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"Più forza alla gente - contro lo strapotere
dei partiti"
Sabato, 10 giugno 1989
Auditorium di S. Rocco, ore 21,00
Palazzo Pretorio, Modigliana
Oratore l'on.
Giuseppe Niccolai |
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il segretario del MSI di
Modigliana Valentini Marino
Beppe Niccolai
Sergio Montalti
(Federale di Forlì) |
Introduce la conferenza
Sergio Montalti
Federale di Forlì |
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(il testo dell'introduzione non è stato ancora portato a
stampa)
Quale Italia in Europa
Giuseppe Niccolai
Purtroppo, per vari motivi
tecnici, alcune piccole parti della conferenza non sono
"decifrabili" e sono sostituite da [...] |
Dunque, io sono grato per le parole con cui sono stato presentato, anche se non
le merito -sono un peccatore, ecco, dal punto di vista politico, anzi da tutti i
punti di vista- però voglio raccogliere quello che Sergio (Montalti) diceva
cioè, praticamente, nessuna valenza di conferenza, ma una chiacchierata, una
buona chiacchierata fra amici sulle nostre cose, ecco. E soprattutto cercare di
vedere se si fa un esame di coscienza insieme su ciò che accade. Io non
considero i comizi, anche perchè stanno perdendo di valore, delle sceneggiate
urlate, come dei banditori che vanno a vendere la propria merce. Il comizio
dovrebbe essere proprio fra l'uomo politico e il cittadino che lo ascolta, fra
l'eletto e l'elettore dovrebbe essere sempre un esame di coscienza. Il politico
dovrebbe fare un esame di coscienza sulle cose serie. Invece, amici miei, è
evidente che la gente scappa quando deve ascoltare. Nessuno ascolta e ha molte
ragioni per non ascoltare perché si sente ingannato. Se mi posso permettere di
darvi un consiglio è questo: non cadete in questo tranello che, se la politica,
come si dice, è una cosa sporca o addirittura la politica è per pochi iniziati,
la politica può essere, amici di Modigliana il tutto: è il campo, è l'officina,
è il lavoro, è il gioco, è l'avvenire, è tutto, e allora non è possibile
lasciarla in mano solamente a certi istituti. Ecco, va tolta. La politica deve
diventare un fatto partecipativo, se si vuole veramente uscire dalle mafie che
non sono fuori ma sono dentro di noi.
Io c'ho qui alcuni appunti; niente di coordinato.
Questa lettera, è una madre e l'ha scritta al giornale "la Repubblica" nei
giorni passati. Dice, questa lettera: «... quello stesso figlio che qualche anno
fa, questo padre e questa madre avevano l'orgoglio di vedere tornare da scuola,
solo, felice, bello, sano, con la chiave di casa appesa al collo. Un figlio che
consapevole voleva e intendeva cambiare il mondo. Che ne è, oggi? Lo
accompagniamo ogni mattina al centro antidroga, cereo, tremante, pelle rossa, e
con tante delusioni».
Ecco, questa è una lettera che dice tante cose, che descrive il nostro tempo.
Dicono che noi siamo una società opulenta, una società ricca, che in definitiva
apparteniamo alla società dei 2/3, cioè la società dei 700 milioni di uomini che
stanno bene, e ci mettiamo anche noi, e l'altra parte, 4,5 miliardi che stanno
male, questo almeno è quello che dice Agnelli nei suoi discorsi. Io dico che
questa Italia può essere un'Italia sazia, ma in tante cose è un'Italia
disperata. Cioè, muore di noia e affoga nelle cose, negli oggetti, nel
consumismo. Ecco, per esempio, qui Modigliana ha tradizioni indubbiamente
contadine. La società contadina era una società scalza, evidentemente più povera
di quella che abbiamo oggi, però era una società felice, in tante cose, molto
più felice di questa, perché a quel tempo era la società che trattava il vecchio
in maniera molto diversa da come tratta il vecchio questa società opulenta. Il
vecchio è inutile, è un ferro vecchio, si butta via. Ma nella società contadina
il vecchio era il saggio, perché sapeva fare le cose essenziali, sapeva fare il
pane. Era una società molto più felice di quella che è oggi. Dico tutte queste
cose perchè ritengo che si debba parlare di queste cose, perché se, adesso vi
dico, ci limitiamo tutti a mettere il voto nell'urna e poi avvenga quel che
avvenga, cioè si vive da incoscienti e non ci si rende conto in che società, in
che tipo di sviluppo noi andiamo avanti, siamo degli sciagurati, tutti quanti.
Quindi bisogna rendersi conto di che tipo di sviluppo e di che tipo di società
mettiamo su.
