"Secolo d'Italia", 12 agosto 1977
Le confessioni di un uomo di regime
Il nostro Paese è retto da un sistema delinquenziale
Beppe Niccolai
Con ritardo scopro un articolo di Adolfo Battaglia su "la Voce Repubblicana"
(14marzo 76) dal titolo "Il nodo politico della corruzione".
La predica viene da un pulpito incontaminato dal punto di vista dell'ufficialità
democratica. I repubblicani hanno il patentino d'esercizio della democrazia. È
incontestabile. Nessuno può azzardarsi ad accusarli di covare tendenze
autoritarie, né tanto meno golpiste. Eppure quell'articolo è il più feroce atto
di accusa che sia stato scritto contro il sistema partitocratico che delizia
l'Italia. Neppure Giuseppe Maranini, dall'alto della sua cattedra di Scienze
politiche di Firenze, e che del «tiranno senza volto» (la partitocrazia) fu
implacabile accusatore, usò un'analisi cosi spietata e senza appello.
Battaglia scrive che per intendere il malcostume e la corruttela che inquinano
la vita politica italiana occorre risalire «ai fenomeni centrali della vita
pubblica italiana» e «al tipo di politica economica condotta in particolare
negli ultimi 15 anni»; tipo di politica che «è causa e effetto insieme del vasto
fenomeno corruttivo che oggi è esploso in contemporaneità, certo non casuale,
della crisi economica generale».
Scusate se è poco: la corruzione è il fatto centrale della vita politica
italiana, la corruzione è la conseguenza della politica (specie economica) che
fino ad oggi si è seguita; la corruzione è la causa della degradazione economica
che ci ha colpiti.
Lo scrive Battaglia, ma proseguiamo perché questo è nulla.
«Il tipo di politica economica condotta in Italia è causa ed effetto», scrive
Battaglia, «non solo di un assetto economico e finanziario, ma una articolazione
del potere, di un apparato politico organizzativo, di una struttura permanente
della nostra vita pubblica che, per reggersi, per sostentarsi, non ha altra
possibilità che quella di ingigantire il fenomeno corruttivo che essa alimenta,
in una sorta di circolo vizioso e necessitato».
Il che, in parole povere, significa che l'apparato politico organizzativo che
regge lo Stato italiano è di tipo delinquenziale in quanto, per reggersi e
sostentarsi, altra via non ha se non quella di ingigantire il fenomeno
corruttivo».
Nessun oppositore dell'attuale «sistema corruttivo» ha scritto cose così
implacabilmente definitive contro la prima Repubblica, nata dalla resistenza.
Ma l'analisi del repubblicano on. Battaglia, già sottosegretario di Stato, non
si ferma qui.
«È questo tipo di politica economica», prosegue Battaglia, che, oltre a dar vita
ad una particolare struttura economica, «determina anche un tipo di lotta
politica», quel tipo di lotta politica che, «reggendosi sul clientelismo
assistenziale e parassitario sia della DC sia del PSI, altro non poteva
determinare, come ha determinato, lo sfascio delle finanze pubbliche». Come si
poteva, infatti, pensare -ragiona Battaglia- «che il parassitismo pubblico e
privato determinato dal clientelismo politico potesse provocare rigore,
efficienza e severità amministrativa? E, in queste condizioni, come era
possibile programmare?»
Le conseguenze di aver tirato su un apparato politico organizzativo così
perverso, si fermano qui?
Nemmeno per sogno. L'analisi di Battaglia è implacabile. La mortificazione delle
competenze. E come mai? Perché c'era (e c'è) la necessità, da parte della
corrotta partitocrazia di insediare uomini suoi nei centri di potere. E non per
condurre una politica coerente a ciascun Istituto e di cui sono capaci solo i
competenti, ma piuttosto la politica clientelare necessaria al supporto e
all'allargamento del potere politico. Da qui l'indicazione non dei capaci e dei
competenti, ma dei propri amici solo preoccupati delle loro correnti, dei loro
gruppi, del loro potere: «del potere
politico che ti nomina e che non può fare a meno di essi per condurre la
politica corrotta che esso esige per reggersi».
