
Giuseppe Russo, che della mafia fu valorosissimo nemico.
Il ministro Lattanzio per salvare la propria poltrona dopo il caso Kappler. non
ha avuto esitazioni: la colpa è dei Carabinieri. Dello stesso avviso era anche
Dionisio Biondi quella mattina del 15 davanti al Celio quando le telecamere lo
inquadravano.
«Rassicurare e dare certezze agli Italiani».
Non così, non così. Così lo avete distrutto. Anche con i mitomani e i
cacciaballe.
Non sono queste le condizioni migliori per mettersi a fare il processo alla
Germania federale.
Giuseppe Niccolai
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