L'ADDIO
"In ricordo di Beppe Niccolai" Leonardo Fonte Beppe è andato via, un vuoto incolmabile è rimasto fra di noi. Beppe è andato via, ma, a noi ha tramandato un patrimonio umano e politico non trascurabile. Beppe Niccolai ci ha lasciato un progetto politico immenso, affascinante, marcato di quell’«eresia fascista» di cui sempre colorava scritti e discorsi nel suo indimenticabile ricordo di Berto Ricci. Conobbi, personalmente, Beppe Niccolai in occasione delle regionali in Sicilia nel 1981. Con una vecchia Opel Kadett consumammo in meno di 24 ore più di 300 chilometri per un giro di comizi in provincia. Restò, in me, impresso come «quel toscano» conosceva a fondo le «cose di casa nostra». Trascuravo che era stato componente della commissione parlamentare antimafia immerso com'ero, in quel tempo, nella lettura di Leon Degrelle e nei miei esami universitari tra l'altro mai superati. Pensate che spesso mi chiamava per avere dei dettagli su una marca di «tonno in scatola» prodotto in zona. Con Beppe ci incontrammo, nuovamente, nell'autunno del 1984 in occasione del XIV Congresso Nazionale del MSI. Fece scalpore sapere della rottura del suo rapporto politico ed umano con Almirante. Io, non soddisfatto dell'accordo Almirante-Rauti e conscio della palude in cui ci saremmo trovati impantanati (come fosti lungimirante caro Beppe!) firmai la mozione "Segnali di Vita". LA POLITICA COME SPERANZA, COME CREAZIONE L'enucleazione di "Segnali di vita", mi portò a contatti, sempre più frequenti, telefonici e per via epistolare con Pisa. Beppe iniziò anche a farci da padre, da maestro di vita. I suoi insegnamenti erano profondi, granitici, tal da rimanere impressi nel nostro animo. Chi può smontare ciò? In Beppe si iniziò ad intravedere «l'uomo nuovo» la metamorfosi perfetta di quel mito che era alle origini del fascismo. «Inconsciamente» Beppe si avvicinava a quella che era la dottrina del Movimento Guardista rumeno di Corneliu Zelea Codreanu. «Inconsciamente» poiché Beppe, ciò meraviglierà noi lettori di "Avanguardia", ebbe il primo approccio con un libro sulla «Guardia di Ferro» durante un suo giro pre-congressuale, nel 1987, nella nostra città ove acquistò "Circolari e manifesti". Beppe parlava e sentiva fortemente i valori della Patria, del socialismo, della rivoluzione, delle radici. Senza equivoci. Non aveva remore, a differenza di altri, a prendere come esempi di lotta quella dei Palestinesi o dei repubblicani d'Irlanda. Riportò in "Segnali di Vita": «E se alle generazioni più giovani cerco di spiegare il "significato" del cattolico irlandese Bobby Sands che si fa "sovversivo autonomista" per la propria terra, per il proprio popolo, per la propria comunità, fino a morirne, non rinverdisco, in termini moderni, a chi mi ascolta, la "patria"? Liberandola da significati superati, ma rendendola estremamente attuale nel dramma post-moderno dove vicende, come quella irlandese, infiammano il mondo, dalla Polonia all'America Latina, all'Asia, al Medio Oriente? L'assunto antico e moderno: l'indipendenza nazionale è la condizione prima per avere la libertà». A noi siciliani insegnò di andare fieri, orgogliosi di mostrare la forza come i nostri predecessori, i Goti, gli Svevi, i Normanni. Parlare di politica con Beppe, nella nostra città, per noi giovani, era oramai un'abitudine, non perdevamo un'occasione. Oggi più che prima è sempre vivo il suo messaggio che terremo ben presente in ogni occasione. Beppe Niccolai fu una persona integerrima oltre che un politico attento e profondo. Con lui ci si riconosceva. Suoi nemici principali quelli che definiva, i pigri, i tiepidi, i moderati, i prudenti, i conservatori. Beppe Niccolai voleva rifondare l'Italia, creare un nuovo tipo di italiano immerso e fiero nelle sue tradizioni; gaudente, anche, delle vittorie della nazionale di calcio, ma attento e geloso della grandezza della Patria, come della salvaguardia dei corso di un fiume o del lastricato di una piazza. Un verde pino dell'Appennino per lui avrebbe dovuto ricevere la stessa attenzione della torre della sua città per preservarne l'esistenza! Amava fino in fondo Mussolini e l'Italia, ma mai abbiamo potuto scorgere in lui un esagerato sciovinismo. Beppe Niccolai fungeva anche da confessore spirituale. Ricordo l'indomani del Congresso di Sorrento, camminando per le umide stradine, amareggiato per la conclusione, come Beppe non si dava per vinto, come rinsaldava lo spirito, come mi spronava a ritornare alla carica. Tenendogli presente la problematicità che affrontavo con la mia timidezza nel prendere la parola in pubblico ribadiva la calma, la compostezza, l'ardore del nostro messaggio. Con Beppe ci si sentì l'ultima volta in piena estate. Era abbastanza contrariato, forse ed anche perchè non in buone condizioni fisiche, dell'iter del Movimento. Mi esortò a non mollare, a sostenere altri sacrifici, a portare fino in fondo la lotta iniziata nel 1984. Ribadì l'esigenza della trasversalità con cui calarci nel confronto e nella dialettica politica. Ma tu, caro Beppe, non avrai letto sul "Secolo d’Italia" del 7 novembre l’articolo di un nostro rappresentante parlamentare. Non hanno capito nulla! Ancora propaganda! Ancora ciabattini, commercianti, pena di morte, ordine, difesa dello (di questo) Stato; non un progetto politico. Ancor di più, Beppe, è impossibile dimenticarti, dimenticare quanto ci hai lasciato, quanto di bene ci hai tramandato. Ne abbiamo fatto già un'insegna più che una barricata. Beppe accetterai un fiore, il 18 novembre sarò nella tua Pisa. Grazie! Leonardo Fonte |