Ecco, voi vedete, per esempio, che il papa Wojtyla riceve un'accoglienza fredda
o addirittura gelida nei paesi opulenti e ricchi come la Svezia. Però è accolto
come il papa che porta sulle sue insegne il papa barbaro, il papa espresso dal
comunismo, che viene nei regimi comunisti, nei regimi diciamo schiavisti, viene
accolto da folle enormi che gli vanno incontro in nome della libertà, della
Patria e della religione. E, allora, vedete che la pianta uomo, ecco, nei due
emisferi, nell'emisfero che si sta sfacendo, però quell'uomo che è cresciuto
nella sofferenza del comunismo, la pianta, la radice l'ha conservata; da noi,
nel consumismo, l'uomo è disfatto, è decadenza. Ecco perché si preferiscono le
cose. E in tutto questo quadro, voi lo vedete, che a soffrire di più sono
specialmente le donne e i nostri figlioli.
Ho letto questa lettera per introdurre un discorso sulla Democrazia Cristiana.
Ecco: che cos'è la Democrazia Cristiana? In definitiva è stata il veicolo che ci
ha condotto a questo sviluppo e che su questo sviluppo crea i suoi successi. La
Democrazia Cristiana rinasce sempre, rifà, ricuce il suo potere, in tutte le
situazioni. Si riprende, anche quando piglia le batoste. È una figlia del
potere, si
[...]
Ma la Democrazia Cristiana, visto che questo è il paese meno cristiano d'Europa,
ed è il meno cristiano d'Europa, che cos'è la Democrazia Cristiana? Eh, l'avete
notato anche voi che all'interno del sistema partitico democristiano ci sono
delle organizzazioni come "Comunione e Liberazione" che dicono alla Democrazia
Cristiana «tu sei il partito della banca e non sei il partito di Cristo». Gli
dicono «se Cristo tornerebbe, a pigliarvi a pedate nel sedere e a buttarvi fuori
dal tempio sarebbe lui. Voi non siete il partito di Cristo, siete il partito
degli affari, della banca, della lottizzazione, degli intrallazzi e soprattutto
siete il partito che attraverso la trippa, diciamo, l'ingrassamento degli
italiani, di una parte degli italiani, mantenete il potere».
L'eternizzazione della Democrazia Cristiana al potere ha queste radici e ha
queste origini, oltre al fatto che qui in Italia, da 44 anni a questa parte,
l'alternanza di governo non esiste, cioè io, che ho avuto la fortuna di essere
un democristiano, posso governare, e governo, da 44 anni non pagando mai lo
scotto delle malefatte che faccio, perché io rimango sempre al potere. È la
eternizzazione della Democrazia Cristiana, che è poi la causa anche del
terrorismo e della mafia, perché se io non posso, cittadino, punire quell'eletto
che ha rubato o che ha fatto delle cose ignobili, è evidente che il sistema non
funziona, che il tipo di rifiuto va in quel senso lì, si va nella noia, si va
nella droga, si perdono le speranze, non c'è più bandiera, ecco. La Democrazia
Cristiana è il partito che ha tolto tutte le bandiere. Innanzi tutto la prima
bandiera che ha distrutto è quella proprio del social-cristiano. Cioè si è
servita, inizialmente, la Democrazia Cristiana, dei princìpi di Cristo, ma poi
ha capito che coi princìpi di Cristo il suo successo non ci sarebbe stato o
sarebbe stato relativo.
E la Democrazia Cristiana ha operato un trasbordo della società italiana. L'ha
portata dove? L'ha portata in Occidente. Questa operazione di ordine psicologico
la Democrazia Cristiana l'ha fatta, e l'ha fatta con profondità, tanto è vero
che sono nati dei modelli, di uomini e donne, modelli di umanità, sconosciuti
all'Italia. Oggi è tutto diverso. La Democrazia Cristiana non è stato un fatto
banale, è stato un fatto importante, perché ci ha cambiati tutti.
E voi da che cosa lo vedete che siamo trasformati? Dal cinematografo. I films di
Antonioni, per esempio, la incomunicabilità. Il films del regista Antonioni sono
caratterizzati da intrecci in cui l'uomo e la donna non si capiscono o non c'è
più colloquio, non si sa più parlare. Siamo alla afasia, cioè la mancanza di
scambi. I films di Fellini, del grande regista Fellini, sono la punta della
fantasia. Anche quello è un fenomeno tipicamente del fatto, di modelli
[…]
e
il modello degli italiani fu descritto da Alberto Sordi. Li avete mai visti?
L'italiano descritto da Alberto Sordi è un italiano che a me fa schifo: è un
italiano bugiardo, vigliacco, che ne fa di tutti i colori. Ma, insomma, questa è
la trasformazione che la Democrazia Cristiana ha operato portandoci in
Occidente, cioè troncando le radici autentiche dell'italianità e della memoria
degli italiani e portandoci in un mondo che è il modello di vita americano.
Questa è l'operazione che ha fatto la Democrazia Cristiana. Ci ha tolto la
memoria, ci ha tolto.
Ecco perché, amici di Modigliana, arrivati al punto in cui il comunismo è in
disfacimento, il nemico principale che resta e che resta da abbattere, è la
Democrazia Cristiana. Perché bisogna ritornare ad avere memoria, ad avere
sentimenti, ad avere bandiere, ad avere prospettive, ad avere ideali.
