postato su Internet, 6 marzo 2011
L'eretico e gli
opportunisti
Giuseppe Coppedè
Movimento di Azione Popolare
Sollecitato da amici, assai più giovani, che
non hanno avuto la fortuna di conoscerlo, incuriositi dalle cerimonie
rievocative e da alcune novità letterarie che di questi tempi si interessano di
Lui, mi è stato chiesto di parlare di Beppe Niccolai. La qual cosa, se da una
parte mi mette al centro dell'attenzione, senza nessun titolo di merito
personale se non quello anagrafico e geografico, dall'altro riporta alla mente
una stagione politica che sembra perdersi in un tempo assai lontano; un tempo
forse scandito da scontri duri ma certamente ricco di tensioni ideali che
l'omologante ed interscambiabile teatrino destra-sinistra di oggi neanche lascia
supporre.
Per chi ha avuto la ventura di conoscerlo, la propria vita politica non può non
esserne stata segnata. Dai suoi insegnamenti, dalle sue parole, dal dubbio che
alimentava in noi tutti per spingerci alla riflessione attraverso anche
un'inquietudine che poteva far soffrire in quell'ansia di verità che andava
cercando.
Era un esempio, ma non solo. Rappresentava tutto quello che avremmo voluto
essere ma che non siamo riusciti a raggiungere. È l'Uomo che ci parlava di
Corridoni e Berto Ricci, ed auspicava la sintesi e la ricomposizione tra i
concetti cardine di Nazione e Socialismo. Senza mai sfociare nel più becero
nazionalismo. Dove Nazione stava a significare anche i luoghi dell'anima e della
memoria di ognuno di noi. Un sentiero, un ruscello, un borgo. Insomma dove la
Comunità aveva il sopravvento sullo Stato, sulle gerarchie e sulle burocrazie.
Ci parlava del rispetto per l'altro, la voglia di capirne le ragioni e
comprendere che ovunque si soffriva e si lottava contro il potere opprimente
quella non poteva non essere anche la nostra lotta. Si faceva carico del senso
di smarrimento che la comunità stava subendo, mentre sprofondava sempre più nel
niente che l'Occidente stava portando nei nostri cuori.
Questo era il Beppe che ho conosciuto. E che oggi molti tirano per la
giacchetta, quasi a volerlo cooptare nelle loro schiere; forse per cercare di
riempire il vuoto che contraddistingue la loro azione politica.
Molti si fanno la domanda retorica se oggi fosse tra noi Beppe dove sarebbe
posizionato?
Uno dei primi, che non solo si pose la domanda ma con tracotanza si dette pure
la risposta è stato l'attuale ministro delle infrastrutture on. Altero Matteoli,
che su un pezzo pubblicato su "Millennio" (luglio-settembre 2007) posizionava
Beppe Niccolai all'interno di AN. Su "L'eco della Versilia" n° 7 del 15
settembre 1998, riferendosi agli anziani del MSI-DN in un pezzo intitolato
"Avete piantato la vigna. Consentite ai giovani di vendemmiare!" Niccolai così
scriveva «… il gesto più difficile, più amaro, più doloroso, ma che lascia il
segno benefico: quello di non pensare più ad incarichi elettivi, dentro e fuori
dal partito, dai più alti ai più marginali. Per continuare a servire ci sono gli
incarichi di servizio».Beppe quelle parole le aveva testimoniate anni prima
rinunciando dopo 2 legislature ad una nuova candidatura per un seggio a
Montecitorio. Il suo "delfino" fu Altero Matteoli. Che dal 1983 scalda poltrone
parlamentari, senatoriali e ministeriali, dimostrando come sia difficile seguire
gli insegnamenti dei maestri.
Ma molti altri dovrebbero vergognarsi per il goffo tentativo di arruolare Beppe
nelle loro schiere. Sempre da "L'eco della Versilia" n° 8-9 del 31 dicembre 1986
in un pezzo titolato "Europa ed occidentalismo termini inconciliabili" così
scriveva «I popoli muoiono, sia pure dolcemente se, dimenticando le proprie
radici, si fanno "altro"; si buttano nel grembo della Potenza-madre dicendole:
"Fai tu la storia, anche per me; commetti pure le più turpi porcherie, le
infamie più ignobili, io non protesterò, sarò sempre al tuo fianco. Mi
sacrificherò per te, Occidente! Io non ho più storia, non ho più memoria, non so
più chi sono. A che servono i libri di storia? Ha ragione la Falcucci: via,
bruciamoli, non ci servono più, siamo Occidente!". L'Italia, l'Europa non
esistono. C'è una realtà diversa, indefinibile, vasta, nella quale immergersi:
si chiama Occidente. E l'immagine ultima, il supremo referente dell'Occidente è
il modo di vita americano: gli Stati Uniti d'America. La patria: la società
americana. È talmente bella che perfino il PCI se ne è fatto il suo braccio
secolare: viva, viva dio-denaro, l'economia come destino! Ma noi come la
mettiamo? Applaudiamo? Ci facciamo anche noi Occidente, americanismo,
riformismo, mercato? Scomparire, dunque. Non più Nazione, ma zona.
Dell'Occidente. Non più cultura, ma mercato. Dell'Occidente. In nome
dell'ideologia dominante dell'Occidente che tollera tutto ma non rispetta nulla,
in cui niente ha più valore, ma tutto ha un prezzo».
Una analisi impietosa che con largo anticipo descrive i tempi nostri. Che ci fa
capire come Berlusconi non sia la causa ma l'effetto e come l'antiberlusconismo
non sia la soluzione ai nostri mali in quanto anche lui si nutre degli stessi
non valori dell'uomo di Arcore. La domanda giusta da porsi dunque non è tanto
con chi oggi starebbe Beppe, quanto con chi non starebbe. Beppe è di tutti, di
tutti quelli che senza retorica cercano ogni giorno di portare avanti quel sogno
che possiamo condensare nelle parole di Berto Ricci che spesso ci ripeteva «...
L'Italia dura, taciturna, sdegnosa, che porta la sua anima in salvo soffrendo
delle contraffazioni, dei manifesti, dei ciarlatani, dei buffoni, dei letterati,
dei commendatori. L'Italia che ci fa spesso bestemmiare perché la vorremmo più
rigida, più attenta, più macra: vicino alla perfezione dei santi».
Gli altri son solo opportunisti, che niente hanno da spartire con quella storia.
Per favore, lasciate perdere Beppe.
Giuseppe Coppedè
Movimento di Azione Popolare
postato su Internet, 6 marzo 2011
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