FRAMMENTI

dal "Secolo d'Italia" del 26 maggio 2005

 

Cultura di destra:
ci vorrebbe uno Sciascia o un Niccolai...

 

 

Non c’è andato tenero, l’amico Alessandro Campi, nella sua garbata requisitoria nei confronti degli intellettuali «cosiddetti di area» pubblicata ieri su queste colonne. Rimprovera ai nostri scrittori politici di non «avere alcuna sintonia con le correnti e i dibattiti che caratterizzano l’odierna sfera culturale». Sarebbero insomma un fattore di freno e non di sviluppo per una moderna cultura politica.
Campi trova paradossale che gli stimoli e le provocazioni per rimuovere un po’ di polvere dalle menti siano venute, non dalla cultura (che dovrebbe essere un fattore permanente di eresia feconda), ma dalla politica. E cita il caso di Fini e dei suoi strappi su «fascismo, ebrei, multiculturalismo, immigrazione, dialogo con il mondo islamico (e da ultimo sulla fecondazione assistita)». Ogni sortita su questi argomenti sarebbe stata accompagnata dai «distinguo e mugugni» dell’intellighenzia di destra.
Lamenta anche, Campi, la «mancanza di un’area culturale e di pensiero minimamente coesa e organizzata in grado di supportare adeguatamente Alleanza nazionale nel suo sforzo teso ad affermare anche in Italia una destra moderna, laica, democratica riformista...».
È fondata tale requisitoria? Diciamo che solleva un problema reale, anche se la “pars destruens” è decisamente caricaturale. Di scrittori e polemisti di destra inclini al «sentimentalismo e alla retorica delle frasi roboanti ma spesso vuote, portato ad abusare delle lettere maiuscole» non se ne vedono più in giro da un bel pezzo. Ma è la «pars costruens» che non risulta del tutto chiara.
Che cosa auspica Campi? Forse l’avvento, a destra, di una sorta di intellettuale organico, il cui cuore batta all’unisono con quello del partito? Non credo che sia né possibile né auspicabile. Né del resto se lo auspica la stessa AN, dal momento che, dalla sua nascita ad oggi, non ha fatto molto per favorire l’affermazione di fondazioni e laboratori.
Realtà importanti, per carità, sono nate, ma fanno riferimento alle singole aree dentro la Destra. Quello che di autonomo è nato in questo anni è stato lasciato al proprio destino.
Una vera e propria politica diretta all’investimento culturale visto come investimento strategico non s’è mai vista all’orizzonte.
Da parte loro, gli intellettuali ci hanno messo una propensione eccessiva al pessimismo storico, un spirito non sempre solare, un narcisismo sfrenato, una tendenza un po’ settaria alle scomuniche reciproche.
La verità, caro Campi, è che avremmo tanto bisogno di uno Sciascia di destra. E ci manca tanto Beppe Niccolai. Ci mancano scrittori capaci di visioni fulminanti, di spiazzamenti e ribaltamenti. Ci manca gente di destra capace di parlare anche alla sinistra. Di parlare, non dico al cuore, ma almeno alle menti degli avversari.
È desolante che in questi ultimi dieci anni non sia stato avviato un serio, vero dibattito tra le due sponde del pensiero. Non s’è fatta cioè vera cultura nazionale. Laddove non sono partiti gli insulti, abbiamo assistito ai soliti, stucchevoli dibattiti su cosa sia di destra e cosa sia di sinistra, su chi togliere e su chi inserire nel Pantheon.
Sono dieci anni che non facciamo altro che scambiarci o rivendicarci scrittori, più o meno come da piccoli giocavamo alle figurine. E siamo arrivati al punto di chiederci per chi votano Pippo, Pluto e Paperino.
È anche vero che questo non è forse più il tempo degli Sciascia e dei Niccolai. Non più il tempo delle splendide individualità e dei profeti solitari. È il tempo degli “operai” e degli organizzatori culturali.
Almeno a destra. Diventiamo tutti un po’ più umili e impariamo a fare squadra. E chi vivrà vedrà.
 

Aldo Di Lello
Secolo d'Italia del 26 maggio 2005