Perbacco, come si fa? I nostri ragazzi… quali sono oggi le prospettive che si
aprono al proprio ragazzo? Ecco, si parla di questa Europa, ma questa Europa è
una finzione, è un'Europa… non è l'Europa della partecipazione popolare, non è
l'Europa dell'ambiente, non è l'Europa dell'informazione. È l'Europa degli
affari loro. Io ho letto a Cesena cosa pensano loro dell'Europa. Cosa pensano
loro intendo i partiti dirimpettai, non i nostri partiti, dal Partito Comunista
alla Democrazia Cristiana, che cosa pensano loro di questa…
... ho delle dichiarazioni che loro hanno fatto…
... sono dichiarazioni quanto mai…
Scusate, ma in questo momento non riesco a trovare gli appunti
[Niccolai non riesce a trovare, tra i suoi appunti, le suddette dichiarazioni]
… comunque, non lo trovo…
ecco, per esempio, a questo Parlamento Europeo Gian Carlo Pajetta, che è stato
eletto coi voti del Partito Comunista non c'è mai andato, mai una volta. Natta,
che è, va bene per la sua malattia, ma c'è andato due volte sole. La Castellini,
che è una deputata europea, dichiara che il Parlamento non serve a nulla. Il
deputato Negri, Partito Radicale italiano, che si ricandida un'altra volta nella
lista della Socialdemocrazia, ma è nel gruppo dei radicali, dice: «guardate che
c'è un tacito patto che si stabilisce fra l'istituzione del Parlamento europeo
con noi. Noi ci divertiamo, ma come parlamentari non contiamo nulla perché
questo Parlamento -amici di Modigliana- non ha poteri, se non di amministrazione
e di proporre, così, delle… a livello di proposte. Non legifera».
E voi sapete benissimo, in quanto a divertimento, che questi deputati europei,
dal punto di vista del portafoglio, si trattano molto bene perché hanno una
indennità che fra tutto, fra rimborsi, portaborse, ecc., supera di gran lunga i
20 milioni al mese, senza far nulla. Ora, questa Europa, evidentemente, non
interessa, anche perché i grandi processi di unificazione nel mondo, citavo a
Cesena, ad esempio, che gli USA si sono uniti attraverso una grande, tragica e
drammatica guerra civile tra il Nord industriale e il Sud agricolo è costata
700.000 morti, quella guerra che la vediamo un po' illustrata dalla
cinematografia americana. Sicchè dico, questa Europa in quanto… questa Europa di
Strasburgo è un'Europa che non ci… non è la nostra Europa. Questo però non
comporta, amici di Modigliana, fare la politica della diserzione, non andare a
votare… bisogna andare a votare, ci sono condizioni… però, assolutamente,
sottolineiamo che finchè, in questo Paese, non si ritorna, o nei paesi altri
europei, non si ritorna ad innalzare bandiere, ad innalzare ideali, a innalzare
prospettive e a dare speranze, questa Europa non nasce.
Questa è l'Europa degli affari, solamente è l'Europa dei protocolli, l'Europa
degli scambi, importantissimi, perché anche non fare l'Europa costa, in quanto
tutte le operazioni doganali, i titoli di studio che non sono validi in un Paese
e nell'altro, i problemi di dogane, comporta un costo che è stato quantificato
in 180.000 miliardi. Bisogna lavorare perché questa Europa venga costruita, ma
bisogna lavorare anche avendo la lucida convinzione che queste strade che si
stanno battendo sono strade sbagliate e non portano all'Europa, portano
all'Europa del denaro e delle direttive dell'economia e il denaro e le direttive
dell'economia quando prendono il sopravvento fanno impazzire le società, amici
modiglianesi, questo è il punto. Ecco perché vi ho letto quella lettera.
C'è però, anche, un fatto: che in Italia, oltre ad avere questi fenomeni di
disfacimento e di dissolvenza, l'Italia porta con sé, avvicinandosi anche
all'appuntamento dell'unificazione europea dal punto di vista economico, porta
con sé dei mali terribili, come quello rappresentato dal fenomeno mafioso. La
guerra italiana continua, perché noi abbiamo una guerra. Leggevo, non so se ce
l'ho qua, speriamo di sì, un manifesto che è stato emesso in questi giorni da
comitato pro vittime della mafia e che riporta, che dice: «si muore anche in
Italia». Cioè, non si muore solo sulla piazza della pace celeste a Pechino, ma
si muore anche in Italia, e ci sono le cifre: gennaio 1983 e settembre 1988,
sono 5 anni, non si parte nemmeno dal 1946, si dice ci sono stati 3.534 morti di
mafia. La guerra italiana continua.
