"Secolo d'Italia", 17 gennaio 1977
XI° Congresso MSI
(…)
intervento di Giuseppe Niccolai
La relazione del Segretario nazionale a questo Congresso è stata di tono
elevato, il dibattito è via via cresciuto di interesse con gli interventi dei
presentatori delle mozioni programmatiche. Il MSI-DN riacquista cosi mordente
nel dramma della scissione, gettandosi dietro lo spalle le velleità polemiche,
riordinando le file e le Idee, preparandosi con slancio, impeto e rinnovato
impegno alle battaglie politiche che lo attendono nel futuro prossimo.
Ci sono in ogni movimento politico scissioni debilitanti, ma anche «scissioni
esaltanti»; quest'ultimo è senza dubbio il nostro caso.
Ci sono soltanto due modi per «auto annullarsi»: trasformarsi in una destra di
comodo -ma questo e il destino degli scissionisti-, radicalizzarsi su posizioni
massimalistiche.
Perche l'errore, anzi una vera e propria trappola sarebbe quella di tagliare un
vestito al partito non adatto al guado del compromesso storico, guado che
dovremo attraversare. Sarebbe quella di rendersi il capro espiatorio del regime,
capro espiatorio sul quale DC e PCI riverserebbero i loro errori e i loro
delitti.
Il male oscuro da combattere è il massimalismo, che è una forma di disperazione
politica la quale porta a ritenere che le situazioni politiche si rovescino con
le parole sia pure suadenti e non con lo studio attento dei problemi, con
analisi serie delle situazioni, con strategie adeguate.
Quel che più conta per il MSI-DN è di avere il coraggio e la capacità obiettiva
di riprendere la sua missione storica, popolare e nazionale insieme, che è
quella di riassorbire l'imponente fenomeno di divisione popolare che, sin dai
primi anni del secolo, ha reso poco credibile la presenza unitaria dell'Italia
nel mondo. Da ciò la sua nel mondo. L'Italia non è credibile come contraente di
patti e di alleanze. Da ciò la sua eclissi dalla storia, il suo ridursi a
espressione geografica.
Oggi occorre rimeditare l'anticomunismo perché dinnanzi al disegno gramsciano
per cui il PCI attua in Italia una vera e propria politica di destra (un
fascismo degli anni del consenso), i vecchi modelli anticomunisti anni 1919,
1948 non hanno più senso. Soprattutto l'anticomunismo non deve diventare un
ricatto al punto che, per combattere il comunismo, ci si debba alleare con la
corruzione. Questo tipo di anticomunismo ha rafforzato il comunismo. Occorre
convincersi che non è l'aggressività del comunismo a rendere precaria la nostra
veste politica, ma è il sistema istituzionale vecchio e superato che, crollando,
ci porta al comunismo.
Da qui la necessità di calibrare, definire l'anticomunismo degli anni '80, ma
soprattutto la necessità di riorganizzare lo Stato su un modello di democrazia,
di larga partecipazione popolare e permeato di autentica liberta. L'alternativa
è questa: o si riorganizza questo Stato o il comunismo ha vinto la sua
battaglia.
(…)
|