Anno XX (1973) - n° 11/12 - Novembre/Dicembre 1973

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1) I fascisti mandavano a letto alcuni italiani...
2) La trama nera
3) I congiurati della "rosa dei venti" sono cinque (ne mancano mille)
4) Ma, allora, perché?
 


 

I fascisti mandavano a letto alcuni italiani. Il centrosinistra ce li manda tutti.
E all'ora delle galline

I provvedimenti più importanti sono quelli che incidono autoritariamente sulle più recenti abitudini, considerate come una conquista sociale dell'era democratica. Tra queste la gita domenicale. Un quarto di secolo di sviluppo economico asservito alla guida e agli interessi dell'industria automobilistica, del cemento e dei petrolieri, ha prodotto profonde e in parte criticabili deformazioni del costume, nell'assetto produttivo, nell'indirizzo dei consumi. Ma è altrettanto vero che, proprio su queste deformazioni, in cui rientra il lenocinio consumistico, SI È FONDATO ANCHE IL SUCCESSO DEL SISTEMA E LE VALVOLE DI SFOGO CONNESSE ALLE MASSE CHE IN ESSO SI SONO INTEGRATE.
* * *
Dicono (eravamo in fasce) che i fascisti mandassero a letto alcuni italiani. Questo «regime» ce li mancia tutti. E all'ora delle galline.
Colpa degli sceicchi?
Dobbiamo risparmiare petrolio. Ma il governo, su tale assunto, non fornisce, né dati, né chiarimenti. Perché tace agli Italiani che, su 120 milioni di tonnellate di greggio importato, il provvedimento «mai la domenica» inciderà, si e no, con un risparmio di tre milioni di tonnellate di carburante? Un risparmio risibile in relazione ai danni che scatena.
Dodici milioni di automobilisti messi a piedi la domenica. Si applaude dalla stampa del regime. I comunisti, malgrado qualche strillo, collaborano.
Tutta colpa degli sceicchi?
E l'imprevidenza (per non dire di peggio) governativa? Che dire del «blocco» all'ENEL nei suoi programmi di sviluppo?
Il Sud non ha più energia. Stabilimenti come l'Italsider di Taranto, l'Alfasud, gli impianti di Terni, hanno dovuto interrompere, più volte, il lavoro, per mancanza di energia.
Le centrali dell'ENEL, in costruzione, bloccate. Per volontà comunista. L'esempio di Piombino è illuminante.
Di questa imprevidenza paghiamo tutti le conseguenze. Come per il colera, la guerra della benzina, coglie tutti impreparati.
Le soluzioni adottate: offensive. Sono soluzioni che non tengono conto dei nuovi problemi che creano: il dissesto in migliaia di aziende turistiche, guai per lo spettacolo, disastro per l'industria automobilistica, specie quella, tipicamente italiana, delle auto veloci.
Le libertà individuali stracciate. Dalle adunate del sabato fascista alla clausura forzata della triste domenica di centro sinistra. Siamo davanti ad una manifestazione di libidine di potere che sconfina nel raptus totalitario.
Ma allora, perché tanti disagi, in cambio di risparmi così poco rilevanti di energia? Ripetiamo: perché il Governo tace che sul consumo globale di petrolio, la benzina, per uso automobilistico, incide per meno del 13%?
A cosa si punta?
Le spese degli italiani per il «fine settimana» sono valutate in venti miliardi per domenica, mille miliardi abbondanti l'anno.
Dove vogliono dirottare questi mille miliardi?
In depositi bancari, o in buoni del tesoro?
A quale fine?
Forse per tamponare le falle della finanza pubblica, il dissesto dello Stato e delle pubbliche amministrazioni? Forse per pagare il costo sociale dell'assenteismo?
E, per scremare e dissipare altri migliaia di miliardi nel Pozzo di San Patrizio della finanza pubblica, si massacra il turismo, industrie fiorenti, le stesse libertà individuali degli italiani?
Dove si vuole arrivare? Al disastro totale?
E perché?
Forse perché il cucchiaio «comunista» ci possa definitivamente raccogliere?
È un interrogativo al quale deve rispondere la DC.


