da "Barbadillo"
la lettera
Il Msi, Beppe Niccolai e
una storia
(non monolitica) che
merita rispetto
Giovanni
Fonghini (23 Febbraio 2017)
.
Non capita spesso che una rivista solleciti alcuni ricordi importanti della
vita. Lo speciale di Storia In Rete “Fascisti dopo Mussolini” ha questo merito.
Ha riacceso e ravvivato la memoria di una parte importante della mia vita e di
quella di mio padre, che era stato un soldato della RSI. Quei momenti di vita
vissuta si innestano su una storia più grande, quella della comunità missina.
Non ignoro che non si fa politica con lo sguardo rivolto al passato ma penso
pure che la politica senza la conoscenza della propria storia sia manchevole.
Sono trascorsi 70 anni dalla fondazione del Movimento Sociale Italiano e Storia
In Rete, di quella esperienza storica particolarissima e originalissima, ci
offre numerosi spunti di riflessione per la politica dei nostri giorni, se
soltanto qualcuno avesse voglia di farlo. Contrariamente a quello che si credeva
all’esterno il MSI non era un monolite, al contrario molte erano le sue anime.
Si riproponeva per l’ambiente missino, fatte le dovute proporzioni, le molte
voci che avevano caratterizzato il fascismo-movimento.
Nella storia cinquantennale del MSI alcune esperienze avrebbero meritato
maggiore fortuna. Penso ad esempio alla Nazione Sociale di Ernesto Massi, una
sintesi nuova, una “terza via”, per superare le vecchie etichette della destra e
della sinistra. E ancora maggiore riflessione e autocritica avrebbero meritato
le decisioni dei vertici del partito in alcuni momenti storici dell’Italia.
Lo scriveva con grande lucidità Beppe
Niccolai nella sua prefazione al libro di Adalberto Baldoni “Noi rivoluzionari”.
Nei giorni successivi agli scontri di Valle Giulia del 1 marzo 1968, che videro
le forze di polizia contrapposte ai giovani di destra e di sinistra, fu occupata
l’università di Roma La Sapienza. L’occupazione vedeva parte attiva anche molti
attivisti dei movimenti giovanili di destra, che avevano occupato la facoltà di
Giurisprudenza. Mentre i giovani di sinistra del Movimento Studentesco avevano
occupato la facoltà di Lettere. Il 16 marzo 1968 i vertici del partito missino
insieme ai Volontari Nazionali entrarono all’università per porre fine
all’occupazione. Gli scontri furono inevitabili ma il principale effetto
negativo di quella sortita fu la frattura che si creò nei movimenti giovanili di
destra.
Il libro “Noi rivoluzionari” con la prefazione del già citato Beppe Niccolai fu
forse la prima seria autocritica di quel mondo visto dal di dentro. Tanto
altro ci sarebbe da dire, ma ottime recensioni sullo speciale “Fascisti dopo
Mussolini” sono state già scritte e il recensore non è il mio mestiere. Al fondo
di tutto rimane vero quello che scrive il direttore Fabio Andriola
nell’editoriale: “Il MSI era parte di un’Italia che comunque merita, tutta
insieme, attenzione e rispetto. Le passioni che l’animavano, in qualunque area
ci si riconoscesse, sono forse la cosa che più ci manca oggi. Che più servirebbe
oggi.”
Concordo pienamente.
Giovanni
Fonghini
@barbadilloit
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