Ecco, mi direte a me… questo fenomeno della mafia… questo fenomeno della mafia è
un fenomeno non legato a Palermo o a Catania; è legato all'interesse anche da
noi. Perché se ci fate caso, come mentalità, come comportamento, come modello
umano, la mafia è penetrata in tutti noi. Noi basta… basta... il contatto con la
mafia lo abbiamo anche entrando nei luoghi di dolore: guardate gli ospedali,
certi esami che possono essere fatti solamente se si trova la via mafiosa di
arrivare a far sì di avere l'autorizzazione per quell'esame...
O, addirittura, nei cimiteri. Roma, ad esempio, il cimitero di Roma è in mano
alla mafia. Le salme non si seppelliscono, perché c'è la mafia, c'è le tangenti
sui loculi, perfino da morti. Guardate il fenomeno della tangente. A Udine, dico
a Udine, tutte le pizzerie pagano il pizzo, cioè pagano la tangente, se non
vogliono avere guai. Dico a Udine. Dico, che so io, dico Torino, dico Milano.
Cioè, è un fenomeno che è diventato nazionale.
Mi direte voi: perché? Perché la mafia, se ci fate caso, è stata
ri-istituzionalizzata negli anni. Questo regime, questa Repubblica Italiana
nasce proprio in Sicilia, con lo sbarco alleato nel luglio del 1943 grazie
all'aiuto che le truppe anglo-americane hanno dalla mafia internazionale. Ho
ricordato a Cesena un episodio dell'ergastolano Lucky Luciano che era a Sing
Sing in America all'ergastolo, viene liberato, prima dello sbarco, viene
paracadutato in Italia a Villalba dove c'era il feudo di don Calogero Vizzini,
il grande boss mafioso, il capo, il papa della cupola, organizzano lo sbarco e
continuano ad organizzare la marcia delle truppe anglo-americane che via via
«liberano», diciamo così, fra virgolette, i paesi e le città della Sicilia.
Nominano chi? Nominano gli ex mafiosi come sindaci o a posti di responsabilità
pubblica. Cioè, la mafia viene istituzionalizzata con lo sbarco.
Lo Stato italiano con la mafia compirà la seconda operazione con la vicenda
Giuliano. Questo stato bandito che è un bandito che cresce d'importanza via via
perché Giuliano ammazza un carabiniere per un sacco di grano. Poi diventa
importante, non si è mai saputo come, perché.
Io sono stato dieci anni in Commissione antimafia e queste cose ve le posso dire
perché i documenti li abbiamo visti. Giuliano, ad un certo, determinato momento,
diventa importante, al punto tale che gli viene delegato il compito di compiere
in Italia la prima strage italiana. La prima strage italiana non è quella di
piazza Fontana, la prima strage italiana, dove ci furono più di 100 feriti e una
ventina di morti, è quella di Portella delle Ginestre, del 1° maggio 1947, e la
compie Giuliano. Chi abbia delegato Giuliano a compiere quella strage non si è
mai saputo, perché Giuliano lo hanno ammazzato, lo hanno voluto morto. Anche
qui, non so se qualcuno di voi, avete sempre visto il filmato che ha fatto un
certo scalpore e sapete benissimo la storia, meglio di me, perché Giuliano
poteva essere benissimo catturato vivo. Non si riusciva a catturarlo, però gli
ispettori capi di polizia, gli ufficiali dei carabinieri e gli ufficiali di
polizia avevano contatti quasi periodici con Giuliano. Si racconta l'episodio
dei grandi magazzini di Palermo, dove il capitano Perenze dei carabinieri porta
Giuliano a comprarsi i vestiti per il giorno di Natale, a comprarsi il
panettone. Si racconta la lotta tra carabinieri e polizia, per cui i carabinieri
ammazzano il braccio destro di Giuliano, il bandito […]
e
gli trovano in tasca il lasciapassare del Ministero degli interni. E questo
pluriomicida girava per la Sicilia con un lasciapassare rilasciatogli dal
ministero degli interni.
Perché vi dico queste cose? Perché, amici di Modigliana, queste cose le avete
vissute e le vivete ancora oggi. In tutte le stragi che sono susseguite voi
troverete gli stessi identici fatti che si sono verificati con il bandito
Giuliano. Ustica, piglio l'ultima, l'aereo che è caduto, sapete la verità?
Perché? E Ustica precede la strage di Bologna di una settimana. E si dice che la
strage di Bologna sia stata messa in atto per distogliere l'attenzione da quegli
81 morti provocati da quel missile
[…]
del DC9 di Ustica.
Cari amici di Modigliana, questo il motivo, per cui molti di noi, io, voi,
possiamo pigliare il treno e saltare per aria. Possiamo pigliare un aereo e
saltare per aria, possiamo girare per strada ed essere ammazzati. E il fatto
della mafia che ammazza Giuliano, ma pensate quale prestigio la mafia viene ad
avere in Sicilia dal fatto che lo Stato gli si rivolge e le dice: «mafia, io ora
ho interesse ad eliminare Giuliano, lo voglio morto. Eliminamelo tu».
