FRAMMENTI

da "Politichiamo di Marco Vannucci" (http://politichiamo.over-blog.com/)

 

Io, fascista

Marco Vannucci (10 novembre 2014)   

 


Guardo la fotografia di Loris Narda, il tomo che prima è salito sul cofano della macchina di Salvini e poi s'è assunto a vittima. Assunto, parola grossa per il tipo, infatti: non ha mai fatto un cazzo, in vita sua.
Ma gli squadristi siamo noi, i fascisti siamo noi, noi di destra intendo.
Io, fascista, lo sono e neppure nascondo di esserlo ma differentemente dai comunisti ho sempre lasciato parlare gli altri difendendo il diritto della libertà d'opinione.
I comunisti, mai. Lo dice la storia, basta ripercorrerla e saperla pure leggere. Da qualche parte scrissi che la famosa frase di Voltaire, per la sinistra, conta solo quando a favore. La rammentò qualche anno fa il clown di corte mancina, Roberto Benigni, in uno dei suoi strapagati show televisivi da mamma Rai.
Era il tempo del centrodestra al governo, con Ignazio la Russa ministro degli Esteri.
Roberto Benigni tirò fuori la frase ad effetto -non sono d'accordo con le tue parole, ma mi farei uccidere perchè tu le possa dire- ed il giorno dopo titoloni sui giornali di regime, "la Repubblica" in primis, per rimarcare la mancanza di libertà d'opinione voluta dal centrodestra per l'uscita, dalla televisione pubblica, di alcuni compagni.
Tra loro un certo Luttazzi che apostrofò, in diretta TV, l'Italia è un paese di merda riferendosi alle elezioni vinte dal centrodestra. Luttazzi fu epurato e finì li, l'avesse detto uno Storace qualsiasi, a parti inverse, sarebbe sempre in galera. Però, i fascisti, siamo noi.
Non comprenderò mai il significato, per la sinistra, di fascista. Provando ad interpretare m'arrampico su un colui che nega la libertà altrui, un razzista, un violento, un truce dittatore amico dei poteri forti, un assolutista del pensiero, colui che elimina fisicamente i nemici politici. Tutto questo sarebbe un fascista, lo affermano i compagni mentre impediscono di parlare sfasciando tutto, lo affermarono i compagni dopo che uccisero i fratelli Mattei e non solo però, i fascisti, siamo noi.
E allora, parliamone.
Parliamo dei moti giacobini che confluirono nel pensiero rivoluzionario del 1914 e del 1919; parliamo delle riforme sociali volute da Benito Mussolini ed ideate da Giovanni Gentile seguendo il Manifesto di Marx ed Enghel; parliamo dei cosiddetti poteri forti veri avversari del fascismo; parliamo dei 32 esiliati a spese dello stato e nessun ebreo internato finchè, il Duce, fu in vita; parliamo della lotta alla povertà e dell'istruzione per tutti; di tutto questo, ma molto altro ancora, parliamone...
E parliamo pure di Farinacci, vero grande errore di Mussolini. Lo squadrista Farinacci a capo di una banda di esaltati violenti, la grande macchia del Duce giacobino costretto ad assumere un Farinacci, che detestava, per riportare un po' d'ordine in un'Italia ancora attaccata con lo sputo.
Fu un errore, come lo furono le leggi razziali del 38, mai digerite da nessun vero fascista, che il Duce acconsentì a legalizzare. Fu un grave errore che macchiò indelebilmente la storia del ventennio.
Benito Mussolini, quel giorno, anziché sottoscrivere avrebbe dovuto scoprire le carte, quelle vere. Forse non sarebbe cambiata la storia, ma avrebbe contribuito a rimarcare la differenza tra noi e i criminali. Nazisti, o comunisti che siano. Nulla cambia.
Chi provò a chiarire, Beppe Niccolai in primis, fu tacciato di eretico dagli stessi camerati eredi del Farinacci pensiero.
Faccia attenzione chi desidera ricostruire la casa Sociale, con i Farinacci abbiamo già fin troppo dato, cara Beccalossi.
È il consiglio di un fascista, uno vero.
 

Marco Vannucci

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Ringraziamo Marco vannucci che ha segnalato il materiale di questa pagina