Anno XIX (1972) - n° 10 - Ottobre 1972

pagina 1

pagina 2 pagina 3 pagina 4


 

pagina 1:

1) Cialtroni (e plebi meridionali)
2) «Abbasso Almirante antifascista»
3) La torbida trama fascista
4) Lo scandalo I.N.G.I.C.
 


 

Cialtroni
(e plebi meridionali)

Reggio Calabria. Solita regia. La caccia «al fascista». Cortei, proteste, bombe (contro le sedi missine). Accuse e ingiurie. Le condanne, impartite a furore di popolo. Con la verità in mano. La televisione mobilitata, sera per sera. Un vero e proprio tam tam tribale.
Poi, quasi in silenzio, un articolo su "Rinascita", la rivista fondata da Palmiro Togliatti. Autocritica. Spietata.
Gli «errori» sono nostri, ha scritto "Rinascita", che da tempo, non siamo più riusciti a capire le ragioni profonde della rivolta di Reggio Calabria; i motivi di fondo perché la «destra politica» si fa ascoltare proprio in quei quartieri popolari, come Sbarre e Santa Caterina, un tempo serbatoi di voti comunisti, socialisti, della sinistra italiana.
«Il fascismo reggino», ha scritto il settimanale del PCI, «ha saputo mettere a frutto non solo il potenziale offertogli dalla degradazione di una società che condanna a vivere i suoi figli più disgraziati in quelle autentiche topaie delle "case minime" costruite per un terremoto di 64 anni fa, ma qualcosa di più profondo. Anche se a prima vista può apparire superficiale: la psicologia diffusa nelle masse».
A questa offensiva «da destra», i comunisti non hanno saputo come contenersi mossi (scrive "Rinascita") «da residue condiscendenze di origine notabilare e codiste, verso la demagogia, l'elettoralismo e il provincialismo».
Ce ne è abbastanza. Per ragioni clientelari, di natura codina, abbiamo preferito al rapporto con le masse il rapporto con un Giacomo Mancini, il Califfo, divenuto miliardario sul sangue, la fame, la disperazione dei calabresi.
Tutto qui. Ed ecco, per ammissione comunista, chi sono le fanterie della destra: i disoccupati, gli emigrati, i giovani in cerca di lavoro. Non il «fascismo di lor signori», ma della povera gente.
Così i comunisti, pochi attimi dopo che in tutto il resto della penisola avevano aperto la caccia all'uomo, al grido di «dagli al fascista», in testa quei cialtroni degli intellettuali, servi di professione.
È accaduto anche a Pisa.
Poi la verità, detta a denti stretti, è venuta fuori. Non Agnelli, non Pirelli, non Monti, ma le plebi meridionali, massacrate nell'emigrazione, raccattate a pezzi nei pozzi di Marcinelle, o ai piedi dei ghiacciai svizzeri, avvilite dalle insultanti ricchezze della classe politica locale, sono con la «destra nazionale».
E non sarà certo il grido di «fascista», o le marce sindacali a intimidire e cambiare uno stato d'animo di rivolta e di ribellione.
Non saranno certo le masse di manovra dei lavoratori privilegiati del Nord a portare la verità nelle luride topaie di Sbarre e di Santa Caterina.
Non saranno certo i giornaloni della miliardaria borghesia italiana, alleati con le sinistre, a ristabilire la verità e l'ordine a Reggio Calabria.
L'inganno è stato rotto. I reggini hanno visto, sopratutto patito. E sanno dove sta il nemico da battere.




«Abbasso Almirante antifascista»

«Abbasso Almirante antifascista», «msi - merda», «Niccolai porco», «rsi si, msi no».
Queste, una serie di scritte che, nella notte fra il 27 e il 28 Ottobre, sono comparse sui muri di Pisa.
Perché evidenziamo questo episodio?
Forse per una rivincita nei riguardi di quei ragazzi che, autentici sprovveduti, hanno riversato in quelle scritte l'incapacità, non solo ad ubbidire alla morale collettiva di una comunità politica assediata e perseguitata, ma sopratutto la propria miopia politica che li fa essere strumento, se non zimbello, di «teste», né pensanti, né responsabili?
Sarebbe una magra rivincita.
Evidenziamo l'episodio perché contiene in se un insegnamento valido, specie se si ha l'avvertenza di ricordare che quelle scritte sono state immediatamente cancellate, in contemporanea, e da operai del Comune e da elementi di "Lotta Continua". Le cronache dicono di più: che questa opera di cancellazione è avvenuta sotto lo sguardo vigile della Polizia.
Che significa ciò?
Significa che «lor signori» (i cancellatori) non vogliono che la grande opinione pubblica pisana sappia che il MSI, nei suoi organi responsabili, non solo non fomenta la violenza ma, a diversità degli altri schieramenti politici, è capace, al suo interno, di far rispettare, fino ai più drastici provvedimenti, quelle che sono le finalità morali del MSI.
Sono andati a tappare quelle scritte perché è interesse di «lor signori» far credere alla grande opinione pubblica pisana che il MSI altro non è se non una accozzaglia di violenti, di teppisti, di gente senza idee, senza prospettive, senza avvenire.
È questo il volto del MSI che a «lor signori» fa comodo.
Ci deve essere. Perché, se così non fosse, cosa direbbero al cittadino?
Come farebbero, senza il fascismo teppistico a portata di mano, a giustificare i loro giornalieri fallimenti, i loro inganni, le loro ribalderie, le rapine a danno del popolo?
Ci ha da essere, se non c'è si inventa, e guai a chi lavora in senso contrario! Ecco il comandamento di «lor signori».
Ed ecco l'insegnamento limpido che dall'episodio scaturisce: si lavora per il nemico in tanti modi. Anche quando si crede, su ispirazione di interessati o di cretini, di operare per l'idea.
Le idee, in tal modo, si affossano.
Teniamone conto.