Le relazioni di maggioranza e di minoranza della Commissione antimafia del 1976,
la più importante, lo scrivono a chiare lettere che il prestigio della mafia è
nato proprio dal fatto che lo Stato si è rivolto alla mafia per ammazzare
Giuliano e l'ha voluto morto, sasso in bocca, perché Giuliano avrebbe parlato.
E poi il caffè di Pisciotta come quello di Sindona. Pisciotta muore avvelenato
all'Ucciardone. Pisciotta, luogotenente di Giuliano. Muore per il caffè anche
Michele Sindona, che anche Michele Sindona, la nostra relazione di minoranza
parla come di un trafficante di droga,
[...]
dietro i loschi affari che faceva con Andreotti e con altri grandi personaggi di
questo Paese. Questo è il Paese che va in Europa, portandosi simili fardelli.
Quale Italia, come fa questa Italia a potere agire in un contesto, in un
concerto di nazioni che, indubbiamente, hanno i loro difetti e i loro mali, ma
non sono al punto in cui siamo noi, amici miei. Vedete che ora, per esempio, se
siete attenti lettori di giornali, vedrete che si sta programmando
[...]
come si programmò la morte del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, si sta
programmando la morte -lo dico con estremo dolore e con estrema sofferenza, e
Dio voglia che sia smentito- ma lo debbo dire perché la stessa identica polemica
che precedette l'assassinio di Dalla Chiesa si sta sviluppando ora nei riguardi
di Domenico Sica, cioè i pieni poteri a questo commissario che il governo ha
eletto
[...]
non glieli vogliono dare. Perché, direte voi? Qui e l'altra considerazione che
lascio alla vostra coscienza. Domandatevi perché in Italia il terrorismo e
soprattutto la mafia non è stata battuta. Il terrorismo è stato abbattuto e
Dalla Chiesa lo ha abbattuto. Perché i signori politici hanno sentito il
terrorismo come nemico, ma la mafia è congeniale con loro, la partitocrazia è
mafiosa, amici miei. È nata dalla mafia e allora Dalla Chiesa non diventa il
generale che può salvare l'Italia dalla mafia, ma diventa addirittura il nemico
di ciò che è congeniale a questa Italia. Tu, Dalla Chiesa, vai in Sicilia e sei
non lo stabilizzatore dello Stato, non sei il difensore dello Stato, perché vuoi
abbattere la mafia, ma sei il destabilizzatore di una situazione che noi
vogliamo che si mantenga così, perché la mafia deve, deve, deve governare, amici
miei.
E io non, non lo dico io, lo dice il "Corriere della Sera", subito dopo la morte
di Dalla Chiesa. L'articolo di fondo del "Corriere della Sera" del 9 settembre
1982. Cavallari, il direttore del "Corriere della Sera", e non del "Secolo
d'Italia": «La mafia non è più un fenomeno regionale. Dalla Chiesa muore perché
spedito al fronte senza tenere conto che dietro le sue spalle la mafia ha invaso
le retrovie, gli stati maggiori, i 2/3 del territorio nazionale. Che può fare
Dalla Chiesa se Milano è mafiosa come Palermo? Se Torino ha più cosche di
Bagheria? E se tutto si lega alla mafia
[...]
attraverso una rete ricca di ricatti, rapimenti, finanziamenti, associazioni per
delinquere, commerci internazionali di droga, sistemi finanziari
[...]
basati sulla malavita? La mafia è stata nazionalizzata, ha invaso come il
cancro, l'intero corpo della nazione e così amministra, uccide, finanzia,
ricicla, decide, giudica, scrive, lottizza il governo».
Non lo scrive qui, che so io, il segretario del MSI, lo scrive il direttore del
più grande quotidiano nazionale. La mafia governa e lottizza e ricicla. Amici
miei, dico, questa è una situazione tragica, di cui questa guerra va affrontata
e Dalla Chiesa ci rimette la vita. E nel maxiprocesso di Palermo, è venuto fuori
il diario del generale. E il generale racconta, in una pagina di questo diario,
quanto gli capitò a lui, che era colonnello, comandante la Legione di Palermo,
quando ebbe notizia che a Palma di Montechiaro, paese di mafiosi, il capitano
dei carabinieri era stato quasi insultato dal boss mafioso locale che era
[…].
Dice Dalla Chiesa «io andai subito a Palma di Montechiaro, presi a braccetto il
mio capitano e ci mettemmo a passeggiare nel centro storico di questo paese, in
su e in giù, e ci fermammo, ostentatamente, davanti alla casa di questo boss per
far vedere che io, colonnello, avevo preso a braccetto il mio capitano e non lo
lasciavo solo. Oh -dice Dalla Chiesa in questo diario- quanto vorrei che ci
fosse qualcuno che mi prendesse, anche a me, per mano».
