Vicende
di Battipaglia
(intervento alla Camera dei Deputati il 16
aprile 1969)
PRESIDENTE - L'onorevole Giuseppe Niccolai ha facoltà di dichiarare se sia
sodisfatto.
NICCOLAI GIUSEPPE - Signor
Presidente, onorevoli colleghi, onorevole ministro, non so quanto possa valere
tentare di porre l'occhio al di là delle tristi vicende di Battipaglia -al di là
della versione dei fatti che ella, signor ministro, ci ha dato e che trova la
Camera divisa nel condividerla o no- per vedere se sia il caso di porre e di
dare risposta a interrogativi molto più inquietanti e più gravi. Come mai,
signor ministro (ecco il primo interrogativo), il nostro sistema (e parlo di
sistema) produce a ritmi crescenti tante manifestazioni di furore irrazionale,
di schizofrenia piccolo-borghese e di violenza? Perché il sistema, anziché
scoraggiare, eccita con la propria debolezza lo scatenarsi della rabbia? In
Italia, signor ministro, scoppiano più bombe che in Grecia, e -suicidi a parte-
perfino più che a Praga. Perché, signor ministro, da noi tanti ragazzi se la
prendono con la polizia, rovesciano auto, incendiano i palchi dei sindacalisti,
minacciano di linciaggio l'onorevole Avolio, prendono a pedate il sindaco di
Bologna, l'ex-repubblichino Fanti, contestano il convegno dell'ANPI di Torino,
fanno dell'ironia sugli articoli carichi di impotente furore che l'onorevole
Pajetta pubblica su "l'Unità"? Perché lo Stato, il Governo, con la sua
organizzazione che pur costa diverse migliaia di miliardi, non riesce a
contenerli, non ci prova nemmeno, non sa più assicurare un minimo di convivenza
civile e di ordine sociale? Ecco: a che cosa servono le dissertazioni sulla
libertà dell'onorevole Mauro Ferri, se le cose sono a questo punto?
Ma il paese -è chiaro- non si contenta più del discorso sulla libertà, non
tollera che ci si balocchi con le parole. E che uso facciamo di questa libertà?
E che libertà può esservi per le povere plebi meridionali? Che libertà può esser
mai quella che si adorna dell'inefficienza, dell'impotenza, del forte che divora
il debole, dell'umile che, aggredito da tante ingiustizie, non sa più a che
santo votarsi, dell'ingiustizia, dell'arbitrio, della corruzione? Come fa a
crederci il paese se, come un disco, vede da anni ripetersi la stessa scena qui
in quest'aula davanti a simili episodi e poi, girata pagina, nulla muta e nulla
cambia? La maggioranza si difende, l'opposizione ingiuria, c'è il discorso
dell'onorevole Riccardo Lombardi, di opposizione della maggioranza; e poi tutto
resta come prima. Perché, onorevole ministro, si assiste -e nessuno lo ha detto-
al triste, melanconico, assurdo spettacolo di una polizia che, creata per
difendere le istituzioni e le libertà del cittadino, si trova ad operare, come a
Battipaglia e come ad Avola (stando alla versione che ella ha dato dei fatti),
in situazione di legittima difesa? Ma lo stato di legittima difesa è l'estrema
arma del cittadino e non certo delle forze di polizia.
Perciò, prima constatazione: in Italia c'è un sistema che non è capace né di
persuasione né di repressione.
Che sta accadendo, onorevole ministro? E un'altra domanda tra le tante. Ma vi
siete resi conto del significato di fondo che il provvedimento di ritirare le
forze di polizia a Persano, nelle stalle umide e gelide che già furono della
cavalleria di re Ferdinando, può avere? Vi siete resi conto del significato di
questo gesto? Ha provato, onorevole ministro, ad immaginare lo stato d'animo dì
questi giovani soldati?
Mi fermo qui, non mi azzardo, perché mi vengono i brividi, ad analizzare le
ripercussioni morali che un simile episodio potrà avere nel futuro del paese; e
non facciamo, per carità, della congiura o della premeditazione un alibi
all'inesistenza dello Stato, alla impossibilità strutturale di difendere un
sistema come questo che non crede più in se stesso, che rinnega se stesso e che
infanga se stesso.
