DICONO
postato su Internet, 22 aprile 2007 Beppe Niccolai «Non è importante la vita. Importante è ciò che si fa della vita»
In queste parole di Beppe Niccolai si racchiude la concezione militante dell'eretico della politica, di chi intende la lotta come trasgressione a fronte del conformismo della "casta" dei politicanti e come coerenza con l'impegno morale del combattente dell'Idea. Un combattente di razza che sa, come Berto Ricci, cosa stanno a significare «le Inghilterre che stanno dentro di noi» e che quelle ha cercato sempre di abbattere. Con l'impegno febbrile, con l'esempio, con l'abnegazione generosa, con la denuncia, con l'insegnamento di vita. Maestro di pensiero ma ancora prima di stile. Fuori dagli steccati, avendo come nemici il conformismo, il burocratismo, l'assistenzialismo. Odio e amore: che vivono in maniera forte, nell'intensità e nell'inquietudine di chi non conosce la resa, di chi rifiuta la via della fuga. Tutto questo e tanto altro ancora apprendiamo dai suoi articoli, dai suoi appunti, dai suoi interventi parlamentari, dal "Rosso e Nero e da "Duello al Sole", le rubriche curate da Niccolai sul "Secolo d'Italia", su "Pagine Libere", su "L'Eco della Versilia". In molti -"camerati" ed avversari- hanno ricordato dopo la morte il «Fascista corsaro». Molti di quei camerati hanno abbandonato la trincea della trasgressione o hanno preteso realizzarla su posizioni di comodo "altre". Novelli "babbuini" che non hanno saputo far loro l'insegnamento di vita di quello che a lungo ritennero essere il loro maestro. Carità di patria -o forse soltanto il fastidio- ci spingono a non elencarli. Ci piace, invece, ricordare le parole di Pietrangelo Buttafuoco, che lo vide come il riferimento degli eretici. «Beppe Niccolai aveva la capacità di vedere la realtà senza l'affanno elettorale. Raccoglieva intorno a sé il "mondo degli umili e degli indifesi" e diede alla militanza politica un senso ed un imperativo categorico. Il senso e l'imperativo categorico di un impegno costruito con il cemento del progetto. A lui, infatti, un uomo già monumento per stile e dirittura morale, si rivolsero gli inquieti e tutti quelli che dopo avrebbero lasciato la Destra alle loro spalle. Non c'è oggi in circolazione un fascista che non abbia avuto da Niccolai un regalo: la fotocopia di una pagina importante, un libro sottolineato nei punti giusti, una lettera». (4)
Un «libro sottolineato», non suo: egli non
scrisse libri. Come non ne scrissero Berto Ricci e Antonio Carli. Anche questo
rappresenta un segno distintivo di chi vive la trasgressione inviando segnali di
vita e fornendo esempi di stile che, a ben riflettere, è il modo di concepire la
lotta lontano dalle cattedre imbalsamate e dagli orpelli degli intellettuali. Al suo, al loro fianco -uomini «difficili da raccontare» nella loro maledetta toscanità non fiorentina ma versiliana- furono sempre i più «moderni», i ragazzacci irriducibili, insofferenti ad ogni forma di compromesso e di ipocrisia. Non a caso Beppe Niccolai fu l'unica voce fuori dal coro nel Congresso missino di Roma del 1984, con la mozione "Segnali di Vita" sottoscritta con entusiasmo dalle componenti giovanili e creative del partito. Il MSI: quel partito al quale aveva aderito sin dal ritorno dalla terribile esperienza del "Fascist's criminal camp" di Hereford nel Texas, in cui era stato internato insieme a Giuseppe Berto, a Roberto Mieville, a Carlo Tumiati -solo per ricordarne alcuni-, senza mai piegarsi e mai collaborare. Da quella esperienza, anzi, attinse ancora più forza per le sue battaglie politiche, mai allineate. Dalla relazione di minoranza alla Commissione antimafia (che gli valse l'elogio di Leonardo Sciascia), all'interrogazione parlamentare che fece esplodere il caso dell'Argo 16 "sabotato" dagli agenti del Mossad, all'elogio al Vietnam vittorioso sull'imperialismo americano si snodò un percorso non-conforme, culminato non a caso con il rifiuto nel 1976 di una nuova candidatura parlamentare. Al «gusto del Palazzo», alla poltrona preferì, insomma, la militanza avviandosi in una dura autocritica che cercò, senza risultati, di estendere a tutto il partito. Gli anni '80 furono gli anni della rilettura puntuale e feroce degli errori compiuti verso la contestazione giovanile ed in politica estera. Gli anni in cui con la rivista "L'Eco della Versilia" Niccolai costituì il più forte punto di riferimento per il dissenso interno e di dialogo con l'Area delle forze antagoniste al sistema di potere.
Alla sua morte sarà Antonio
Carli, divenuto direttore di "Tabularasa" a raccogliere l'eredità spirituale del
suo Fascismo rosso, rivoluzionario ed anarchico.
Memento Audere
Semper
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