Invece Dalla Chiesa era stato lasciato solo e lo dichiarò a Bocca, otto giorni
prima di morire. «Vede Bocca -disse a quel giornalista di "Repubblica"- io
morirò perché sono diventato troppo potente e i potenti danno noia. Ma morirò
-lo ha detto 8 giorni prima, scritto sul giornale "Repubblica" in questa
intervista- perché sono stato lasciato solo».
Lo hanno lasciato solo a morire, amici di Modigliana. Ecco perché mi sono voluto
dilungare su questa vicenda della mafia per dirvi che questa Italia, governata
da questo tipo di sviluppo, non è possibile, non è un'Italia che si può lasciare
ai nostri figlioli. È un'Italia che va cambiata, che va mutata. E se a questo
poi aggiungi che noi abbiamo un sistema parlamentare che è unico al mondo, che
non esiste da nessuna parte, nemmeno nei paesi più... più... più incivili,
diciamo. Un sistema parlamentare dell'800 che va, tanto per darvi una immagine,
una carrozza dell'800, mentre oggi siamo nell'era dei jet, del nucleare, dei
microprocessori, dei satelliti. C'è una sonda che sta navigando da sette anni
verso il sole, amici miei. E noi abbiamo sistemi parlamentari che non decidono.
Voi vedete che hanno fatto una crisi di governo sette giorni dopo che lo stesso
Parlamento aveva dato la fiducia al governo. Una cosa incredibile.
Abbiamo un sistema parlamentare dove i singoli deputati non contano
assolutamente nulla. Contano le gerarchie partitiche, i capi di governo, i capi
cosca. Sono loro che si radunano e poi decidono e vengono a dirti: «deputato vai
in aula e vota per noi»; e questi vanno, come i corpi di ballo. Poi quando si
devono occupare del problema del contadino, dell'industriale, del commerciante,
dell'artigiano, del professionista, se ne fregano
[…]
Si
devono contare alle elezioni europee e lasciano l'Italia tale e quale. Ma ci
avete fatto caso? Cosa conta l'elettore italiano? L'elettore italiano, conta?
Quando l'elettore l'italiano ha messo il voto nell'urna è belle seppellito, ha
delegato i partiti a pensare per lui.
Mentre negli altri sistemi politici, come in Francia, come in Inghilterra, come
negli stessi Stati Uniti d'America, il cittadino, l'ultimo giorno elettorale,
che va a casa, si mette davanti al televisore e guarda i risultati. Appena ha
visto l'ultimo risultato, sa benissimo chi governerà per cinque anni. Lo sa!
Sarò governato da Jimmy Carter o sarò governato da George Bush. Lo sa.
Ma quando voi avete messo la scheda nell'urna, qui a Modigliana, in un'elezione
politica, lo sapete che vi governerà? O non sarete destinati ad assistere a
quelle indecorose riunioni di mesi e mesi, in cui i partiti si scontrano e si
incontrano, fanno maggioranze, le disfanno... Te no, te sì... E i problemi degli
italiani dove vanno a finire? E la grande competizione mondiale per i mercati
del mondo? Come fa un prodotto italiano ad essere venduto nel mondo con un
sistema politico di questo tipo? La moda italiana, l'automobile italiana, il
frigorifero italiano, i prodotti dell'agricoltura italiana, amici miei, gli
aerei italiani, la tecnologia italiana, la ricerca italiana, ma come fa davanti
ad altri sistemi politici ed istituzionali che funzionano?
La Thatcher dopo 12 giorni dal voto è già al tavolo di lavoro, così
[…]
così Bush, così Mitterand.
Amici miei, bisogna uscire da questa crisi, perché sennò il lavoro ai nostri
ragazzi chi glielo dà? Quale avvenire, quale prospettiva? Il lavoro
[...]
la
manovalanza intellettuale italiana, il parcheggio che i nostri ragazzi sono
costretti a subire dopo l'università o dopo le scuole? Come si fa, se non si
ripensa lo Stato in senso presidenziale? Ma non come vuole Craxi, cioè un
presidente della Repubblica fatto su sua misura. No, un presidente della
Repubblica che abbia i poteri anche lui di fare il governo e può chiamare al
governo anche persone che non sono elette, ma che siano competenti.
La professionalità, la competenza, amici miei. E questo mondo è il mondo della
tecnica, amici miei, sennò non si esce assolutamente dalla crisi. La crisi poi,
è dentro di noi perché è anche una crisi d'animo. Ho detto che non abbiamo
bandiere e ho detto che le ultime bandiere sono quelle degli
[…]
e
di non avere più memoria.
E a proposito della memoria, che cos'è la memoria? Dico sempre questo termine,
la memoria è la Nazione. La Nazione sono le tradizioni, è il ricordo di ciò che
i nostri padri hanno fatto ieri, cioè i nostri padri la terra non l'hanno
abbruttita o inquinata come la stanno inquinando oggi, ma l'hanno protetta dai
fiumi, l'hanno protetta dal mare, l'hanno ingentilita, c'hanno fatto le
cattedrali rinascimentali, hanno fatto le canalizzazioni, hanno ingentilito i
campi. L'hanno resa bella questa terra, amici miei.
