FRAMMENTI

  da "Civiltà Nova"

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Costruire gli uomini

 

Ovilio Vitali (27 agosto 2007)     

PREMESSA:

«Siamo in un paese in cui le memorie sono ancora troppo fresche per poterle truccare e nel quale le ragioni dei vincitori ancora non esistono, perchè in realtà si è perso tutti. Chi si è ritrovato dalla parte vincente è stato più per virtù altrui che per meriti propri. Allo stesso modo, le ragioni degli sconfitti hanno un loro diritto di cittadinanza ed una dignità che le rende possibili, non nel nome di una irrealistica restaurazione, ma nella volontà di una più logica e matura storicizzazione» (Stenio Solinas)

Ricomporre l'Italia scissa. È il rientro, per tutti, nella propria storia che non ammette vuoti, non ammette parentesi. È il recupero della memoria storica, il suo organico prolungamento del presente. È il superamento delle antitesi disperate, delle demonizzazioni reciproche. Dopo i 40 anni di dominio della balena bianca e dei suoi supporters (poteri forti, servizi segreti, lobby economiche e finanziarie, mafia, massoneria ed altro), c'è stato da 15 anni, il rientro di milioni di italiani (le due estreme) che vogliono essere utili al proprio paese, a costruire insieme, giorno per giorno, l'Italia. Contro coloro, i moderati, i tiepidi, i pigri, i prudenti che, facendosi forza, in modo innaturale e per volere dello straniero, dei temi della democrazia e della tolleranza, hanno tenuto in piedi gli steccati. Ma per ricomporre è sufficiente "pacificare"? Quel che è stato è stato, diamoci la mano, tutto risolto?

C'è un terreno che si è scoperto, da qualche tempo, comune sia a destra che a sinistra (lo testimoniano gli scritti di Del Noce, Settembrini, Bocca, Melograni) cioè il sacrificio emblematico di Mussolini, duce del fascismo e di Nicolino Bombacci, capo carismatico del comunismo, appesi tutti e due ai ganci di Piazzale Loreto a Milano nel '45. Con il declinare 50 anni dopo, del Partito Comunista Italiano nello zucchero dl diabete neo-riformista americano, nel cosiddetto mercato, nella globalizzazione, quel sacrificio di Piazzale Loreto assume valore di PROPOSTA a tutto il popolo italiano. I famosi 18 punti di Verona, cardine della Repubblica Sociale Italiana, furono scritti da questi due uomini: un fascista e un comunista! Non abbiamo mai parlato di queste cose fra noi se non per demonizzarci a vicenda. Eppure è carne della nostra storia. L'aver considerato la scissione del PSI nel novembre del 1914 (l'eresia nazionale del socialismo) una cosa trascurabile della nostra vita, da ambedue le parti, ne sono venute le laceranti dispute: destra, sinistra, ortodossia, eresia, tradimenti e 90 anni di laceranti dispute. E ancora ci serviamo, dopo 60 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, di categorie mentali risalenti a quel lontano tempo, che non ci aiutano a capire il nuovo mondo che avanza.

 

