Da A tutta destra
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7 aprile 2011
Perina, Briguglio, Granata
e Raisi:
tutti allievi di Niccolai
Ruggiero Capone
Flavia Perina, Carmelo Briguglio, Fabio
Granata, Enzo Raisi… tutti eredi d'un malessere che serpeggia negli ambienti
missini fin dagli anni '50. Prima di loro la voglia di dialogo a sinistra, di
mettere il MSI in rapporto proficuo e collaborativo con i comunisti, l'avevano
avvertita Beppe Niccolai e Pino Rauti.
E prima ancora i fascisti rossi che, reduci della Repubblica sociale, avevano
optato per il PCI di Togliatti piuttosto che rinforzare la politica borghese
filo-atlantica.
Beppe Niccolai incarnava l'anima della sinistra nazionale missina negli anni
'70, erede di quella visione alla Berto Ricci che si contrapponeva alla svolta
borghese.
«Da missini lottavamo e credevamo in un programma socialista» ricordano seguaci
di Niccolai come Vito Errico. E di Niccolai membro della Commissione
parlamentare antimafia (dal '72 al '76) Leonardo Sciascia disse ai microfoni
dalla televisione francese «la relazione di minoranza presentata in Commissione
Antimafia da Beppe Niccolai era una cosa seria».
Dal PCI qualcuno aggiunse "una cosa di sinistra". Erede di quel malessere è
stato Pino Rauti, che nel 1990 al congresso di Rimini batteva Fini alla corsa
per la segreteria. Fini si diceva di destra e Rauti di sinistra, ma il fondatore
di Ordine Nuovo (Rauti) non riusciva ad arrestare l'emorragia di voti a seguito
della morte di Almirante.
Nel 1991, dopo la sconfitta alle amministrative e poi alle regionali siciliane,
un golpe tatarelliano nel Comitato centrale del partito destituiva Rauti e
restituiva d'imperio la segreteria a Fini.
Perina, Briguglio, Granata, Raisi… erano tutti con Rauti e Niccolai, e contro
Fini e Pinuccio Tatarella: Italo Bocchino era all'epoca un fanciullo, poi andò a
bottega da Tatarella.
A distanza di decenni, nel FLI di Fini è nuovamente in atto una lotta intestina.
Granata e Perina si sentono sinistri seguaci dell'eresia dei Berto Ricci,
Marcello Gallian, Louis Ferdinand Céline e Julius Evola. Così senza accorgersene
si trovano contrapposti ai destri Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Giuseppe Consolo.
Nel FLI sopravvive un pezzo di cultura del Ventennio, la stessa che partoriva un
fascismo anti-borghese e anarchico dopo la parentesi della Repubblica sociale.
Tra il '46 ed il '50 in tanti si divisero tra l'adesione al PCI e la militanza
nell'extraparlamentarismo missino.
In quel periodo le forze socialiste rivoluzionarie rientrarono nell'argine
rosso, erano neri fuori e rossi dentro, come lo stesso Mussolini aveva più volte
detto. Granata che oggi si dice col "Popolo Viola", con l'IDV o con Vendola,
continua a far rivivere la linea di confine nazionalrivoluzionaria missina, la
stessa che vide alcuni repubblichini come Dario Fo e Mauro De Mauro scegliere il
PCI.
Col PCI o col MSI di sinistra mantenevano la linea politica repubblicana,
antiborghese ed anticapitalista, anticlericale imbevuta della mistica
risorgimentale, laica, mazziniana e garibaldina. I reduci dalla RSI avevano
incarnato l'istanza rivoluzionaria ed anticapitalistica del primo fascismo.
Ed oggi per alcuni reduci di An transitati in FLI si riapre il dilemma: tornare
a destra o andare a sinistra? Nulla di nuovo. Sono fascisti rossi, più
prosaicamente fascisti di sinistra: un movimento politico, culturale, che solo
in parte affonda le radici nei Fasci di Piazza San Sepolcro nella Milano del
1919.
Mussolini aveva promesso loro il socialismo, poi aveva creduto possibile
coniugare le istanze nazionaliste con interessi di agrari, industriali ed
aristocrazia. Per vent'anni c'era riuscito. Ma nel 1947, venuto meno il Duce,
gli anarcoidi (antenati di Granata e Briguglio) ritennero giusto opporsi
all'Italia sotto il tallone americano, riorganizzando le loro istanze sociali
sotto l'ombrello del più potente partito comunista d'Europa, il PCI.
In quei frangenti postbellici si delineava la missione d'un Partito nazionale
degli ex fascisti di concerto con il PCI. Togliatti recuperava al voto comunista
centinaia di migliaia di ex-fascisti ed RSI, perché apertamente socialisti,
anticapitalisti e propensi alla guerra contro gli angloamericani piuttosto che
contro l'URSS.
Un Partito Nazionale che non esiterà un attimo a fare da cassa di risonanza alla
politica del PCI, mantenendo però quella larga autonomia che doveva servire a
rivendicare orgogliosamente il trascorso fascista. È la politica togliattiana di
"pacificazione nazionale".
Quelli di FLI sono come i fascisti rossi del dopoguerra che condannavano le
forze di destra, ritenendole a servizio della DC, degli americani, del Vaticano,
dei capitalisti, dei borghesi. Quei fascisti erano ormai persi alla causa
anticomunista, erano diventati dopo la guerra rossi sia fuori che dentro.
Nemmeno il primo MSI poteva dirsi immune alla frattura tra una sinistra
repubblichina ed una destra che credeva nella svolta moderata di Michelini. La
sinistra missina anticapitalista reputava giusto un dialogo col PCI. Scelta che
avveniva mentre la parte destra del MSI si schierava con i nascenti capitani
d'industria del Nord.
Il MSI di sinistra, vicino a Rauti e Beppe Niccolai, prenderà le distanze anche
da Almirante: negli anni '70 accusavano il successore di Michelini d'essere
ruota di scorta della DC, delle Forze Armate e della CIA. Sembra ieri che Flavia
Perina, Carmelo Briguglio, Fabio Granata, Enzo Raisi... organizzavano i campi
Hobbit con Rauti. All'epoca osteggiavano Fini, espressione dalla borghesia. Oggi
lo stesso malessere di sinistra frantuma FLI e segna l'estinzione politica di
Gianfranco Fini. Nulla di nuovo, Granata va oggi con i Viola come ieri Dario Fo
col PCI. Se Granata aderisse all'IDV completerebbe un ciclo naturale,
altrettanto se Urso e Ronchi tornassero a destra, nel PDL.
Ruggiero Capone
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