Dovrebbe essere poi questo il nuovo patriottismo. Il patriottismo che difende la
chiesa rinascimentale, l'acqua, il fiume, il mare, cioè il sapore della vita. E
che cosa volete che la vita abbia un sapore, quando io mi debbo tuffare
nell'Adriatico inquinato. Il sapore della vita di sapere, per esempio, che se io
mangio una mela questa è piena di pesticidi che possono dare il cancro.
E questo non è patriottismo? Difendere la propria patria da questi attentati? È
questo, è dare un senso alla vita, ridargli un sapore perché sennò la vita non
ha senso. Perché si vive? Perché? Perché cosa si vive? Ecco perché dicevo la
memoria. La memoria deve ritornare.
E se vedete, gli ultimi avvenimenti che la mondializzazione dell'informazione,
che sta avvenendo davanti agli occhi tutti i giorni, ciò che succede in Polonia
dove il consenso popolare in un paese comunista annulla il comunismo con il
voto. Rendetevene conto, è un fatto molto più sensazionale dei morti della
piazza della Pace Celeste, il fatto polacco. Il consenso che viene, il comunismo
che si sgela e che finisce, con il consenso.
È la prima volta che sentiamo un cittadino di un paese comunista dire un voto
d'anima, questo voto d'anima ha sciolto il comunismo.
[...interruzione video].
Ciò che è avvenuto sulla piazza della Pace Celeste di Pechino… il piombo,
diciamo così, a prescindere da chi ha sparato, ma il piombo delle pallottole che
hanno ucciso i ragazzi di piazza della Pace Celeste, è fuso dello stesso piombo
che a Como, 44 anni fa, ammazzò Benito Mussolini. Reo e colpevole, amici
modiglianesi, di avere anticipato tutto. Ecco la memoria. Di avere detto
quarant'anni, quarantaquattro, cioè settanta anni fa, 1918, quello che sarebbe
stato il Comunismo, perché Mussolini quello che sta avvenendo lo scrisse su
"l'Avanti!",
[... interruzione video] …
in Italia, che ancora si chiamava "quotidiano socialista", rivolto a ciò che
avveniva in quel momento in Russia, dove Lenin prendeva il potere, disse:
«guardate che voi non realizzate il socialismo, voi realizzate un'autocrazia che
ha i suoi zar, i suoi arciduchi e i suoi carnefici. Voi innalzerete le forche».
Lo disse nel 1918, lo scrisse.
Ecco la memoria, ed ecco, amici miei, che è giusto che capiti oggi, a 44 anni
dalla sua morte, forse nel '45 era impossibile che certe cose avvenissero.
Dovevano avvenire quello che è avvenuto e quello che sta avvenendo, ma di tutto
questo, di tutto quello che sta accadendo nei riguardi del comunismo, amici
miei, per cui perfino Achille Occhetto organizza comizi anti-comunisti sotto
l'ambasciata cinese.
Non si erano mai viste certe faccende, i comunisti ad organizzare comizi
anti-comunisti, ma questo va a vanto della piccola Italia del 1922 che fu la
prima nazione del mondo ad innalzare la bandiera anti-bolscevica e
anti-comunista, mentre tutte le liberali democrazie tubavano o collaboravano con
il comunismo, amici miei.
Perché la sola nazione italiana aveva con il massacratore Den, un giro d'affari
di 3 mila miliardi. Ora si scandalizzano, ma gli affari con il comunismo, il
Vaticano, la Chiesa, il capitalismo italiano, il capitalismo mondiale, la
finanza internazionale li hanno fatti gli affari, amici miei e continuano a
farglieli fare, perché da quanto dichiara Bush, non vuole rompere le relazioni
affaristiche con la Cina, perciò il massacro degli studenti è già acqua passata.
Qui si entra in fattori dove l'esame di coscienza deve essere fatto fino
all'ultimo punto. Ecco perché bisogna ritornare alle memorie e questa battaglia
bisogna condurla fino in fondo, che è una battaglia che non ci deve portare,
amici miei, a dire ha vinto il capitalismo.
Dio ce ne guardi e liberi. Il comunismo si sta sfacendo, ma il capitalismo non
è, nella maniera più assoluta, la formula che sostituirà l'organizzazione
dell'uomo nel mondo.
Il capitalismo, amici miei, ha i suoi genocidi, i suoi eccidi e i suoi morti.
Ecco qui bisogna cercare di organizzare il mondo secondo i princìpi di una terza
via che nel 1922, agli inizi del ventesimo secolo, la piccola Italia tentò di
dare al mondo, amici di Modigliana.
Ecco perché questa battaglia va combattuta e va combattuta con coraggio. Voi mi
direte: «ma ne varrà la pena?» Bisogna farla questa battaglia, per dare speranze
e per dare prospettive a questi…. per dare, per ridare un ruolo all'Italia nel
futuro, un progetto italiano. Che ci sta a fare l'Italia nel mondo? Quale
destino? Quale luogo? Come difendiamo i nostri ragazzi? Il loro lavoro, la loro
vita? Quale bandiera?