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I PRUDENTI: ora la costruzione del mio ragionamento non può sottovalutare la situazione che si è venuta a creare in Italia in questi ultimi 15 anni, dopo lo scossone di tangentopoli. Dopo anni di incomprensioni, di scontri di piazza e la fine delle ideologie e i «partiti religione come furono "fascismo - comunismo - cattolicesimo di sinistra", che offrivano all'intellighenzia una cattedra ideologica da cui impartire consigli, lanciare ammonimenti, disegnare scenari futuri» (Sergio Romano) si sono costruite (più a destra ma anche a sinistra), formazioni politiche che vengono gestite dall'alto con sistematico soffocamento di ogni confronto e dibattito; l'essersi così costituiti, ci porta a dire dell'importanza che vengono ad assumere i prudenti. «I prudenti sono dei plaudenti. Non ascoltano, applaudono; vivono di suoni. Confondono il rumore in certezze. Si fidano. Si concedono. Al momento delle idee, al dubbio, a possibile dissenso, oppongono la "prudenza" dello stare con chi pensa per loro e li libera da ogni fastidiosa riflessione. Si fanno spettatori e protestano vibratamente con chi non segue, zitto, lo spettacolo. Nasce la subalternità. E con la subalternità le contraddizioni di fondo. Infatti, cresciuti nella prudenza e nell'ossequio, portano questa subalternità fuori e fatalmente sono subalterni di fronte all'altro, all'avversario. Se l'addestramento in caserma, anzichè al merito, premia la casta, l'abilità nel formare clientele, il caporalismo, la furbizia, insomma i valori capovolti, è fatale che, incontrato fuori il nemico, l'impatto non sia positivo» (Beppe Niccolai).

Personalmente non uso più il termine nemico ma parlo di avversario, ma oggi la nostra civiltà, come da secoli la identifichiamo noi, ha sì veramente due nemici. Uno esterno ed aggressivo che si identifica con il fanatismo anche religioso. L'altro interno e dissolutivo con il piacere della decadenza, la distruzione di esperienze millenarie (i media). Uno vorrebbe annientarci, l'altro si dissolve nel niente. Pensate alla nuova borghesia, per lo meno quella visiva, pubblicamente e straficamente poveraccia, composta non da ricchi ma da riccastri e volgarità che castiga anche un'intera classe politica, rea di aver trasformato la politica delle idee e dei valori, dell'una e dell'altra parte, nella politica fatta da giullari dello strapotere economico.

Perciò è necessario battere prima di tutto il nemico che sta in noi, uomini di destra o di sinistra purchè in buona fede. Ora nel fare politica si pensa solo al proprio tornaconto, alle stellette, ai gradi, agli organigrammi, cappelli di lista, incompatibilità, essere assessori o consiglieri comunali con retribuzione, regionali con vitalizio, parlamentari anche oltre i 70 anni. È necessario battere questo nemico dentro di noi per non più galleggiare nell'indistinto.

 

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COLLOQUIO CON GLI ALTRI: il ritenere, sia a destra che a sinistra, che sia possibile governare uno Stato senza fare scelte, perchè le scelte creano problemi, si continua a fare tutto e il contrario di tutto. Siamo tutti senza progetto, senza disegno.

Basta pensare al totale fallimento del centro-destra (non di voti ma di idee) che con il berlusconismo e i suoi servi sciocchi, ha perso qualsiasi degna credibilità e quella poca moralità che era rimasta. Fermiamoci qui. Ma anche a sinistra la costruzione del Partito Democratico sarà probabilmente un fallimento. Cosa cercano, quali idee-forza da iniettare nel corpo esangue del post-comunismo. Non furono rivoluzionari e non lo saranno più. Ausiliari del capitalismo, dell'americanismo. Inghiottiti tutti in uno stesso ignobile pappone socialdemocratico-capitalista, in una stessa melma moderata, dove il vecchio gulasch sovietico si è dissolto nella coca-cola. Ebbene, oltrepassata la soglia del 2000,  «la storia d'Italia, dopo essere impazzita sotto l'imperversare delle culture delle rivoluzioni, dentro la quale la storia di ognuno di noi è stata marcata dal ferro e dal sangue, dopo averci, quella cultura delle rivoluzioni, divisi, frantumati, fino a farci perdere, in una fuga della storia che è durata 60 anni, la propria dimensione di popolo, dopo le grandi catastrofi e i grandi fallimenti, è gioco forza, nel deserto che si è fatto, costruire punti di riferimento, stelle polari che ci guidino. Dopo i trapassi generazionali, dopo le febbrate ideologiche degli anni di piombo, "il suicidio delle rivoluzioni" (come ha scritto A. Del Noce) per cui, distrutto il passato, non si è stati capaci di costruire i domani, nichilismo trionfate; dopo la sdrammatizzazione dei rapporti susseguenti al secolo delle rivoluzioni, viviamo ora la fase della rimeditazione e della rivisitazione storica» (B. Niccolai). Perciò è giunto il momento di scendere sul terreno impervio, pieno di insidie del "colloquio con gli altri".

