Cialtroni
(e plebi meridionali)
Reggio Calabria. Solita regia.
La caccia «al fascista». Cortei, proteste, bombe (contro le sedi
missine). Accuse e ingiurie. Le condanne, impartite a furore di
popolo. Con la verità in mano. La televisione mobilitata, sera per
sera. Un vero e proprio tam tam tribale.
Poi, quasi in silenzio, un articolo su "Rinascita", la rivista
fondata da Palmiro Togliatti. Autocritica. Spietata.
Gli «errori» sono nostri, ha scritto "Rinascita", che da tempo, non
siamo più riusciti a capire le ragioni profonde della rivolta di
Reggio Calabria; i motivi di fondo perché la «destra politica» si fa
ascoltare proprio in quei quartieri popolari, come Sbarre e Santa
Caterina, un tempo serbatoi di voti comunisti, socialisti, della
sinistra italiana.
«Il fascismo reggino», ha scritto il settimanale del PCI, «ha saputo
mettere a frutto non solo il potenziale offertogli dalla
degradazione di una società che condanna a vivere i suoi figli più
disgraziati in quelle autentiche topaie delle "case minime"
costruite per un terremoto di 64 anni fa, ma qualcosa di più
profondo. Anche se a prima vista può apparire superficiale: la
psicologia diffusa nelle masse».
A questa offensiva «da destra», i comunisti non hanno saputo come
contenersi mossi (scrive "Rinascita") «da residue condiscendenze di
origine notabilare e codiste, verso la demagogia, l'elettoralismo e
il provincialismo».
Ce ne è abbastanza. Per ragioni clientelari, di natura codina,
abbiamo preferito al rapporto con le masse il rapporto con un
Giacomo Mancini, il Califfo, divenuto miliardario sul sangue, la
fame, la disperazione dei calabresi.
Tutto qui. Ed ecco, per ammissione comunista, chi sono le fanterie
della destra: i disoccupati, gli emigrati, i giovani in cerca di
lavoro. Non il «fascismo di lor signori», ma della povera gente.
Così i comunisti, pochi attimi dopo che in tutto il resto della
penisola avevano aperto la caccia all'uomo, al grido di «dagli al
fascista», in testa quei cialtroni degli intellettuali, servi di
professione.
È accaduto anche a Pisa.
Poi la verità, detta a denti stretti, è venuta fuori. Non Agnelli,
non Pirelli, non Monti, ma le plebi meridionali, massacrate
nell'emigrazione, raccattate a pezzi nei pozzi di Marcinelle, o ai
piedi dei ghiacciai svizzeri, avvilite dalle insultanti ricchezze
della classe politica locale, sono con la «destra nazionale».
E non sarà certo il grido di «fascista», o le marce sindacali a
intimidire e cambiare uno stato d'animo di rivolta e di ribellione.
Non saranno certo le masse di manovra dei lavoratori privilegiati
del Nord a portare la verità nelle luride topaie di Sbarre e di
Santa Caterina.
Non saranno certo i giornaloni della miliardaria borghesia italiana,
alleati con le sinistre, a ristabilire la verità e l'ordine a Reggio
Calabria.
L'inganno è stato rotto. I reggini hanno visto, sopratutto patito. E
sanno dove sta il nemico da battere.
«Abbasso Almirante
antifascista»
«Abbasso Almirante
antifascista», «msi - merda», «Niccolai porco», «rsi si, msi no».
Queste, una serie di scritte che, nella notte fra il 27 e il 28
Ottobre, sono comparse sui muri di Pisa.
Perché evidenziamo questo episodio?
Forse per una rivincita nei riguardi di quei ragazzi che, autentici
sprovveduti, hanno riversato in quelle scritte l'incapacità, non
solo ad ubbidire alla morale collettiva di una comunità politica
assediata e perseguitata, ma sopratutto la propria miopia politica
che li fa essere strumento, se non zimbello, di «teste», né
pensanti, né responsabili?
Sarebbe una magra rivincita.
Evidenziamo l'episodio perché contiene in se un insegnamento valido,
specie se si ha l'avvertenza di ricordare che quelle scritte sono
state immediatamente cancellate, in contemporanea, e da operai del
Comune e da elementi di "Lotta Continua". Le cronache dicono di più:
che questa opera di cancellazione è avvenuta sotto lo sguardo vigile
della Polizia.
Che significa ciò?
Significa che «lor signori» (i cancellatori) non vogliono che la
grande opinione pubblica pisana sappia che il MSI, nei suoi organi
responsabili, non solo non fomenta la violenza ma, a diversità degli
altri schieramenti politici, è capace, al suo interno, di far
rispettare, fino ai più drastici provvedimenti, quelle che sono le
finalità morali del MSI.
Sono andati a tappare quelle scritte perché è interesse di «lor
signori» far credere alla grande opinione pubblica pisana che il MSI
altro non è se non una accozzaglia di violenti, di teppisti, di
gente senza idee, senza prospettive, senza avvenire.