Si fece grande scandalo quando Pasolini scrisse, in polemica con tutto il mondo
politico ufficiale compreso quello comunista, che occorreva aprire un grande
processo per i reati commessi da coloro che, per trent'anni, hanno governato
l'Italia.
Battaglia, che è uomo del potere, va più in là e svela i meccanismi perversi
attraverso i quali il Paese viene gestito da una banda di corrotti.
Parole forti, insensate, fuori misura?
Avanti, coraggio. Sappiano dare di quanto scrive il democratico Battaglia
un'altra interpretazione e noi faremo pubblica ammenda.
II potere fa una politica di corruzione. Per eseguirla non può servirsi né degli
onesti, nè dei competenti. Fisiologicamente li espelle. E, in contemporanea,
deve assoldare disonesti e corrotti che sono «omogenei» al potere che li nomina.
Questo è il discorso di Battaglia.
Ma state a sentire:
«La lottizzazione è sinonimo di corruzione. E nella lottizzazione, cioè nella
gigantesca piovra che da un quarto di secolo ha assalito banche, enti, istituti
pubblici, strumenti finanziari, in sede centrale, in sede locale, tutto, ovunque
ci fosse qualche briciola di denaro, e dunque di potere, da amministrare, sta
uno dei massimi contributi, insieme alla disamministrazione del paese, alla
corruzione materiale del suo tessuto, e alla disperazione morale delle forze
vitali che pure esistono in questa società e che potrebbero, se impiegate,
salvarla».
Se quanto abbiamo riportato lo avesse scritto Curcio come atto d'accusa contro
questo sistema, le gazzette democratiche lo avrebbero definito delirante. Ma lo
ha scritto Battaglia, il democratico Battaglia, l'amico di Ugo La Malfa. E
dobbiamo dire che i proclami delle Brigate Rosse, come sostanza di accusa sono
acqua fresca in confronto alle affermazioni di un uomo del potere come il
repubblicano Battaglia.
«Dovunque si guardi il fenomeno non è diverso. Se parliamo di pensioni o di
sussidi, di leggine settoriali o di promozioni irregolari, di salvataggi di
aziende o di giungla retributiva, di RAI o di EGAM, di fondi di dotazione, di
privilegi corporativi, di urbanizzazioni abusive, di concessioni di favore,
sempre il germe della corruzione e quello della distorsione della finalità
economica marciano insieme al nepotismo».
«E che cosa è la stessa lotta politica entro i partiti? Si pesa in essi non per
il valore personale ma per la forza organizzata che si ha alle spalle. Si ha
forza organizzata se si è penetrati entro ambienti determinati. E vi si penetra,
non solo se se ne sostengono gli interessi settoriali ma se vi si profonde
lavoro coordinato. Lavoro significa sedi personali, riunioni, viaggi, mezzi;
costi che qualcuno sopporterà».
«E la struttura dei partiti in correnti organizzate come partiti, non ha gli
stessi effetti (e le stesse cause)?»
«Correnti significa sedi, sedi centrali e sedi periferiche, apparato centrale e
apparato periferico, sostegno finanziario agli uomini e alle campagne della
corrente, tesseramento, convegni, struttura organizzativa, moltiplicazione di
costi e moltiplicazione di introiti. Un momento di innesco della corruzione».
«E le campagne elettorali, fondate sul voto di preferenza che cosa implicano, se
non anche esse organizzazione di centinaia di costosi circhi Barnum personali?
Fossero almeno limitati alle campagne di carattere nazionale, ma no, sono
indispensabili in sede regionale, provinciale, comunale, anche in sede
circoscrizionale».
«Abbiamo creato in Italia una struttura dei partiti e una struttura di lotta
politica del tutto omogenea al disastro nazionale che siamo riusciti a comporre.
E in esso l'elemento della corruzione è un fatto connaturato al tipo di politica
e di organizzazione della vita politica che è stato realizzato».
Ci sembra che basti. Battaglia ha intitolato il suo scritto "Il nodo politico
della corruzione". Non è esatto. Il titolo giusto, data la sostanza, la polpa
dell'articolo, è questo:
"Una grande Nazione retta da un sistema delinquenziale".
E poi ci si chiede di dove venga e da chi sia alimentato i terrorismo?
Giuseppe Niccolai
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