 

La trama nera

Si è chiesto ai Ministri di Grazia e Giustizia e dell'Interno di sapere se sono a conoscenza che il procuratore della Repubblica di Padova, pur giustamente e volgarmente colpito nei suoi sentimenti più cari dalla pubblicazione di un libello attribuito ad estremisti di varia estrazione, si è gettato, a parere dell'interrogante con troppa leggerezza, nella vicenda della cosiddetta «trama nera» della "rosa dei venti", anche se sono comprensibilissimi i motivi umani di rivalsa verso chi ritiene, anche indirettamente, gli autori di un attacco così spietato e così ingiusto alla sua persona.
Per sapere, pur comprendendo della vicenda tutto l'aspetto umano che ha sconvolto la vita del magistrato, come sia possibile, da parte di una procura, dare dignità di prove (facendo spendere allo Stato l'ira di Dio in traduzione di detenuti da un luogo all'altro, in sopraluoghi, in incontri di vertice fra procuratori di più province, ecc.) alle dichiarazioni di un Porta Casucci Giampaolo che si crede essere il Fuhrer, tanto da elargire (nel 1973!) attestati di benemerenza e conferimento di medaglie al valore a firma del capo della Germania nazista, del Duce del fascismo, del maresciallo Rodolfo Graziarti, documenti che, falsificati dal Porta Casucci, circolano nella zona a piene mani;
per sapere se sono a conoscenza che uno di questi documenti, fabbricati dal Porta Casucci, è di questo tenore, il tutto stampato in caratteri gotici:
«1945. Ordine militare dei Soldati dell'Onore. Il combattente "tal dei tali" ha diritto di fregiarsi della Croce argentea. Registro n....
Roma 29 marzo 1972/ XXVII del martirio. Per autentica».
(Seguono una serie di timbri);
per sapere se sono a conoscenza che il Porta Casucci, per avvalorare l'autenticità di questi documenti, elargiti a poveri sprovveduti della zona, li fa partire dalla Svizzera, inventando che provengono dalla Croce rossa internazionale;
per sapere se sono a conoscenza che il Porta Casucci, con la più imperturbabile faccia tosta dichiara di avere messo fuori combattimento (tutto solo!), sul fronte di Cassino, 43 carri armati americani; di avere inabissato (tutto solo!) tre navi da guerra inglesi e, per questi atti, di essere stato decorato dal Fuhrer in persona, quando è a tutti noto che il Giampaolo Porta Casucci non ha mai fatto un giorno il soldato, in quanto riformato per debolezza costituzionale; e quindi si chiede come sia stato possibile che su altre fantasiose dichiarazioni di un tale personaggio, mettere sottosopra l'Italia, mobilitare stampa, televisione, polizia, carabinieri, SID;
per sapere se sono a conoscenza che il Porta Casucci ha professato l'intero arco delle idee politiche, da quella comunista e anarchica a quella fascista; che ha subito processi vari, dall'omicidio colposo all'assegno a ruoto, al furto aggravato e continuato; che è stato confidente della polizia quando era iscritto alla sezione di Agliana (Pistola) del PCI; che afferma di essere stato aggredito per motivi politici quando poi si trattava di vicende riguardanti la nipote del prete; che, amico e ospite del sindaco socialista di Ortonovo (La Spezia), impallina (così, per scherzo dice lui!) la di lui moglie che chinata in giardino stava togliendo l'erba da un cespuglio di rose; si chiede come sia possibile che l'intera procura di Padova dia ascolto, sconvolgendo l'Italia con notizie così allarmanti e amplificate dalla radio e dalla televisione, ad un simile personaggio;
si chiede come sia possibile e ammissibile che fra il procuratore della Repubblica di Padova e il Porta Casucci, presenti i giornalisti, si svolgano dialoghi di questo tipo:
il Porta Casucci rivolto al procuratore: «Lei è un autentico gentiluomo di antico stampo, un vero amico»; il procuratore rivolto al Porta Casucci «Dottore, lei avrà la gratitudine dell'intera nazione»;
per sapere se intendano, rispettando, per carità, tutti i diritti che provengono dall'essere la magistratura un corpo autonomo, far presente ai protagonisti togati della vicenda che, sì il Porta Casucci potrà avere la gratitudine dell'intera nazione, ma che esiste anche il pericolo, dato il personaggio, che la credibilità nelle istituzioni, cosa molto importante, ne esca da questa vicenda, incrinata; e che, soprattutto, non è consentito, pur grande sia il caso personale per cui si offre, rischiare di ridicolizzare l'intero apparato protettivo dello Stato, mobilitato e messo in allarme da un mitomane e da un cacciaballe senza precedenti.




