DICONO

da "La Voce del Serchio", novembre 2009

 

A vent'anni dalla morte di Giuseppe Niccolai

Piccolo ricordo di Beppe Niccolai

Ovidio Della Croce   

 

Questo è un piccolo ricordo che ho su uno strano tipo morto vent'anni fa: Beppe Niccolai. Sapete perché dico strano? Partì volontario durante la guerra e fu fatto prigioniero in Texas da dove scrisse lettere molto tenere alla moglie. Poi perché fu un esponente di spicco del MSI e al tempo stesso un eretico e in contrasto con Almirante. Fu espulso dal suo partito da Fini che lo riammise poco dopo sconfessando il suo primo atto da segretario. Fu deputato per due legislature impegnato nella Commissione Antimafia e viaggiava con una Volkswagen bigia scalcagnata; a lungo consigliere comunale e provinciale e girava Pisa in vespa. Avversò Lotta continua e difese Adriano Sofri. Crebbe in compagnia di una buona biblioteca paterna e divenne fascista.
Leggeva Pasolini (conservo gli "Scritti corsari" con note e sottolineature di Beppe Niccolai) e dirigeva "il Machiavelli", un giornale anticomunista, di attacco alla sinistra, al 25 aprile e alla Resistenza.

Ecco il piccolo ricordo. Pisa, una sera d'estate dei primi anni Ottanta. Un giorno, a casa dei miei suoceri, mi dissero che stavano aspettando "lo zio Beppe" e sua moglie, la simpaticissima "zia Roberta". Così incontrai per la prima volta Beppe Niccolai. Sinceramente ero un po' intimorito, temevo che si parlasse di politica e temevo il confronto con un politico di lungo corso. Pranzammo tutti insieme con molta cordialità. Dopo pranzo discutemmo inevitabilmente di politica e, a un certo punto, nel bel mezzo di un discorso sull'eccesso di consumismo, gli chiesi a bruciapelo con baldanza giovanile: «Ma lei tra la Russia sovietica e l'America consumistica dove sceglierebbe di vivere?». Risposta incredibile di Niccolai: «In Russia».

Allora replicai incredulo con questo sonetto del Belli:
«Cqua, mmaggni, dormi, cachi, pissci, raschi,
Te scòtoli, te stenni, t'arivorti…
Ma llà, ffratello, come caschi caschi».


Il sonetto si intitola "Sto monno e cquell'antro". Niccolai mi guardò in silenzio, forse anche intimamente divertito. Io, giovane di sinistra, mi godetti quell'attimo di felicità per aver tolto dalle mani di un fascista galantuomo un'arma formidabile. Beppe Niccolai, («Cascasse il mondo su un fico il fascista Niccolai a Pisa non parlerà», 1972), mi ascoltò con molta educazione mentre dicevo le mie idee su libertà, uguaglianza, ambiente e partecipazione. Poi mi parlò pacatamente di un vecchio filone culturale di destra che privilegiava la tutela dell'ambiente. Beppe Niccolai era esattamente come lo avevo immaginato: un fascista intero e coerente. Ma anche un po' fragile. E lo ricordo curioso in giro per Pisa e dintorni sulla sua vecchia vespa spesso con sua moglie, a volte con le sue figlie.
 

Ovidio Della Croce  

"La Voce del Serchio", novembre 2009

Ringraziamo Giacomo Mannocci che ha inviato il materiale di questa pagina.