"Millennio",
luglio-settembre 2007
Prosegue la carrellata di "ricordi" degli uomini che hanno fatto la Destra
italiana. Dopo Ernesto De Marzio, Beppe Niccolai: una «nobile bestemmia». una
anima critica. fedele alla regola di quelli che lottano in prima linea.
Quando il MSI votò come i
comunisti
Altero Matteoli
Oggi sarebbe stato con noi in AN, a
esserne la coscienza critica da pisano rompiscatole. Nelle sue
contrapposizioni, nei suoi errori e nelle sue generosità, si è
formata una generazione di politici. |
Dopo la nascita di
Alleanza nazionale (Fiuggi, gennaio 1995) mi sono chiesto più volte quale
sarebbe stata la collocazione nella politica dei nostri giorni di Beppe Niccolai
(Pisa 1920-1989), influente politico e parlamentare del MSI-Destra nazionale.
Avrebbe anch'egli condiviso la svolta di Fiuggi? O avrebbe dato vita ad un'altra
formazione politica alla destra di Alleanza nazionale? La risposta che mi sono
dato è che probabilmente Beppe Niccolai sarebbe stato con noi in AN, con il suo
atavico spirito da pisano rompiscatole a pungolarci ogni giorno con i suoi forti
ammonimenti, con il suo carattere poco incline alle mezze misure e ai facili
compromessi, ma anche con la sua innata capacità di guardare lontano, di
immaginare e "vedere" il futuro.
Per il legame umano, prima che politico, che ho avuto con Beppe Niccolai, mi
rincresce che alle giovani generazioni della Destra sia giunto poco di quanto
egli abbia rappresentato nella storia del Movimento Sociale. Non è facile
raccontarlo in un breve intervento, che non può essere esaustivo della sua
figura. Proverò a farlo, pur con tutti i limiti del caso, anche attraverso
ricordi personali e aneddoti per me indimenticabili.
UN PRECURSORE DEL BIPOLARISMO
Non prima però di aver ricordato che Beppe Niccolai, giornalista e politico, è
stato volontario di guerra in Africa settentrionale, quindi prigioniero "non
collaboratore" negli Stati Uniti d'America nel campo di concentramento di
Hereford. Rientrato in Italia nel febbraio 1946, Beppe è stato tra i fondatori
del MSI in Toscana. Consigliere comunale di Pisa, più tardi nel 1968 e nel 1972
è deputato eletto nella circoscrizione Pisa-Livorno-Lucca e Massa Carrara.
Amico di Giorgio Almirante, ha fatto parte della sua corrente "Rinnovamento", ma
dal 1980 cominciò una critica sempre più aspra contro il leader del partito, mai
conclusa e mai -almeno per il sottoscritto- ben chiara nella sua origine e nelle
sue reali motivazioni politiche.
Personaggio originale e per certi versi singolare, Niccolai fu il primo a
sostenere nel MSI che i veri nazionalisti vicini alla Destra fossero gli
israeliani: «Un popolo -diceva- costretto ad andare a letto con gli stivali, che
pur tuttavia lavora, intraprende, crea ricchezza, progredisce e dà un grande
contributo alla civiltà e al progresso». E nelle riunioni ristrette di partito
Beppe s'interrogava sulle vere ragioni che spingevano gli italiani a nutrire e
mantenere sentimenti di odio nei confronti del Fascismo, considerato -ricordava-
che tra le dittature del Novecento era stata quella che si era caratterizzata
non solo per le atrocità commesse, ma per le politiche creative che avevano
contribuito a migliorare l'Italia nelle sue strutture e infrastrutture civili.
Niccolai fu un precursore, se vogliamo, del bipolarismo. Con le sue numerose
rubriche "Rosso e nero", "Duello al sole", scritte per il "Secolo d'Italia", fu
conosciuto nel mondo politico come un autentico fustigatore di costumi. Quando
ancora nessuno immaginava la deriva rappresentata da Tangentopoli, Niccolai
sosteneva con dati di fatto che nella politica italiana esistesse il fenomeno
diffuso della corruttela e le sue analisi, lette oggi, appaiono quasi
premonitrici.
Presentò un ordine del giorno che
venne approvato. Solo dopo, Niccolai svelò al Comitato centrale del
MSI che aveva votato come il MSI. Dimostrò che la politica era
diventata una marmellata. |
QUELLA MOZIONE PCI E LA MARMELLATA DELLA POLITICA
Dicevo della sua amicizia e vicinanza politica con Almirante. Un sodalizio che
portò Niccolai a contrapporsi dapprima a Michelini e quindi a Rauti, ma
destinato a chiudersi irrevocabilmente. La loro intesa comincia a traballare
agli inizi degli anni '80. Le critiche alla linea politica di Almirante si
manifestarono con crescente asprezza. Ricordo che in un Comitato centrale del
MSI Niccolai per creare imbarazzo al partito e al suo segretario presentò un
ordine del giorno, copiato di sana pianta da un analogo atto politico del PCI.