Ecco perché dicevo che se ieri era giusto il patriottismo concepito come
nazionalismo anche esasperato -perché tutti facevano dei nazionalismi
esasperati- Mussolini rispose per dare, per tentare di dare un pezzo di pane
agli italiani, ricorse agli strumenti con i quali tutti gli altri, a cominciare
dalle grandi democrazie, erano ricorsi. Mussolini ci portò in Africa, ma gli è
andata male, l'hanno messo a piazzale Loreto, con la testa all'ingiù. Va bene?
Però, ammesso anche che abbia sbagliato, ammesso anche, ammesso anche che il
fascismo sia il figlio gobbo della storia d'Italia, ma che un padre che ha un
figlio gobbo, questo padre lo butta fuori in strada? Lo picchia o lo uccide? O
in quanto è un figlio gobbo, lo tratta con maggior cura, con maggior passione e
con maggior amore? La storia d'Italia, tutta la storia non si può ingannare, la
storia appartiene a tutti, amici miei.
Ma il fascismo non fu il figlio gobbo della storia italiana perché, per esempio,
questa missione nel mondo, quando tutti al comunismo si inchinavano è stata
realizzata, ed ecco che il fresco messaggio di Mussolini comincia ad essere
capito solo ora. Non poteva essere capito prima, al punto tale che la logica
della storia ha voluto metterci lo spirito. Per 44 anni hanno detto agli
italiani «non commemorate Mussolini, non celebrate Mussolini, se no andate in
galera». È stato un bene, perché forse 44 anni o anche forse 20 anni fa,
Mussolini non sarebbe stato capito. Comincia ad essere capito ora, e ce ne
vorranno ancora altri 50 per arrivare alla definitiva comprensione di ciò che
Mussolini ha voluto essere e che cosa è stato nell'Italia e nel mondo. Perché
Mussolini è stato il continuatore del Risorgimento italiano e con la morte di
Mussolini si ha la fine del Risorgimento italiano. L'Italia è grande e torna ad
essere l'Italia piccola e vile. L'età della mafia.
Ma, amici miei, questa fuga della storia sta finendo. Ed è finita forse con la
morte di un altro uomo politico, grande nella sua non positività: Aldo Moro.
Perché voi vedete che dal 1945 al 1978, era il periodo della fuga dalla storia,
Aldo Moro che cos'ha rappresentato? Aldo Moro è l'uomo politico che, prima di
ogni altro, capisce che sono finiti tutti gli ideali. È finito il cristianesimo,
è finito il socialismo, è finito il comunismo, è finito tutto. E allora dice
Moro «mettiamoci d'accordo, mettiamo il comunismo insieme al cristianesimo,
facciamo queste orribili minestre» e per far questo Aldo Moro inventa il nuovo
linguaggio della democrazia cristiana, linguaggio oscuro.
La democrazia cristiana procede oscuramente, procede sempre mascherata.
Attenzione ai comunicati della democrazia cristiana perché i comunicati della
democrazia cristiana possono essere sempre letti controluce. Non ci capite
nulla... Dice «acqua fresca» questo comunicato. No, ci sono due o tre righe
oscure in quei comunicati che sono indirizzate ai mafiosi, che hanno un cifrario
e si capiscono fra di loro. Ecco perché, a un certo determinato modo, porta la
democrazia cristiana all'accordo del '79 con il partito comunista italiano, per
il linguaggio oscuro. Ma viene ucciso Moro. Viene ucciso dai colpi di coda
dell'utopia rivoluzionaria. C'erano dei ragazzi assatanati dalla cultura
ideologica del marxismo che l'ammazzano dicendo «tu hai ucciso le nostre
speranze, tu ci dai questi minestroni orribili -comunismo e cristianesimo- che
non sono digeribili e noi ti uccidiamo, in nome delle nostre speranze».
Il delitto Moro è un delitto culturale, ma voi avete visto che quando Moro
muore, le piazze italiane si spopolano. Bandiere rosse e bandiere bianche che si
incontravano ritornano tutte nei propri centri. I genitori si chiudono i
figlioli in casa, si ha un periodo della rimeditazione, dove fresco il ricordo
di Mussolini rispunta e l'Italia rientra -vedete i fatti di Sigonella- rientra
divinamente a fare storia, alla volontà di rendersi protagonista, al tentativo
di dare un ruolo ai nostri ragazzi, e qualche bandiera.
Ecco, questo è il nostro messaggio che bisogna portare e lo dobbiamo fare con
coraggio.
Non alziamo le mani in segno di resa, ma combattiamo.
Grazie.
Beppe Niccolai
[Applausi e
ringraziamenti]
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il segretario del MSI di Modigliana
Valentini Marino,
organizzatore della riuscitissima conferenza |
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