La torbida trama fascista

"l'Unità": «Pisa, fra delitti e omertà una torbida trama fascista». Tre colonne di piombo, per buttare giù una storia di sangue, bombe (rosse), corna (al povero compagno, per il quale il PCI dì Pisa, si è ben guardato di protestare), fandonie, da quattro soldi.
Nel mezzo, purtroppo, morti innocenti, alle spalle dei quali si tenta, l'ennesima manovra per coprire responsabilità ben precise e ben individuate. Il comunismo «staliniano» è maestro nel costruire trame e fandonie. La federazione pisana del PCI a «quel» comunismo si è sempre abbeverata. Nulla di nuovo sotto il sole.
È da anni che chiediamo la verità, e non ci viene data. E, a diversità dei parlamentari comunisti, che su queste vicende sono stati costantemente in silenzio, fin dalla passata legislatura, abbiamo chiesto le più ampie delucidazioni. Nella sede opportuna: il Parlamento.
Perché i comunisti pisani si ricordano solo ora del «caso Corbara» e del delitto di Marina di Pisa e dell'oste Serragli?
A quale fine? C'è da chiederselo.
Troppo tardi. Anche perché è nota la «storia vera» di chi ha scritto la «storia falsa». In tutti i suoi particolari. È noto l'estensore e la sede del quotidiano (borghese) dove questi «polpettoni» sono stati e vengono preparati.
"l'Unità" perde tempo. L'unica pista è quella che fa sì che l'esplosivo il Corbara lo custodisse negli Uffici dell'Amministrazione Provinciale. A proposito: dove è andata a finire l'annunciata querela dell'Amministrazione Provinciale al quotidiano "il Tempo" di Roma? Si è persa per strada?
"l'Unità" perde il suo tempo. L'unica pista seria è quella per cui il Corbara, prima di aprire i famosi cassetti, chiese l'intervento dello zio. Ed è uno zio il cui indirizzo coincide con lo stesso numero civico del PCI.

Niccolai Giuseppe - Ai Ministri dell'Interno e di Grazia e Giustizia - Per- sapere se è esatto che, in relazione all'inchiesta sul caso Feltrinelli-Brigate rosse, si è avuto un incontro a Pisa fra il sostituto procuratore dottor Sossi e il giudice istruttore del tribunale di Pisa, dottor Mazzocchi;
se è esatto che tutta la vicenda legata alle Brigate rosse si sposterà, per competenza, a Pisa in quanto legata al caso Corbara e, in particolare, a due omicidi, quello del giovane universitario Persoglio e dell'oste Serragli;
se è esatto che quando, presso l'ufficio del geometra Alessandro Corbara, sito nell'amministrazione provinciale di Pisa, fu ritrovato dell'esplosivo «capace di far saltare l'intero palazzo dell'amministrazione provinciale» (così come scrissero i giornali), il Corbara, prima che si procedesse ad aprire i cassetti della sua scrivania e dell'armadio, volle la presenza del di lui zio Favilla Cirano, in quanto costui risultava consegnatario delle chiavi;
per sapere se è esatto che nei cassetti, aperti con le chiavi in consegna al Favilla Cirano, sono stati rinvenuti, insieme con l'esplosivo, diversi appunti riguardanti caserme, esplosivi, dislocazione di forze di polizia, carabinieri, esercito, eliporti, campi di aviazione, preparazione di radio trasmittenti e riceventi, schedari;
per sapere se è esatto che il Cirano Favilla risulti amministratore unico della società a responsabilità limitata "La Pisana", via Fratti 21, Pisa, con finalità di «acquisto, costruzione, miglioramento e gestione di immobili urbani nonché la loro conduzione e amministrazione»;
se è esatto che tale società "La Pisana" risulta costituita il 5 febbraio 1964, con durata al 31 dicembre 1999;
per sapere se è esatto che in via Fratti n. 21, sede della società "La Pisana", sorge oggi la nuova sede del PCI.