Messo in votazione venne approvato e solo dopo, Niccolai svelò al Comitato
centrale che aveva proposto un ordine del giorno copiato da un atto del Partito
comunista. Il suo intento era dimostrare che la politica era diventata una sorta
di marmellata e che ormai non c'erano chiare linee ideali di demarcazione.
Eppure il bipolarismo era ancora lontano.
Ma sulla rottura politica con Almirante -ripeto- neppure il sottoscritto che è
stato vicino a Niccolai riesce a tutt'oggi a comprenderne le ragioni scatenanti
né quelle che ne impedirono il superamento. E che la frattura fosse, almeno per
Niccolai, insanabile è provato da un episodio che si ripeté per tre volte e che
voglio ricordare, in quanto mi vide involontario protagonista.
L'INCONTRO MUTO CON ALMIRANTE
Giorgio Almirante mi chiese di poter incontrare Beppe Niccolai perché voleva
chiarire e superare le loro incomprensioni. Riferii a Beppe la richiesta, e la
risposta fu: «Vengo a Roma solo ad una condizione. La condizione è che tu mi
accompagni e assisti al colloquio con Giorgio». Così fu, ma l'incontro che si
ripeté per altre due volte nel giro di poco tempo, fu di circostanza, furono più
i silenzi che gli scambi di vedute, non ci fu mai dialogo.
Può forse aiutare a comprendere qualcosa di più l'articolo scritto da Niccolai
su "L'Eco della Versilia" dopo la morte di Almirante e che qui riporto
integralmente:
«Giorgio Almirante. Ci siamo voluti bene. Visceralmente. Ci siamo scontrati.
Visceralmente. E sarei ingiusto, mi farei schifo, dinanzi a lui ora, se
affermassi che, per il tempo che mi resta da vivere, cessa con lui ogni
polemica. Sarebbe per lui un'offesa, lui che ha sempre amato il palcoscenico, da
calcare, non da guitto, ma da protagonista. I miei amici, per ricordarlo,
penseranno bene di inondarlo di ogni elogio. Non ci sarà parola alata e adornata
che non troveranno, per santificarlo. Io non voglio santificarlo. Voglio tenerlo
vivo, davanti a me; e con lui voglio continuare a polemizzare, così come ho
fatto ieri. So con certezza che questo (la pensino come vogliono coloro che gli
sono stati vicini nei tempi facili e dolci del suo successo) gli piacerà.
Immensamente. Si sentirà vivo, polemico, aspro, duro; come lo è stato quando,
scontrandoci, ci siamo feriti tutti e due nel profondo. E su ciò che tutti e due
amiamo, oltre ogni dire: l'Italia. Il diverso modo di servirla, questo ci ha
fatti scontrare. Ci fa scontrare. Perché considerare ormai tutto passato?
Almirante resta in mezzo a noi come punto irriducibile di riferimento. E con lui
c'è da fare ancora i conti. Io non lo commemoro; io lo voglio "vivo", come è
vivo, perché nella contrapposizione mi identifica, perché nei suoi atti
positivi, nei suoi errori, nelle sue generosità, nelle sue cadute vistosissime,
tutti noi ci siamo formati. E non è certo con dei manifesti e delle parole che
possiamo passarlo nell'album dei ricordi sancendo la sua definitiva dipartita.
Arrivederci, Giorgio! Così come ai bei tempi, quando di Te mi piaceva la
trasgressione, lo stare contro vento, lo stare con i perdenti! "Mi danno del
cinico, vedi Beppe, e non sanno che io, davanti ad un sorriso di donna, mi
innamoro... subito"». In una giornata assolata, sul mare della Versilia, dopo
una tempestosa riunione nella ribelle Federazione missina di Massa Carrara.
Trentasette anni fa. Ricordi? Arrivederci, Giorgio, al prossimo Comitato
Centrale!».
IL REGALO DEL SUO SCRANNO
Concludo con un episodio che mi riguarda personalmente e che prova l'umanità e
la tempra del personaggio Niccolai. Nel 1983, Beppe sarebbe stato ricandidato
alla Camera nel suo collegio, ma rifiutò. La sera precedente la riunione del
Comitato centrale del MSI che avrebbe dovuto decidere le candidature, lo andai a
trovare a Pisa nel tentativo di convincerlo. Ma nulla potè fargli cambiare idea.
«Io non ti regalo nulla -mi disse risolutamente- Nel 1976 e nel 1979 sono stato
capolista nella circoscrizione Livorno-Pisa-Lucca-Massa Carrara e non ce l'ho
fatta. Ora devi provarci tu». Così, grazie a questa sua ferma decisione di
passare la mano, cominciò la mia avventura parlamentare.
Altero Matteoli
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