È questo il volto del MSI che a «lor signori» fa comodo.
Ci deve essere. Perché, se così non fosse, cosa direbbero al
cittadino?
Come farebbero, senza il fascismo teppistico a portata di mano, a
giustificare i loro giornalieri fallimenti, i loro inganni, le loro
ribalderie, le rapine a danno del popolo?
Ci ha da essere, se non c'è si inventa, e guai a chi lavora in senso
contrario! Ecco il comandamento di «lor signori».
Ed ecco l'insegnamento limpido che dall'episodio scaturisce: si
lavora per il nemico in tanti modi. Anche quando si crede, su
ispirazione di interessati o di cretini, di operare per l'idea.
Le idee, in tal modo, si affossano.
Teniamone conto.
La torbida
trama fascista
"l'Unità": «Pisa, fra delitti
e omertà una torbida trama fascista». Tre colonne di piombo, per
buttare giù una storia di sangue, bombe (rosse), corna (al povero
compagno, per il quale il PCI dì Pisa, si è ben guardato di
protestare), fandonie, da quattro soldi.
Nel mezzo, purtroppo, morti innocenti, alle spalle dei quali si
tenta, l'ennesima manovra per coprire responsabilità ben precise e
ben individuate. Il comunismo «staliniano» è maestro nel costruire
trame e fandonie. La federazione pisana del PCI a «quel» comunismo
si è sempre abbeverata. Nulla di nuovo sotto il sole.
È da anni che chiediamo la verità, e non ci viene data. E, a
diversità dei parlamentari comunisti, che su queste vicende sono
stati costantemente in silenzio, fin dalla passata legislatura,
abbiamo chiesto le più ampie delucidazioni. Nella sede opportuna: il
Parlamento.
Perché i comunisti pisani si ricordano solo ora del «caso Corbara» e
del delitto di Marina di Pisa e dell'oste Serragli?
A quale fine? C'è da chiederselo.
Troppo tardi. Anche perché è nota la «storia vera» di chi ha scritto
la «storia falsa». In tutti i suoi particolari. È noto l'estensore e
la sede del quotidiano (borghese) dove questi «polpettoni» sono
stati e vengono preparati.
"l'Unità" perde tempo. L'unica pista è quella che fa sì che
l'esplosivo il Corbara lo custodisse negli Uffici
dell'Amministrazione Provinciale. A proposito: dove è andata a
finire l'annunciata querela dell'Amministrazione Provinciale al
quotidiano "il Tempo" di Roma? Si è persa per strada?
"l'Unità" perde il suo tempo. L'unica pista seria è quella per cui
il Corbara, prima di aprire i famosi cassetti, chiese l'intervento
dello zio. Ed è uno zio il cui indirizzo coincide con lo stesso
numero civico del PCI.
Niccolai Giuseppe - Ai Ministri dell'Interno e di Grazia e Giustizia
- Per- sapere se è esatto che, in relazione all'inchiesta sul caso
Feltrinelli-Brigate rosse, si è avuto un incontro a Pisa fra il
sostituto procuratore dottor Sossi e il giudice istruttore del
tribunale di Pisa, dottor Mazzocchi;
se è esatto che tutta la vicenda legata alle Brigate rosse si
sposterà, per competenza, a Pisa in quanto legata al caso Corbara e,
in particolare, a due omicidi, quello del giovane universitario
Persoglio e dell'oste Serragli;
se è esatto che quando, presso l'ufficio del geometra Alessandro
Corbara, sito nell'amministrazione provinciale di Pisa, fu ritrovato
dell'esplosivo «capace di far saltare l'intero palazzo
dell'amministrazione provinciale» (così come scrissero i giornali),
il Corbara, prima che si procedesse ad aprire i cassetti della sua
scrivania e dell'armadio, volle la presenza del di lui zio Favilla
Cirano, in quanto costui risultava consegnatario delle chiavi;
per sapere se è esatto che nei cassetti, aperti con le chiavi in
consegna al Favilla Cirano, sono stati rinvenuti, insieme con
l'esplosivo, diversi appunti riguardanti caserme, esplosivi,
dislocazione di forze di polizia, carabinieri, esercito, eliporti,
campi di aviazione, preparazione di radio trasmittenti e riceventi,
schedari;
per sapere se è esatto che il Cirano Favilla risulti amministratore
unico della società a responsabilità limitata "La Pisana", via
Fratti 21, Pisa, con finalità di «acquisto, costruzione,
miglioramento e gestione di immobili urbani nonché la loro
conduzione e amministrazione»;
se è esatto che tale società "La Pisana" risulta costituita il 5
febbraio 1964, con durata al 31 dicembre 1999;
per sapere se è esatto che in via Fratti n. 21, sede della società
"La Pisana", sorge oggi la nuova sede del PCI.