* * *

Niccolai Giuseppe - Al Ministro dell'Interno - Per sapere attraverso quali canali il PSI finanziava il settimanale politico di attualità "AZ", direttore Piero Ardenti;
per sapere se è esatto che tale settimanale, sorto nel gennaio-febbraio del 1971, aveva il compito di recuperare al PSI elementi della sinistra extraparlamentare e al tempo stesso, prendendo a pretesto episodi di violenza o addirittura di sangue provocati dalla sinistra politica italiana, addossare alla destra la responsabilità; in breve una funzione di vera e autentica e teppistica provocazione;
se è esatto che la rivista "AZ", nel quadro di questa funzione provocatoria, nel n 4 dell'8 marzo 1971, in un articolo a firma di G. Pintore, inventando di sana pianta che il 23 marzo sarebbe stata la giornata della rivincita del «fascismo pisano», prendeva a pretesto, «per creare il clima» l'episodio sanguinoso accaduto a Marina di Pisa (Pisa) dove, per lo scoppio di una bomba messa alla porta di una macelleria, perdeva la vita il giovane Giovanni Persoglio;
se è esatto che l'articolista della rivista "AZ" scriveva che la carica di tritolo, grazie alla quale veniva dilaniato il giovane Persoglio, poteva rappresentare un avvertimento dato ad un commerciante che, avendo smesso di aiutare «i fascisti», veniva da questi punito con il fargli saltare la bottega;
per sapere se è esatto che, grazie a questo articolo provocatorio il cui contenuto venne discusso -anche- nel consiglio comunale di Pisa, le forze politiche pisane, sindaco democristiano in testa, dettero vita il 23 marzo alla solita manifestazione «unitaria» per protestare contro le «violenze fasciste»;
per sapere se è esatto che nella notte fra il 20 ed il 21 luglio i carabinieri di Pisa, rovistando nel torbido ambiente di un atroce delitto dove l'assassinato, comunista, era stato fatto fuori da dei «compagni» per motivi erotici, di rapina e politici, hanno anche scoperto la verità sull'altrettanto feroce assassinio di Marina di Pisa;
per sapere se è esatto che la bomba alla macelleria di Marina di Pisa, che è costata la vita al giovane Persoglio, è stata piazzata da elementi di sinistra, i quali hanno voluto punire quel commerciante perché simpatizzante di un partito di destra e perché non aveva voluto partecipare allo sciopero che, giorni prima dell'attentato, aveva avuto luogo nella provincia di Pisa;
per sapere se è esatto che il direttore della rivista "AZ" Piero Ardenti, in virtù di questi bassi servizi, è stato onorato ultimamente della tessera del PSI, avvenimento che lo stesso PSI ha pubblicizzato con manifesti in tutta Italia.





Lo scandalo I.N.G.I.C.
Intascarono tremila miliardi. Sfuggiranno alla giustizia. Tanto ha pagato la povera gente.

Ve lo ricordate? Anche a Pisa vi furono arresti clamorosi.
Correva l'anno 1954. Si era ai tempi della «diga (anticomunista) degasperiana», ma, anche allora, era un darsela a bere a vicenda.
La DC gestiva l'INGIC (Istituto Nazionale Gestione Imposte di Consumo).
Dovendo affrontare la concorrenza privata, i democristiani dell'INGIC non trovarono di meglio, per vincere gli appalti nei vari Comuni d'Italia, che di corrompere gli amministratori comunali.
Così quando il Sindaco era un comunista trattavano a colpi di milioni. I DC dello INGIC vincevano l'appalto e, sotto banco, passavano milioni al PCI. Poi, sulle piazze, invitavano gli elettori a votare contro quel «pericolo rosso», a cui, sotto sotto, passavano una parte cospicua di quei tremila miliardi (tale è la cifra del peculato nella intera vicenda INGIC) per fare propaganda.
Anche le Federazioni del PCI e del PSI di Pisa figurarono nell'elenco della corruzione programmata e generalizzata. Fior di quattrini finirono nelle casse dei partiti di sinistra pisani. Furono comperati gli appalti dei Comuni di Cascina, San Giuliano Terme. L'operazione fu tentata anche a Pisa. Intascarono alle spalle della povera gente.
Ebbene, di questo «scandalo», non se ne farà più nulla. Tutto prescritto. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. E, come sempre, stritolato, nel mezzo, il cittadino che lavora, che tira la carretta, che si alza presto la mattina.
È lui che paga. Sempre. È lui il derubato. È lui il rapinato.
Montanelli ha scritto che la mafia, in Italia, è migliore dei partiti politici. Perché, perlomeno, non ammanta di ideali i propri misfatti, i propri delitti.

Ringraziamo Giacomo Mannocci (PI) per il materiale di questa pagina