Che è onorevole ministro, questo vertice, tra pochi intimi che ormai decide per
conto del Parlamento e del Governo? E il Consiglio dei ministri che ci sta a
fare, se ormai si riunisce solo per delle inezie, per le cose più futili? E gli
83 personaggi pagati dal contribuente che popolano la compagine governativa non
hanno nulla da dire a tale proposito? Il Parlamento è fuori gioco da tempo, non
conta più nulla; il Governo nella sua collegialità pure; il ministro
dell'interno deve aspettare il giornale del mattino per sapere se i segretari di
partito disarmeranno o no il giorno dopo la polizia. Ecco il sistema
costituzionale che i giovani, che i lavoratori e che gli italiani tutti
dovrebbero difendere.
Non so, signor ministro, se ieri, tra le tante cose che ella era chiamato a
fare, ha dato un'occhiata a quanto "Il Messaggero" pubblicava in relazione alla
rivolta nelle carceri di San Vittore. È allucinante. Sono poche righe ma vale la
pena di leggerle, perché esse rendono molto bene la situazione, il clima, l'aria
che tira nel nostro paese, sempre in relazione all'ordine pubblico: «Prima che
San Vittore fosse ridotto ad un vero e proprio caos, il direttore, dottor Corbo,
appena giunto nel suo ufficio dall'ospedale, invocava con le mani nei capelli i
rappresentanti della magistratura e dell'ordine pubblico a dare ordine (lui non
poteva farlo per legge) di fare intervenire all'interno del carcere reparti di
pubblica sicurezza o di carabinieri. Conoscendo i suoi uomini egli assicurava,
verso le 17,30, che in pochi minuti la situazione sarebbe stata ricondotta alla
normalità. Ma chi doveva dare la disposizione di fare entrare la forza pubblica
nel reclusorio? Nessuno voleva assumersi questa responsabilità perché si sapeva
che una quindicina di agenti di custodia erano rimasti in mano ai rivoltosi.
Così per 4 ore, dalle 17 alle 21, si è assistito all'interno e all'esterno del
carcere ad un drammatico rimpallo di competenze. Il procuratore della Repubblica
affermava che non tocca alla magistratura dare un ordine di tale genere, ma alle
autorità cittadine preposte all'ordine pubblico e cioè al questore e al
prefetto. Dalla questura, regolamento alla mano, si diceva che la competenza era
regolarmente demandata al potere giudiziario. Intanto all'interno del carcere la
situazione si andava aggravando. Molti detenuti erano completamente ubriachi e
stavano tentando di dare l'assalto al reparto donne. "Ve ne scongiuro",
implorava il direttore, "fate entrare la polizia", se no qui le cose
precipitano. Ad un certo punto il giudice di sorveglianza dottor Siclari, di
fronte al pericolo di un'invasione del reparto femminile, affrontava la
situazione gridando e richiamando chi di dovere alle proprie responsabilità.
Così con una decisione collegiale è stato dato ordine di fare entrare un primo
contingente di 50 agenti di pubblica sicurezza e di 50 carabinieri all'interno
del carcere per proteggere il reparto donne».
A Battipaglia, signor ministro, non è accaduto niente di diverso: e l'onorevole
Sullo si è dilettato ad affermare che l'istruzione delle forze di polizia
difetta e che occorre aggiornarla! Ma cosa si vuole aggiornare, quando nella
compagine governativa (e lo abbiamo sentito ora) esistono diversi linguaggi che
sì ripercuotono nelle direttive che voi non date nemmeno alla periferia in
situazione di emergenza? Responsabili dunque i dimostranti, responsabili le
forze di polizia? Ma né gli uni, né gli altri, signor ministro; i responsabili
siamo noi, e, guardi, ho l'onestà di dirlo, tutto il sistema, tutta la Camera è
responsabile di questa situazione. La disistima del paese ci travolge tutti,
come una grande ondata. L'ira di Battipaglia è rivolta contro di noi, che da
tempo, da quest'aula, siamo carenti di esempi, di grandi esempi, soprattutto sul
terreno della moralità pubblica. La vicenda di Battipaglia si è intrecciata con
un'altra vicenda, spassosissima: quella della RAI-TV; e l'onorevole Scalfari
farebbe bene ad esercitare il suo moralismo proprio nei riguardi della RAI-TV:
perché quando c'è una poltrona da arraffare, allora il dottor Paolicchi,
ex-deputato, questa poltrona la va ad occupare, e vada pure alla malora
Battipaglia! La vicenda di Battipaglia, ripeto, si è intrecciata proprio con
questa triste vicenda di sottogoverno; poltrone, evidentemente, per i «trombati»
alle elezioni politiche, sono state trovate; ma una soluzione per le
«tabacchine» che a Battipaglia si alzano alle 4 della mattina per tornare a casa
alle 10 di sera non è stata trovata. Ma per l'onorevole Delle Fave, per
l'onorevole Paolicchi, una soluzione s'è trovata, alla RAI-TV.