* * *
Niccolai Giuseppe - Al Ministro dell'Interno - Per sapere attraverso
quali canali il PSI finanziava il settimanale politico di attualità
"AZ", direttore Piero Ardenti;
per sapere se è esatto che tale settimanale, sorto nel
gennaio-febbraio del 1971, aveva il compito di recuperare al PSI
elementi della sinistra extraparlamentare e al tempo stesso,
prendendo a pretesto episodi di violenza o addirittura di sangue
provocati dalla sinistra politica italiana, addossare alla destra la
responsabilità; in breve una funzione di vera e autentica e
teppistica provocazione;
se è esatto che la rivista "AZ", nel quadro di questa funzione
provocatoria, nel n 4 dell'8 marzo 1971, in un articolo a firma di
G. Pintore, inventando di sana pianta che il 23 marzo sarebbe stata
la giornata della rivincita del «fascismo pisano», prendeva a
pretesto, «per creare il clima» l'episodio sanguinoso accaduto a
Marina di Pisa (Pisa) dove, per lo scoppio di una bomba messa alla
porta di una macelleria, perdeva la vita il giovane Giovanni
Persoglio;
se è esatto che l'articolista della rivista "AZ" scriveva che la
carica di tritolo, grazie alla quale veniva dilaniato il giovane
Persoglio, poteva rappresentare un avvertimento dato ad un
commerciante che, avendo smesso di aiutare «i fascisti», veniva da
questi punito con il fargli saltare la bottega;
per sapere se è esatto che, grazie a questo articolo provocatorio il
cui contenuto venne discusso -anche- nel consiglio comunale di Pisa,
le forze politiche pisane, sindaco democristiano in testa, dettero
vita il 23 marzo alla solita manifestazione «unitaria» per
protestare contro le «violenze fasciste»;
per sapere se è esatto che nella notte fra il 20 ed il 21 luglio i
carabinieri di Pisa, rovistando nel torbido ambiente di un atroce
delitto dove l'assassinato, comunista, era stato fatto fuori da dei
«compagni» per motivi erotici, di rapina e politici, hanno anche
scoperto la verità sull'altrettanto feroce assassinio di Marina di
Pisa;
per sapere se è esatto che la bomba alla macelleria di Marina di
Pisa, che è costata la vita al giovane Persoglio, è stata piazzata
da elementi di sinistra, i quali hanno voluto punire quel
commerciante perché simpatizzante di un partito di destra e perché
non aveva voluto partecipare allo sciopero che, giorni prima
dell'attentato, aveva avuto luogo nella provincia di Pisa;
per sapere se è esatto che il direttore della rivista "AZ" Piero
Ardenti, in virtù di questi bassi servizi, è stato onorato
ultimamente della tessera del PSI, avvenimento che lo stesso PSI ha
pubblicizzato con manifesti in tutta Italia.
Lo
scandalo I.N.G.I.C.
Intascarono tremila miliardi. Sfuggiranno alla
giustizia. Tanto ha pagato la povera gente.
Ve lo ricordate? Anche a Pisa
vi furono arresti clamorosi.
Correva l'anno 1954. Si era ai tempi della «diga (anticomunista)
degasperiana», ma, anche allora, era un darsela a bere a vicenda.
La DC gestiva l'INGIC (Istituto Nazionale Gestione Imposte di
Consumo).
Dovendo affrontare la concorrenza privata, i democristiani
dell'INGIC non trovarono di meglio, per vincere gli appalti nei vari
Comuni d'Italia, che di corrompere gli amministratori comunali.
Così quando il Sindaco era un comunista trattavano a colpi di
milioni. I DC dello INGIC vincevano l'appalto e, sotto banco,
passavano milioni al PCI. Poi, sulle piazze, invitavano gli elettori
a votare contro quel «pericolo rosso», a cui, sotto sotto, passavano
una parte cospicua di quei tremila miliardi (tale è la cifra del
peculato nella intera vicenda INGIC) per fare propaganda.
Anche le Federazioni del PCI e del PSI di Pisa figurarono
nell'elenco della corruzione programmata e generalizzata. Fior di
quattrini finirono nelle casse dei partiti di sinistra pisani.
Furono comperati gli appalti dei Comuni di Cascina, San Giuliano
Terme. L'operazione fu tentata anche a Pisa. Intascarono alle spalle
della povera gente.
Ebbene, di questo «scandalo», non se ne farà più nulla. Tutto
prescritto. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. E, come
sempre, stritolato, nel mezzo, il cittadino che lavora, che tira la
carretta, che si alza presto la mattina.
È lui che paga. Sempre. È lui il derubato. È lui il rapinato.
Montanelli ha scritto che la mafia, in Italia, è migliore dei
partiti politici. Perché, perlomeno, non ammanta di ideali i propri
misfatti, i propri delitti. |