Tutto il Comitato Centrale ha
sancito: senza Almirante non c'è avvenire.
Non siamo di questo avviso. |
I giornali hanno
scritto che Almirante è l'indiscusso padre-padrone del MSI. Affermazione esatta.
Se qualcuno, a tale proposito, avesse avuto dei dubbi, per fugarli, sarebbe
stato sufficiente assistere all'ultima seduta del Comitato Centrale del MSI (18
gennaio 1987).
Dal massimo vertice politico, ai membri del Comitato Centrale periferici, il
coro è stato unanime: unico, insostituibile, inarrivabile, senza di Te siamo
perduti, non andartene, resta, Tu sei il Verbo, la guida.
Non esagero, fotografo una situazione reale. È così. Il MSI si è incarnato in
Giorgio Almirante, e solo il suo paventato allontanamento getta nello
smarrimento una intera classe dirigente.
* * *
In questa situazione, rimanendoci dentro prigionieri, non solo è difficile, ma
impossibile procedere alla sostituzione del Segretario. Non ci sono le
condizioni. Perché non sono possibili ragionamenti politici; perché, senza
possibilità di ragionare, non possono essere trovate soluzioni, di alcun genere.
Come ha potuto crearsi una situazione simile?
Vogliamo tentare l'analisi?
È perché questa classe dirigente del MSI è cresciuta, si è plasmata, si è
formata intorno alla «grande rappresentazione» che Giorgio Almirante ha dato di
sé e del MSI. Questo MSI gli appartiene. Nessuno, dico nessuno, può
rappresentarlo meglio di lui. Ed è autentico il panico di alcuni collaboratori
di vertice che, sinceramente turbati, profondamente commossi, supplicano: «non
andartene». Perché sanno che, senza di lui sulla scena, essi non saprebbero più
che dire, apparirebbero, non tanto per quello che sono, ma per quello che hanno
voluto essere: dei comprimari; abbagliati, paralizzati, frastornati dalla regia
del grande protagonista.
* * *
La crisi, per la successione del MSI, è qui. È, cioè, l'impossibilità di
risolverla nel solco di Almirante. I grandi, grandissimi attori sono
irripetibili. Il copione, con la loro arte, non può essere interpretato, né
tantomeno trasmesso ad altri. Se si vuole uscire dalla crisi, è giocoforza che
quel «copione», quell'opera, con tutti gli onori possibili e doverosi, venga
messo da parte. Magari con la scritta a memoria: un capolavoro, nessuno come
lui. Irripetibile, inutilizzabile. Da non toccare.
* * *
Questa è la prima operazione che l'intera classe politica del MSI deve compiere:
la rimozione, dentro di sé, di quella insuperata rappresentazione. Altrimenti
non ci si leva le gambe.
Verrò senz'altro crocefisso -diranno che bestemmio- ma sono uso dire quello che
penso: se il Segretario (al quale, da tempo, ho cercato, senza riuscirvi e,
ahimé, con lacerazioni che hanno lasciato il segno, di parlargli a cuore aperto)
vuole veramente, come ama dire, dare una mano al suo successore, lo può fare in
un solo modo: aiutandolo a capire che cosa è stato il mito Almirante, poi a
superarlo, e a farlo superare a tutta la collettività missina.
* * *
Ho parlato di grandezza di una recitazione. Non ho nulla da rettificare. Giova
ripetere: la grandezza di Almirante sta nell'avere incarnato una Comunità e di
averla tenuta sul proscenio con la sua arte insuperata. Arte, non politica.
Lascia un'arte, non una politica. Non ha perciò eredi.
Nella seduta del Comitato Centrale -su ricordata- la relazione del Segretario è
stata da tutti definita: alta, completa, solenne, definitiva. II programma per
il 2000.
Sì, può essere, ma nessuno ha rilevato che quella relazione, per restare valida,
pone una condizione tassativa: può essere interpretata solo dal Segretario. In
bocca al suo successore quella relazione, nel tentativo di portarla in mezzo al
Popolo, di tradurla in formule politiche, muoverebbe al riso.
Parliamoci francamente: se qualcuno fra noi coltiva l'idea di ripetere l'arte
del Segretario, rimanendo attaccato alla sua eredità e al suo "miracolo" (non ho
tema di scriverlo), che è consistito nel tenere insieme una Comunità umana
discriminata e ghettizzata, con una "tecnica" di volta in volta inventata ma
sempre straordinariamente capace di difendere l'orticello elettorale del MSI; se
qualcuno pensa di rinverdire e di impersonare lui l'almirantismo, laddove il
Segretario si è guadagnata l'attenzione e il rispetto dell'avversario,
troverebbe Io scherno e il riso.
* * *
Questo è il punto. La crisi della successione il MSI può superarla, ma ad una
condizione: superare, vincere dentro di sé I'almirantismo.
Al suo posto che cosa, allora?
La costruzione di una politica e di un partito che, anziché essere spettatore
passivo di una grande recita, diventi lui protagonista di politica. Così e solo
così il trapasso generazionale diventa reale.
Ma è possibile costruire una politica, per l'Italia del 2000, con una classe
politica che, chiamata al trapasso generazionale dei poteri, cioè a rispondere
ad un fatto di natura, si mette a gridare: «no, no, tutto deve restare così, non
te ne andare, se no sono perduta»?
Lascio la risposta ai miei colleghi di vertice, specie a quelli, e ce ne sono,
che hanno carattere, intelligenza, volontà. Da vendere.
E' inquietante,
questo Io devo dire, che una Comunità come la nostra si sia ridotta a
riassumersi in un uomo solo.
Eppure, se volgiamo lo sguardo ad orizzonti più ampi, mai l'Italia si è esaurita
in una formula e in un Uomo.
La RSI non fu infatti la catarsi, la purificazione di una Italia che, per
essersi voluta esaurire in una formula e in un Uomo, era stata colpita e
crocifissa?
Ed ora che ho detto la mia, mi si metta pure al rogo. Però desidererei, prima
del rogo, una cosa: essere confutato. Con argomenti.