DICONO

"Proposta", Anno VI, n° 6, novembre - dicembre 1989

 

Eppure il vento soffia ancora

Peppe Nanni

 

Sorrento, 1987, platea del Congresso. Beppe ha appena finito di parlare: «Beppe Niccolai, sei bravo e non io sai!».

È il canto corale gridato dai ragazzi di tutte le età in piedi sui gradini della sala. Solo quel clima di stato nascente -dove l'entusiasmo collettivo sembra preparare lo stampo di fusione di una rinnovata identità-, solo quel motto diffuso, spontaneo, anonimo e profondo, poteva trovare le parole giuste per chiamare Niccolai. E per rispondere al suo appello, forte e discreto, l'appello ad un inconscio comunitario che deve ritrovare le ragioni dell'impegno e un nuovo slancio vitale e creativo.

Ma il discorso di Sorrento che qui riproponiamo, non nasce dal nulla.

«Beppe Niccolai sei bravo e non lo sai!» vorrebbero gridare anche i delegati del precedente Congresso Nazionale di Roma, prima «stazione» della «passione» di Niccolai che inizia allora a risvegliare l'anima del partito.

Ma i tempi non sono maturi e la desolata distanza tra Niccolai e i vertici del MSI è rappresentata addirittura fisicamente nel raffronto, nell'icona, tra la sua figura isolata (e quindi monacale) davanti al microfono e l'immenso palco a tre piani dove prende posto la nomenklatura di partito che nella quasi totalità non osa neppure guardarlo negli occhi.

La "Persuasione e la Retorica", direbbe Michelstaedter. Vicini, sul palco, eppure lontanissimi.

Ma non irrimediabilmente lontani.

Il gesto di Niccolai, l'incandescente eresia che allora inizia a consumarlo, non è un atto di faziosità, né mai è degradata in quell’atteggiamento rancoroso che schiaccia la coscienza di chi non regge l'esperienza del dolore e della separazione.

Al contrario, la gigantesca opera di revisione intellettuale e morale da lui intrapresa è «strumento di un'amicizia», servizio reso alla Comunità, a tutta la Comunità. Riconoscendo la libera responsabilità di ciascuno, Niccolai non demonizza chi ritiene di fare scelte diverse dalle sue.

Per questo il discorso di Roma si rivela non solo giusto ma, alla distanza, utile e fertile, e permette a Niccolai di ritrovarsi nel gruppo di "Proposta", in un laboratorio dove i rigagnoli provenienti dalle più diverse esperienze di Movimento si integrano vicendevolmente, dando vita, in embrione, all'esperimento del «Partito dialettico» dell'unità nella diversità.

Proprio quest'atteggiamento aperto, curioso, duro ma non settario è, tra gli altri, l'apporto decisivo di Niccolai nello stile del gruppo.

Certamente anche da questo punto di vista, la lezione di Niccolai è patrimonio dell'intero Movimento Sociale.

Così come è patrimonio comune l'incessante ricerca dell'Anima del Movimento che assorbe Niccolai, la spasmodica tensione in cui cerca di coniugare il più alto e rarefatto pensiero politico e le mille vicende esistenziali e organizzative che incarnano il vissuto di un partito. È l'immensa carica interiore di chi non si risparmia («... è giocoforza battere il nemico che è penetrato in noi...»), è quell'alone che circonda i discorsi di Niccolai: di fronte non esistono parole capaci di descriverlo.

E quanti hanno sentito la sua voce nei Congressi e nei Comitati Centrali sanno che, per quanto ricchi di suggestioni siano i testi scritti dei suoi discorsi, averli ascoltati è un'altra cosa. Senza esagerare, si può affermare che nelle pause, nei silenzi carichi di tensione tra una frase e l'altra, ci ha comunicato la dimensione mistica della politica.

Non doveva essere diversamente nei teatri della Grecia, quando andava in scena Eschilo.

Quanta potenza e quanta gioia interiore si debba avere per esprimere tutto ciò, è questione che giriamo volentieri ai nani «prudenti e plaudenti» che hanno parlato boriosamente di un Niccolai autoflagellante e pessimista; e che sono poi gli stessi nani che oggi piangono smarriti, senza idee e senza dignità, il crollo di quel Muro che giustificava l'anticomunismo come professione.

A proposito, quel Muro, Berlino, l'accelerazione della perestrojka: da anni Niccolai andava profetizzando e progettando su questi scenari.

E, soprattutto, su quelli successivi in cui ricucire anche la scissione del '14 in Italia attraverso una raffinata ed impegnativa stagione politica; e poi i nuovi antagonismi, e la critica della «paura della politica» accennata nell'ultimo numero di "Proposta" ...

«... Beh, sono morto, ma non voglio andare in Paradiso, voglio combattere ancora ...»: è una citazione dall'intervento che segue, una riflessione congressuale, svolta da un Amico.

Come si vede ne abbiamo parlato, ma non l'abbiamo commentata.

Perché si chiosano i discorsi passati e conclusi, non il vivente discorrere del più bravo di noi.

 

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Sii in me come l'eterno corruccio
del vento gelido, e non come sono le cose fuggitive
(...)
allegrezza di fiori.
Tienimi nella forte solitudine di rupi senza sole e d'acque grigie.
Fa' che gli dei parlino di noi serenamente nei giorni a venire,
I fiori ombrosi dell'Orco abbiano memoria di te.

Peppe Nanni