Ci dicano l'onorevole ministro e il Presidente del Consiglio come è possibile
difendere un sistema siffatto. Voi non siete i custodi dell'ordine, siete i
custodi del disordine, signor ministro. E questo bisogna pur dirlo con estrema
franchezza e con estrema angoscia. Che deve pensare il paese di noi? Si parla
della sua sfiducia, della sua apatia, della sua indifferenza; e perché
meravigliarsene? Non ha forse capito il paese che è tutta una recita, questa, e
che anche i tristi episodi di Battipaglia fanno parte della recita? È un copione
che ormai si ripete con esasperante monotonia, e il paese lo ha capito
perfettamente. Anche, direi, e soprattutto, le urla di ieri pomeriggio dei
comunisti fanno parte della scena.
L'onorevole Gian Carlo Pajetta ha detto che loro l'abitudine a questo
stillicidio di morti non l'hanno fatta. No, signor ministro; l'hanno fatta anche
loro, e si contentano di urlare, punto e basta. Non cambiano assolutamente
nulla, ed anzi, in fondo, sono gli aspiranti, i candidati a tenere ordine per
conto di questo sistema. Se la prendono con la polizia, ma intanto a Milano, per
difendere le loro manifestazioni, mettono su una loro polizia privata, loro
servizi d'ordine, che picchiano i «cinesi», colpevoli di gridare loro
giustamente che sono uguali agli altri.
"Il Corriere della sera" e "La Stampa" di Torino applaudono a questa operazione
dei comunisti che picchiano i «cinesi», degli ex-partigiani che picchiano i
«cinesi» per conto del sistema. E tutto resta come prima, nulla muta.
Personalmente non mi sento di applaudire ad una situazione puntellata da un lato
dal "Corriere della sera", dall'altro da "l'Unità"; quella situazione che
dovrebbe creare la Repubblica nuova, secondo l'onorevole Riccardo Lombardi.
Non si tratta di dar vita a nuove formule, onorevoli colleghi. Occorre credere
nelle cose che si fanno e non farle per burla. Non nascono certo da una nuova
costituente quel rigore morale, quell'ordine vero, autentico, quei valori
civili, nazionali, europei intorno ai quali valga la pena di raccogliere la
volontà, l'intelligenza, l'energia degli italiani.
Non «si mantiene» l'ordine, onorevole ministro. L'ordine va creato. Bisogna
prima costruire questa Repubblica (siete convinti che non vi è questa
Repubblica, che va costruita?), poi si potrà difenderla.
Il volto di questa Repubblica non c'è, onorevole ministro, o se c'è porta i
segni dell'inerzia, dello sperpero, dell'impotenza, della menzogna, della
corruzione e dell'inganno. L'ira di Battipaglia esplode contro questo volto. Non
si riconoscono in questo volto, i cittadini di Battipaglia.
Battipaglia, onorevole ministro, dista pochi chilometri da Eboli. Ricorda il
"Cristo si è fermato ad Eboli"? Fu scritto tanti e tanti anni fa. Quel libro
andrebbe riscritto, per conto di questo ventennio democratico. Dovrebbe avere
come tema l'epopea -perché di epopea tragica si tratta- della emigrazione,
protagoniste le plebi meridionali derise, sfruttate e ingannate. Solo il titolo
andrebbe variato. Quello giusto sarebbe: "Cristo nuovamente inchiodato". I tre
chiodi sono, onorevole ministro: l'impotenza, la corruzione e l'inganno. Il
martellatore è la classe politica italiana.
Beppe Niccolai
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