I congiurati della "rosa dei venti" sono cinque
(ne mancano mille)

 

Strano che questi aspiranti restauratori della Repubblica di Salò contassero di far tante cose, con mille uomini soli, tali essendone risultati, leggiamo, ai loro ordini. Come possono mille uomini soli ammazzarne milleseicentodiciotto (il Capo dello Stato compreso), marciare su Padova, conquistarla e di lì muovere alla conquista di tutta Italia? Ancora più strano è che non si conosca l'elenco dei mille. Come mai si è trovato l'elenco dei milleseicentodiciotto ammazzandi, diligentemente compilato, e non c'era l'elenco dei mille ammazzatori? Come informarli dell'ora «X»? Ma noi aspettiamo, fiduciosi nella opera della nostra solerte magistratura. Prima o poi l'elenco degli ammazzatori verrà fuori. Contentiamoci che già cinque di loro siano in galera. Gli altri novecentonovantacinque li raggiungeranno.





Ma, allora, perché?

Il ducetto GIUSEPPE NICCOLAI protetto dagli industriali, pagato e imbottigliato dal "barone nero" ostini, padrone dell'acqua d'uliveto, si è piccato di parlare a pisa

 


CASCASSE IL MONDO SU UN FICO IL FASCISTA NICCOLAI A PISA NON PARLERÀ!

 

 

Venerdì, ore 16 tutti in piazza Garibaldi

Ve ne ricordate? 5 Maggio 1972. Una città assediata. Avevano deciso che un parlamentare, cascasse pure il mondo, non avrebbe parlato, a chiusura della campagna elettorale, nella sua Città che l'aveva eletto, e che aveva il diritto di ascoltarlo per giudicare del suo operato.
Uno scontro lungamente preparato, scrisse "la Nazione".
Perché? Quali le giustificazioni?
Niccolai: un torturatore di partigiani, un assassino, un boia. Lo scontro, disperatamente voluto, accadde. Alla fine, fra il fumo delle Molotov, dei candelotti lacrimogeni, un povero giovane venne raccattato morente sulla strada: Franco Serantini. Il morto: l'avevano cercato. Disperatamente. L'avevano avuto. E, dal maggio 1972, la speculazione, su quel povero morto, si è sfrenata: Franco Serantini è caduto perché un boia parlasse.
19 Novembre 1973: ecco il processo, ecco l'occasione perché quel «boia» paghi, definitivamente, la sua protervia di voler esercitare, da quel pulpito, in quel 5 Maggio 1972, il diritto per il quale, a quanto ci dicono, caddero tanti italiani: il diritto ad esprimere il proprio pensiero.
"Lotta Continua": a tutti, non a lui, espressione di un, «passato» e di un «presente» da condannare, senza mezzi termini. E sono stati chiamati in Tribunale, è stata loro concessa con ampia facoltà di prova, l'occasione per confermare, solennemente, quella tesi.
Ahimè, quella conferma non c'è stata. I rivoluzionari di "Lotta Continua" hanno dichiarato (udite! udite!) che «né il passato, né il presente dell'on. Niccolai è in discussione»; che, assolutamente, quando gli davano del boia si riferivano a lui.
Ed allora? Quel povero morto che significato ha?
Le commemorazioni che senso hanno se, candidamente, messi alla stretta, si dichiara che le ragioni, per le quali una intera Città fu messa in stato d'assedio, altro non erano che un pretesto per scatenare violenza per la violenza?
Povero Franco Serantini!
Quando i... rivoluzionari si accingevano a prendere la penna per firmare il documento, con il quale sconfessavano le loro motivazioni cosiddette «ideali», una giovane donna molto piacente, al di là delle transenne del Tribunale, ha gridato: «non firmate!».
Hanno firmato. È proprio vero: spesso, in questa Italia, i coglioni ce l'hanno le donne, solo le donne.

Ringraziamo Giacomo Mannocci (PI) per il materiale di questa pagina