 

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COSTRUIRE GLI UOMINI: è necessario però ritornare indietro nel tempo. Dalla scissione del novembre del 1914. Dobbiamo riflettere se  è stata superata o no. Liberiamoci una buona volta dei termini ultimativi, degli anatemi che sono dei comodi alibi che ci dispensano dal pensare. La storia italiana degradata ad elenchi di reciproche carognate. Craxi nel 1987, aprendo i lavori del suo partito disse: «L'errore più grande del Partito Socialista Italiano è quello di non aver saputo fare i conti con la Nazione, di essersi fatto classe e non popolo». Ed è anche questa una forma di massimalismo: inchiodare gli avversari ai propri errori di 90 anni fa. E gli avversari non hanno fatto altrettanto verso la parte opposta? Cosa c'è al fondo di questi massimalismi: l'inconscio desiderio da ambedue le parti di avere avversari sempre più criticabili, sempre più spregevoli. La paura di navigare nei mari aperti.

Perchè ora la proposta del dialogo si orienta a sinistra? Perchè la sinistra è più accessibile ad un discorso culturale e progettuale.

Ora essa brancola, balbetta: miglioristi, riformisti, radicali, monetaristi. Trovano, incontrano il denaro, non la Nazione. Sono per la società civile o per il Palazzo? Lo Stato viene prima della Nazione? Dialogare non significa sbracarsi: significa misurare responsabilmente il proprio linguaggio e le proprie capacità di analisi. «Dobbiamo cogliere i primi segnali tricolori che ci giungono dalla stessa famiglia da cui uscirono Corridori e Mussolini, Pascoli e De Amicis, Nicola Bombacci e Panunzio. Nella riscoperta dell'identità nazionale, la ritessitura della propria storia, con la verifica sul piano delle idee, delle possibili concordanze. Libertà intesa non come reciproca paralisi, ma come energia, come forza creativa della Nazione, che nelle competizioni mondiali del lavoro deve presentarsi come un prorompente modello di efficienza. Il nazionalismo moderno e il socialismo patriottico, diversi dall'antico, spirituali. Superare i popoli con una grandezza che non si misura in territori; con la forza di volontà che anche le armi non bastano ad esprimere. No al Dio denaro, all'economia come destino. Costruire gli uomini, non prudenti, non maneggioni, non caporali! Essere liberi, trasgressivi, eretici e quando ci vuole … ribelli. La grande riforma della Istituzioni, che nel ritrovato ruolo dell'Italia nel mondo, sia intesa come passione popolare, l'Italia di tutti e per la quale tutti lottano, lavorano, gioiscono» (B. Niccolai).

È necessaria una nuova classe dirigente giovanile che pensi simultaneamente a destra e sinistra: il nemico principale è il libero mercato con la globalizzazione economica, con l'impero americano di cui ci ostiniamo a voler essere provincia periferica. Ma anche la Cina. Chi avrà il coraggio di esplorare questa terra di nessuno con capacità di sintesi, troverà terreno favorevole per incominciare una nuova era. Non possiamo farlo nè noi di destra nè voi di sinistra perchè abbiamo un marchio e una storia alle spalle, Abbiamo bisogno di uomini nuovi, giovani, credibili, lucidi, puliti, altrimenti vincerà ancora e per decenni questo libero mercato, l'omologazione culturale, questa finta democrazia che non può essere la risposta ai problemi attuali. Cattolicesimo di sinistra compreso.

 

Ovilio Vitali (una carogna fuori dalla fogna)  

 

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Ringraziamo Ghiss per la segnalazione di questo articolo